Napoli. “Ogni vera esperienza nasce dagli incontri che per fortuna o per caso facciamo in questa vita”, è una frase che amo ripetere all’occorrenza, ogni qualvolta ritengo che abbia un fondamento, oserei dire “destinico”, in quanto è proprio da un incontro che voglio partire per raccontare il processo creativo di Nando Misuraca con il suo nuovo brano, dal titolo “Non Sopporto”. Classe 1980, ben presto si allontana dalla musica cantata – mi dice, nel corso di una piacevole chiacchierata telefonica – in quanto espressione di un sistema non meritocratico, asservito alle logiche di mercato. Nel DNA, Misuraca, porta i segni ereditari di una lotta civile, etica e morale per l’affermazione dei diritti di chi come lui si fa portatore di un monito di dignità, artistica e umana.
Impegnato socialmente sui temi della legalità e della giustizia, precedentemente produce “Méhari Verde” (Suono Libero Music), il brano omaggio al giovane giornalista napoletano Giancarlo Siani, ucciso dalla camorra il 23 settembre 1985. Nel frattempo la Méhari di Giancarlo Siani, simbolo della libertà di stampa e di pensiero, diritti civili costituzionalmente garantiti ai sensi dell’art.21 della nostra Carta fondamentale, aveva già ripreso il suo nuovo viaggio. È il 2013, quando la Méhari verde, targata NA K14314 e appartenuta a Giancarlo Siani, è ospitata al piano terra del Palazzo delle Arti di Napoli. Veniva celebrata alla soglia di un nuovo cammino di legalità, alla viglia di un racconto on the road. Insomma, non un veicolo qualunque, bensì “l’automobile che neanche la mafia ha fermato”, ha scritto Paolo Miggiano, autore di “NA K14314. Le strade della Méhari di Giancarlo Siani” (Alessandro Polidoro Editore). In questi termini avvenne l’incontro, intercettato da Arnaldo Capezzuto, il giornalista e amico di entrambi, che li sintonizzò, date le stesse frequenze culturali. Seguirono iniziative congiunte in ogni angolo della penisola, in una sinergia appassionata, Nando Misuraca e Paolo Miggiano portarono avanti il loro impegno capendo che non sarebbe finita lì.
Otto anni sono anche il tempo della casa discografica indipendente fondata da Nando Misuraca, che ha all’attivo anche altre produzioni, sui temi di rilevanza sociale come il precariato e le morti sul lavoro. Tale impegno si pone nella direzione del sostegno, per “dare ai giovani artisti le opportunità di formarsi e imparare, donando loro quelle occasioni che io non ho avuto”. Insegnare ai giovani le forme musicali della canzone pop, trasmettendo che si può fare musica anche in modo alternativo, senza mai cedere sul versante identitario e della coerenza, è di fondamentale importanza per tracciare solidi profili musicali. Il suo linguaggio è semplice, nell’accezione buona, è pulito in termini di sound e non artefatto da eccessive contaminazioni di generi, ma possiede i contenuti, perché fare musica è dare voce, come la migliore tradizione cantautorale ci insegna. Roberto Roversi, per Lucio Dalla, nel celebre brano “Comunista” del 1990, scriveva: “Canto la rabbia e l’amore dell’uomo che è stato vinto […]. L’uomo che è tutta una croce, l’uomo senza più voce”, dico a Misuraca nell’ottica di una continuità cantautorale alla quale lui sente di aderire. In particolare, “Non Sopporto”, strizza l’occhio a “Nuntereggae più” di Rino Gaetano; un omaggio fortemente voluto nella costruzione del videoclip, scritto da Misuraca e diretto da Claudio D’Avascio.
“Non Sopporto”, è dedicata ai lavoratori dello spettacolo e più in generale – aggiunge – “agli individui di varia umanità, vittime anch’esse come me, di questi controsensi che canto”. “Una canzone matrioska”, lui ama definirla perché ricca di molteplici significati, un je accuse da parte di un giovane che ci vede chiaro e che trae la sua forza dal taglio irriverente delle pagine di Miggiano, nel suo capitolo “Viaggio in ciò che non sopporto” di “NA K14314”. Pagine che fanno da eco all’introduzione scritta da Mimmo Repetto per “Hanno tutti ragione” di Paolo Sorrentino (Feltrinelli Editore). Miggiano dunque, gli ha fornito il decisivo assist creativo per il brano, riformulato a colpi di sferzate verbali, dalle quali emerge chiara la critica alla società attuale, ipocrita e consumistica.
“Tra noi artisti e il pubblico vige una relazione intima, ma solo quando mi sono sentito indipendente da esso ho potuto capire in che direzione stavo andando” mi confessa Misuraca con la consapevolezza di chi percorre una strada tutta in salita, ma che sa bene dove porta. Come la Méhari di Giancarlo Siani che – in un viaggio voluto dal fratello Paolo (all’epoca Presidente della Fondazione Pol.i.s.), percorrendo l’intero territorio nazionale fino a varcare i confini del Parlamento Europeo di Bruxelles, passando per quello italiano – tappa dopo tappa ha fatto salire vecchi e nuovi compagni di viaggio, anche Nando Misuraca, nel suo viaggio, compie incontri speciali. Sto parlando di quello avvenuto con Massimo Germini, fedelissimo chitarrista di Roberto Vecchioni da oltre vent’anni, compositore e musicista di strumenti etnici, a corda (mandolino, mandola, bouzouki, charango, laud). Il loro incontro è dapprima telefonico, racconta Germini e il viaggio, questa volta, resta sullo sfondo “io mi trovavo in aeroporto quando Nando mi contattò per un’ intervista, da lì in poi abbiamo stretto amicizia ed è nata la proposta di collaborare al brano; vivevamo già in questi sfortunati tempi quando Nando volle raggiungermi a Milano per veder nascere quello che poi è diventato l’arrangiamento di “Non Sopporto”.
Incontri che lasciano il segno, della competenza e soprattutto della generosità, perché la canzone d’autore non è fatta solo di parole e nemmeno di sola musica; ci vuole qualcosa in più per poterla rendere degna di tale qualifica. Il quid pluris è dato dalla sensibilità dell’artista, quella componente che la rende unica e che unita alla ricerca e allo studio, consente di “vestire” la canzone di un abito cucito a regola d’arte, a riprova che l’arrangiamento musicale è pura creazione. La pars costruens di colui che è chiamato a contribuire direttamente all’opera e non semplicemente ad eseguirla. Ha lavorato con moltissimi artisti e dal 2002, Massimo Germini affianca Roberto Vecchioni col quale insegna Forme di poesia in musica all’Università degli Studi di Pavia. Insieme al Professore e poeta della canzone italiana d’autore ha realizzato quattro dischi: “Il lanciatore di coltelli” (2002); “Chiamami ancora amore”, album del quale l’omonimo brano si aggiudicò la vittoria alla sessantunesima edizione del Festival di Sanremo, nel 2011; “Io non appartengo più” (2013); e “L’infinito” (2018), album che ha visto l’eccezionale partecipazione di Francesco Guccini per “Ti insegnerò a volare”, la traccia che Vecchioni ha dedicato al campione Alex Zanardi.