Forte dei Marmi. Un luogo considerato come una cartolina per la magnificenza dei suoi paesaggi ma dietro la vetrina di quella che è considerata una delle capitali glamour delle estati italiane, dagli anni Sessanta icona dello stile, concentrato di lusso, denaro, mondanità, vip, c’è molto di più. I fortemarmini discendono dalla forza del mare e dalla durezza del marmo, le basi economiche che li hanno sempre tenuti ancorati alla concretezza e su cui si è poi innestata l’opulenza e l’ebbrezza turistica.
Il suo stesso nome deriva dall’unione di due elementi che ne hanno caratterizzato la storia: il Fortino, progettato nel 1785 e situato nella centrale piazza Garibaldi, e i marmi delle Alpi Apuane, che distano una ventina di chilometri dalla città. Una città legata alla via di Marina, che coincide dal 1518 con quella che è l’attuale via Provinciale, realizzata dal collaboratore di Michelangelo, Donato Benti, che collegava l’entroterra con lo scalo marittimo sulla costa, da cui transitavano marmo e ferro, come testimonia ancora il lungo pontile oggi ornato di opere d’arte. Oltre al turismo, la città ha una vocazione artistica. Per pittori e scultori, infatti, qui il richiamo delle Apuane e delle sue cave è irresistibile, così come l’attrazione per la vicina Pietrasanta, luogo deputato alla lavorazione del marmo e del bronzo.
Ma il Forte – dove la discrezione delle ville dei quartieri Vittoria Apuana o Roma Imperiale, nato negli anni Venti da una lottizzazione, sfocia nel divertimento della celeberrima Capannina di Francesco o del Twiga, dove nascono mode e amori sbandierati sulle pagine delle riviste di gossip e le biciclette si mischiano a Maserati e Lamborghini – è figlio anche dei poeti Giosuè Carducci, Enrico Pea, Lorenzo Viani, esponenti di quel mondo culturale, artistico e industriale che lo scelsero come luogo di incontro dagli anni Venti. Se, infatti, il merito della scoperta di questi luoghi si deve ai tedeschi – che alla fine dell’Ottocento cominciarono a farsi costruire qui edifici residenziali come la maestosa Villa Apuana dei Siemens – furono pittori e scultori come Carlo Carrà, che amava dipingere al Fosso Fumetto, Ardengo Soffici, Arturo Dazzi, Agostino Barberi, Eugenio Pieraccini, Felice Carena, ma anche i giornalisti Giovan Battista Angioletti e Giuseppe De Robertis, a segnare la vocazione artistica e culturale della città.
Il loro ritrovo preferito era il Caffè Quarto Platano, oggi Caffè Roma, a pochi passi dal Fortino, mentre in estate i turisti si disputavano le loro opere, insieme a quelle di altri grandi maestri del Novecento italiano, nelle aste della Galleria Cavour Orlando e poi, dal 1976, nell’altrettanto nota Galleria Susanna Orlando, per 40 anni uno dei più vivaci centri di riferimento per l’arte a Forte dei Marmi.
Fra i più assidui frequentatori della città, il pittore Carlo Carrà che dal 1926 al 1966, anno della morte, trascorse lunghi periodi nella propria villa di Roma Imperiale, traendo ispirazione per centinaia di opere, come “Cavalli al mare” del 1953, incontrandosi spesso con lo schivo Ugo Guidi, di cui al Forte esiste la casa- museo e nel cui giardino prendevano vita le sue sculture. L’amore per la pietra si ritrova anche in un altro artista che visse a lungo qui, Marino Marini, uno dei grandi maestri dell’arte del XX secolo. Nel 1954, dopo i primi successi negli Stati Uniti, il maestro ebbe il denaro per costruire in via Raffaeli la maestosa villa La Germinaia, progettata dalla moglie Mercedes Pedrazzini, da lui chiamata Marina, con una dépendance utilizzata come studio e laboratorio, dove accoglieva ospiti come Pablo Neruda, Henry Moore o Henry Miller.
Da quegli anni, fino alla scomparsa nell’agosto 1980, Marini trascorse tutte le estati al Forte. La mattina era solito recarsi in bicicletta al Bagno Piero e nel pomeriggio, in compagnia del suo collaboratore Kengiro Akuma, lavorava alle sue sculture monumentali, le sue Pomone e i suoi Cavalieri.
Forte dei Marmi è una città magica, nelle sue strade si respira il passato, l’antico, ma allo stesso tempo si sente anche la dinamicità della modernità, quello che l’artista Carlo Carrà intendeva esprimere attraverso il Futurismo.