“Ritratto di uno di noi”, uno spaccato di cronaca per interrogarsi sul mistero dell’animo umano

Napoli. Dal 22 aprile all’1 maggio al Teatro Bellini va in scena “La Classe. Ritratto di uno di noi”, un progetto nato nell’ambito del triennio 2017-2019 della Bellini Teatro Factory, l’Accademia del Teatro Bellini che forma attori, registi e drammaturghi, che porta in scena un fulminante cortocircuito tra realtà e finzione. Osserviamo, infatti, i 14 giovani artisti, che allora componevano la classe della BTF, che interpretano loro stessi mentre discutono della messinscena di uno spettacolo in cui dovranno raccontare ciò che accadde a Oslo il 22 luglio 2011, quando Anders Behring Breivik, prima piazzò un’autobomba del centro della città che uccise 8 persone e poi, non ancora soddisfatto, sparò a 69 giovani. Una violenza folle, che i ragazzi, per poter rappresentare nella maniera più vera possibile, devono innanzitutto provare a capire; li cogliamo in questo momento, mentre cercano di immedesimarsi, mentre si pongono delle domande e mentre immaginano cosa provavano i protagonisti… Ma come si può comprendere qualcosa di così profondamente insensato? Tra dubbi, domande e piani che si incrociano, prende vita un lavoro dallo sviluppo complesso e multisfaccettato, dall’energia dirompente. Dopo il debutto nell’ambito del Napoli Teatro festival Italia 2018, lo spettacolo è diventato semplicemente “Ritratto di uno di noi”, ed è andato in scena al Piccolo Bellini registrando il tutto esaurito; successivamente è stato selezionato per il festival Internazionale Tramedautore una delle più importanti iniziative volte a sostenere la scrittura teatrale contemporanea che si svolge ogni anno al Piccolo Teatro di Milano, e oggi finalmente torna sul palco che lo ha visto nascere. Dice Gabriele Russo: “Quando ho ricevuto l’invito da parte del Napoli Teatro Festival, ho fin da subito respinto l’idea di rinchiudere gli allievi della Bellini Teatro Factory in un contenitore rassicurante in cui mostrare le proprie abilità tecniche. Al contrario, ho ritenuto necessario affrontare la fatica e il rischio di una creazione originale che in qualche modo li riguardasse come attori e come individui. Anche per questo motivo ho voluto che portassero in scena loro stessi, e non un personaggio altro, in un continuo cortocircuito tra realtà e finzione».

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