Firenze. Da martedì 11 a domenica 16 gennaio al Teatro della Pergola Monica Guerritore debutta ne “L’anima buona di Sezuan” di Bertolt Brecht. L’attrice, anche regista, si è ispirata all’edizione diretta da Giorgio Strehler nel 1981.
Teatro civile, politico, di poesia. Al centro dello spettacolo la tenerezza e l’amore per gli esseri umani costretti dalla povertà e dalla sofferenza a divorarsi gli uni con gli altri, ma sempre raccontati con lo sguardo tenero e buffo di chi comprende.
In accordo con l’iniziativa #Bigliettosospeso promossa da Monica Guerritore, la Fondazione Teatro della Toscana riserverà ingressi omaggio alle ragazze e ai ragazzi del Centro Solidarietà Firenze, che consta di un centro diurno e due comunità terapeutiche con ospiti dai 15 ai 29 anni.
Nella capitale della provincia cinese del Sezuan giungono tre dèi alla ricerca di qualche anima buona e ne trovano solo una nella prostituta Shen Te, che accorda loro ricovero per la notte. Il compenso per tale atto di bontà è una tonda sommetta, mille dollari d’argento, ossia, per Shen Te, la possibilità di vivere bene. Ma il compenso è accompagnato dal comandamento di continuare a praticare la bontà.
La povera Shen Te apre una tabaccheria e si trova subito addosso uno sciame di parassiti, falsi e veri parenti bisognosi, esigenti fino alla ferocia, da cui Shen Te è costretta a difendersi. Per farlo, una notte, si traveste da cugino cattivo e spietato con tutti ma poi ama… “debolezze tu non avevi. Io sì… una… amavo”.
Dichiara Guerritore: “Porto in scena L’Anima buona nella versione di Giorgio Strehler. La buona Shen Te indossa i denti d’oro, il ghigno brutale e con movenza da androide meccanico difende quel poco che ha e poi il Barbiere arricchito, la Vedova ricattatrice, il Poliziotto responsabile dell’Ordine e della Sicurezza del Quartiere, la Proprietaria di Immobili, l’Aviatore senza aereo e sua madre: un mondo fatto di figure imperiose che si rappresentano e ci rappresentano.
E su tutto la povertà, un popolo piegato dalla necessità da cui deve difendersi la buona Shen Te, l’Anima buona, indossando i panni del cugino cattivo. Ma poi il cattivo Shui Ta improvvisamente è stremato, fiaccato…ricordo Andrea Jonasson chinare la testa, vinta, affaticata: cappello nero, occhiali a specchio, denti d’oro strappati via. L’attrice si libera da tutto quel male con fatica e sotto una massa di capelli rosso fuoco una sola battuta: “com’è difficile essere cattivi»”… Un raggio di luce improvviso mette l’accento sul quel gesto affaticato.
E via il girevole che, come nelle favole portava ad altra scena, in modo lieve, fluido “che deve far ridere proprio perché dice e tocca cose molto importanti”, così scrive ai suoi attori Strehler. Restai di sasso.
In quella commedia fatta di esseri straniti e buffi, succubi nei gesti e imperiosi come lo sono i servi del sistema, lo sdoppiamento del buono e del cattivo ci riguarda. L’uomo è portato al bene. Il male è contro natura. È faticoso.
Per sopravvivere è necessario zittire la bontà e indossare denti d’oro e ghigno brutale? Indossare maschere ringhianti? Ecco la scelta di riportare oggi in scena il suo Anima buona di Sezuan.
29 giugno 1940. Scrive Brecht: “Sull’Europa calano le ombre di una carestia di dimensioni colossali, cominciano a scarseggiare zucchero e caffè. Non c’è cosa che non dimostri la crescente potenza del Terzo Reich”.
Il grande testo de L’anima buona di Sezuan ha visto nella versione scenica di Strehler lievitare la sua anima incerta e umana e oggi raccontarci nel nostro scoprirci un popolo dalle maschere di cattivi.
Mi misuro con il passato per togliergli, come dice Pirandello nei Giganti della montagna “l’impalpabilità del non-essere”. E non ho paura. Poggio sulle spalle di un gigante.
I grandi testi sono immortali germinatori di nuove visioni, versioni, a indicare il tempo in cui vengono letti compresi e rielaborati, ma le versioni sceniche che, come nel caso di Strehler, hanno la grandezza di un’opera d’arte, si perdono. Mentre oggi quella versione di Strehler è lo specchio di quello che stiamo diventando”.