Modena. “Io sono mia moglie” racconta la vera storia di Charlotte Von Mahlsdorf, sopravvissuta da travestito all’assalto nazista e al regime comunista a Berlino, recuperando e collezionando oggetti e mobili di antiquariato: un’indagine quasi giornalistica scritta da Doug Wright su un simbolo di libertà e lotta, tra luci e ombre. Una prova d’attore con oltre venti personaggi, che ha vinto il premio Pulitzer nel 2004.
Michele Di Giacomo traduce, dirige e interpreta per ERT Fondazione il testo, presentandolo per la prima volta in Italia sul palcoscenico.
Lo spettacolo sarà in scena dal 22 giugno al 4 luglio al Teatro Tempio di Modena nell’ambito della stagione ERT del Teatro Storchi.
“Non mi sembra possibile che lei possa esserci. Non dovrebbe nemmeno esistere”. Così scrive l’autore a Charlotte Von Mahlsdorf. Ed è infatti incredibile che Charlotte sia sopravvissuta, da travestito, in abiti femminili, nel periodo più cruento della storia del Novecento. Eppure la sua è una storia vera.
“I am my own wife” è un monologo in cui un solo attore veste più di venti personaggi, ripercorrendo la vita della protagonista attraverso le interviste che l’autore, anche lui personaggio in scena, registra dal gennaio del 1993: in una stanza disseminata di scatole da scarpe colme di nastri, Doug rivive gli incontri con Charlotte. Lo spazio fisico diventa luogo della mente, in un’ossessiva ricerca volta a comprendere chi sia davvero la persona che ha di fronte, la cui stessa esistenza rappresenta una vittoria sulla storia.
Collezionista compulsiva, Charlotte ha preservato la cultura del periodo Gründerzeit, salvando mobili dalle case degli ebrei deportati, dalle macerie delle bombe della Seconda Guerra Mondiale, dalle abitazioni confiscate dalla Stasi. Oggetti preziosi, con cui dà vita al Gründerzeit Museum, che diventa anche punto di riferimento nascosto per la comunità omosessuale di Berlino Est.
Ma chi è davvero Charlotte? È Lothar Berfelde, il ragazzo che un tempo è stata? È una eroina? O forse una spia della Stasi? Una menzognera? Il suo “travestitismo” è un modo per nascondersi o per mostrare la parte più vera di sé? Su queste domande si costruisce lo spettacolo, in un continuo gioco di maschere che lascia allo spettatore la possibilità di rispondere.