Monza. “Cartapesta” è il nome di un progetto pop che nasce dall’incontro di tre giovani talenti: il cantante comasco Roberto Colzani, voce del gruppo, il musicista Riccardo Diecidue alla cura degli arrangiamenti e il monzese autore dei testi, Carlo Banchelli. “Rimani” è la prima traccia realizzata lo scorso novembre 2020 e mette al centro i ricordi di una generazione, la loro, esaltando quegli istanti perfetti e finiti che la vita ci regala. Un brano emozionante dal ritmo pulsante, accompagnato da un videoclip costellato di momenti speciali, tra sorrisi e spensieratezza; un vero inno all’amicizia che non lascia indifferenti, un grido di speranza per tornare insieme alla vita che ci manca. È con “Quello che si perde”, uscito lo scorso 4 giugno, che si scopre la cifra stilistica del trio. Una canzone che arriva immediatamente al cuore, grazie anche al videoclip ufficiale del brano, in cui figurano quattro atleti della Nazionale Olimpica: Gianmarco Tamberi, campione di salto in alto; la grintosa Sara Cardin, campionessa mondiale di Karate; Lorenzo Guslandi, pattinatore campione del mondo e Enus Mariani, campionessa europea di Ginnastica Artistica nel 2016. Attraverso la metafora dello sport Cartapesta realizza un singolo di successo che mette al centro la perseveranza di inseguire i propri sogni, la capacità umana di continuare a credere nella realizzazione dei propri obiettivi facendo esperienza del fallimento.
“E allora prendo questa penna e scrivo nuovi giorni, cancello i miei fantasmi incisi nei ricordi” sono parole che diventano universali nel momento in cui le si ascolta. Possiamo dire che “Quello che si perde” sia il vostro esordio effettivo sulla scena del cantautorato italiano?
Assolutamente, anche perché “Quello che si perde” è il primo brano a cui abbiamo lavorato insieme dal principio. “Rimani” ci ha uniti come gruppo, ma questa nuova canzone rappresenta sia dal punto di vista melodico che testuale il nostro grande punto di partenza.
Cartapesta è un nome che salta all’occhio per chi è dotato di una spiccata sensibilità; ci raccontate la sua “genesi”?
La cartapesta nasce dalla fusione di cartacce e carte di giornale. Fogli apparentemente da buttare via, ma che in realtà contengono parole, esperienze, vita della gente.
Allo stesso modo il progetto Cartapesta parte dai fatti di vita quotidiana, dalle esperienze del vissuto e trova il modo di rimescolarle, per dare forma alla musica. In più, all’interno del gruppo, abbiamo tutti una visione della musica molto personale, ma grazie alle tante ore passate in studio riusciamo a trovare la sintesi giusta per dare vita alle nostre canzoni. Un po’come la cartapesta, fatta da elementi eterogenei che si fondono insieme.
Qual è il significato di fare musica oggi? L’avvento dei social network, secondo voi, favorisce l’incontro tra persone creative?
Assolutamente si. Basti pensare al modo in cui ci siamo conosciuti noi! Senza Instagram, probabilmente, il nostro percorso non sarebbe cominciato. Ci sono infiniti aspetti positivi nella comunicazione sui social network, e la possibilità di conoscere persone che condividono la tua stessa passione è certamente uno di questi. Oggi fare musica rappresenta ciò che è sempre stato negli anni. Un motivo di evasione, di sfogo personale. Passano le epoche ma non cambia l’esigenza che sta alla base della scrittura.
Avete progetti in cantiere come quello di realizzare il primo album d’autore?
Al momento il nostro più grande obiettivo è quello di continuare a scrivere e produrre nuova musica. Un album è certamente un obiettivo grande ma lontano. Ci piace l’idea di raccogliere i frutti che cadranno lungo il nostro percorso senza porci aspettative troppo grandi.