Milano. Carmelo Rifici guida una compagnia di giovani attrici e attori tra le pagine di “Doppio sogno” di Schnitzler, nella riscrittura per la scena firmata da Riccardo Favaro. Tra letteratura, dramma e terapia, un percorso di disvelamento del rapporto di coppia nelle sue pieghe più recondite. Lo spettacolo, una produzione Piccolo Teatro di Milano, sarà in scena al Teatro Studio Melato, in prima nazionale, dal 27 novembre al 23 dicembre.
In “Doppio sogno”, scritto nei primi anni Venti del Novecento, Schnitzler indaga le dinamiche del desiderio e dei sentimenti di una coppia borghese di sposi. In un lungo racconto, che sconfina nell’incubo e nel fantastico, è raccontata la folle notte del dottor Fridolin, che, uscito di casa dopo una discussione con la moglie Albertine, si trova coinvolto in un’inquietante serie di eventi e incontri a sfondo sessuale. Carmelo Rifici ha scelto questo testo per condurre un lavoro con un cast di giovani attrici e attori sui temi del rapporto di coppia, della gestione della violenza all’interno delle relazioni e della costruzione del concetto di identità attraverso il continuo “specchiarsi” nell’altro.
Su una scena disegnata da arredi che il regista ha voluto anneriti da un fuoco che simbolicamente distrugge le strutture tradizionali, imponendo loro un ormai inevitabile rinnovamento, si muovono diversi Fridolin e diverse Albertine: il tema del doppio ‘esplode’ in un gioco di riflessi che riverberano all’infinito voci e sguardi.
Nato come saggio finale a coronamento dell’ultimo, in ordine di tempo, percorso formativo delle allieve attrici e degli allievi attori della Scuola di Teatro “Luca Ronconi”, “Doppio sogno” entra ora a far parte del cartellone del Piccolo Teatro di Milano, in una stretta continuità tra orizzonte pedagogico e professionismo. Nella lucida riscrittura per la scena di Riccardo Favaro, per la regia di Carmelo Rifici che con mano sensibile e attenta guida un cast di giovani interpreti in buona parte rimasto invariato rispetto a quello dello spettacolo di diploma, il celebre romanzo breve di Arthur Schnitzler, composto nei primi anni Venti del Novecento, si fa specchio straniante del nostro presente. Attraverso l’eccentrico filtro di una novella di un’altra epoca, l’ipnotica e ondivaga prosa dell’autore austriaco porta il pubblico a interrogarsi su questioni di radicale contemporaneità legate, ad esempio, alla prismatica realtà dell’erotismo, all’oppressione e alla liberazione dei corpi, al mistero del desiderio e delle pulsioni, al conflitto – represso ma sempre sul punto di esplodere – tra istinti e controllo sociale, nonché alle ambivalenze del rapporto di potere tra i sessi, lungo l’incerta linea che separa amore e violenza. Prende così vita un’esplorazione perturbante e seducente alle radici dell’identità individuale e collettiva, che chiede a tutti noi il coraggioso atto di spogliarci delle nostre finzioni.