Roma. Incontriamo con vero piacere l’ingegner Roberto Pischiutta, genovese di nascita ma romano di adozione, conosciuto da tanti anni nel mondo dell’arte come Pivio; insieme ad Aldo De Scalzi forma un duo di compositori molto richiesti nel settore delle colonne sonore. Vincitore di ben tre David di Donatello, Globo d’oro, Ciak d’Oro e tanti altri premi prestigiosi, Pivio ci racconta un po’ di sé e della sua attività artistica.
Partiamo dagli esordi: insomma, un passato da ingegnere elettronico.
Sì, in realtà sono un autodidatta dal punto di vista musicale e non ho fatto studi tradizionali; sono stato ingegnere fino al 1997, fino a che, appunto in quell’anno, ho scritto, insieme ad Aldo de Scalzi, la colonna sonora del mio primo film, che era “Il bagno turco” di Ferzan Ozpetek.
Come poi è proseguita questa nuova attività artistica?
Mah, diciamo che un po’ forse è tutto dovuto anche al caso. Da quando ero adolescente, mi sono sempre dedicato alla musica, con il mio gruppo new wave Scortilla e da solista. Poi con Aldo de Scalzi, che frequento da più di quarant’anni, avevamo preparato un disco che si chiamava Deposizione firmato con il nome del progetto i Trancendental, che è finito nelle mani di un amico del produttore de Il bagno turco (Hamam). Il produttore, Marco Risi, ha trovato delle cose interessanti e mi ha messo in contatto con Ferzan Ozpetek, che peraltro abitava a cinquanta metri da casa mia – all’ epoca ero direttore tecnico di El Pays a Madrid – . Con Ferzan ci siamo confrontati, abbiamo discusso del suo film e mi ha chiesto se ero disponibile a comporre la colonna sonora de ‘Il bagno turco’ e così in effetti in dodici giorni abbiamo realizzato le musiche per il film. Dopodiché, personalmente sono tornato alla mia vita di ingegnere, mentre Aldo si occupò di montare le musiche con il montatore Mauro Bonanni, recentemente scomparso. Poi abbiamo scoperto che il film era stato preso a Cannes e quindi mi sono ritrovato ad avere in qualche modo il mio primo film in un festival di risonanza internazionale; vado a Cannes e mi trovo in una situazione per la quale non ero preparato, ma lì capisco che qualcosa di particolare stava succedendo e quindi, nel viaggio di ritorno da Roma a Madrid, scrivo le mie dimissioni immediate e decido di abbandonare la mai carriera –peraltro abbastanza fulgida di ingegnere e direttore tecnico di El Pays a Madrid – e decido di buttarmi nel vuoto, in una situazione di cui non potevo immaginare gli eventuali sviluppi. Si vede evidentemente che ho fatto la scelta sensata, visto che ad oggi ho firmato circa duecento film.
Infatti, davvero una serie enorme di colonne sonore ed anche molti premi ricevuti, di grande spessore.
Sì, infatti fino ad oggi posso contare su tre David di Donatello, cinque Nastri d’Argento, presi anche in varie situazioni, perché tre sono musicali, uno come produttore, uno come regista; nel tempo, in qualche modo, ho diversificato anche la mia attività, non legandola necessariamente soltanto all’aspetto musicale ma cercando di passare anche dall’altra parte della barricata.
Come lavora per realizzare le musiche da film? Oltre all’estro e alla creatività personale, segue un iter particolare, basato ad esempio sulla sceneggiatura oppure predilige altri input.
Dunque, per mia formazione, preferisco lavorare su immagini che esistono. Non prediligo lavorare partendo dalla sceneggiatura; mi è successo, ma ho sempre ritrovato poi che la sceneggiatura, una volta messa in scena, ‘girata’ appunto, non corrispondesse quasi mai alla parte scritta, soprattutto dal punto di vista della sensazione del film. Avendo un film montato, invece, posso percepire i suoni dell’ambiente nel quale si è svolto, la recitazione degli attori, i colori utilizzati nella messa in scena, insomma tutti elementi che risultano essere fondamentali per capire come ci si può muovere musicalmente. Quando si lavora su carta, tutti questi elementi ovviamente non esistono; si può solo supporre. Dalle scene montate, poi, ogni stimolo può essere utile per iniziare a scrivere una colonna sonora. Direi che l’unica regola che esiste è che non esistono regole. Può sembrare un paradosso ma, in effetti, ad esempio nei duecento film che ho firmato come colonna sonora, posso affermare che solo raramente si sono verificate delle condizioni uguali a sé stesse, ogni volta è una situazione diversa. Direi che è necessaria una buona capacità di concentrazione, la capacità di cogliere gli elementi pregnanti presenti nel film ed anche quelli assenti, per capire, in questo caso, cosa è bene ispirare con la propria musica, ad esempio un sentimento non completamente raccontato dal film che viene invece evidenziato con la musica oppure la possibilità di dare ancora più senso a qualcosa che esiste già ma può essere maggiormente amplificato.
Lei ha lavorato tantissimo per il cinema ma anche per la televisione. Ci sono differenze nella composizione di colonne sonore indirizzate alla televisione piuttosto che alla pellicola cinematografica?
Intanto bisogna dire che recentemente le due condizioni stanno convergendo sempre più in una situazione ibrida, per cui la televisione va più verso il cinema e il cinema va sempre più verso la televisione. Fondamentalmente, da parte mia, non ci sono differenze; la differenza sta nel fatto di capire se si sta lavorando semmai su un concetto di serie o su un film unico. Il concetto di serie permette talvolta – non sempre – di ‘ingegnerizzare’ il proprio lavoro, operando in contesto meno puntuale, dove per meno puntuale intendo un lavoro che non viene fatto necessariamente frame to frame, come faccio normalmente per il film; ma in realtà anche questo non è sempre vero perché ad esempio, sempre con Aldo Scanzi, abbiamo musicato tutti i film della serie dell’ “Ispettore Coliandro” oppure la serie “Distretto di Polizia” ove abbiamo lavorato, per ogni episodio, esattamente come fossero tanti piccoli film. Con “Distretto di Polizia”, soltanto dalla sesta serie abbiamo iniziato a pensare ad un tipo di produzione – per così dire – di massa, cioè quindi per macrotemi invece che pensare ad un lavoro più preciso, appunto frame to frame, tipico dei film. Comunque, personalmente non mi piace l’idea di avere un approccio serializzato, cioè definire il tema per una particolare situazione o un particolare personaggio e riproporlo banalmente; credo si possa fare uno sforzo più creativo e lavorare seguendo il film o la serie come se fosse un’opera unica.
Duecento film all’attivo; insomma, un lavoro immenso, una produzione enorme, partendo dalla colonna sonora de ‘Il bagno turco’ di Ozpetek. Ci sono dei titoli particolarmente significativi cui lei è affezionato oppure che hanno rappresentato una sorta di punti cardine in questo lungo percorso artistico?
Premettendo che tutti i lavori che ho fatto sono ‘figli miei’ e quindi voglio bene a tutti quanti, è chiaro che ci sono dei film che sono entrati un po’ più nel cuore perché magari mi hanno portato più soddisfazioni o perché in quelle occasioni ho potuto sviluppare delle tematiche musicali più personali o più stravaganti, dal punto di vista della produzione. Diciamo che tutto ciò che ho fatto con i Manetti ha un valore specifico molto forte; con i Manetti Bros abbiamo creato una sinergia artistica ormai da più di vent’anni. L’ultima occasione è stata “Diabolik” e adesso stiamo lavorando su “Diabolik 2”, di cui abbiamo praticamente completato l’elaborazione musicale. Ogni volta con i Manetti riusciamo a sperimentare in maniera incisiva; posso dire, ad esempio, che mentre il primo capitolo di “Diabolik” è stato un prodotto pensato per una grande orchestra – nonostante il problema che si è verificato poi con la pandemia -, invece il “Diabolik 2” parte da spunti musicali totalmente differenti, anche se poi riprendiamo il tema principale che avevamo utilizzato per “Diabolik 1”, che viene, nel “Diabolik 2”, ulteriormente espanso con una formula un po’ strana, che ricorda la musica progressive anni ’70, realizzata da gruppi come i New Trolls, gli Osanna, gruppi storici di quel periodo, utilizzando anche strumenti di quell’epoca. Nel “Diabolik 2” il contributo orchestrale sarà relativamente basso. Con i Manetti Bros abbiamo lavorato ad un musical, “Ammore e malavita”, che tra l’altro ci ha portato due David di Donatello, due Nastri d’Argento, il Globo d’oro, il Bifest. Prima di “Ammore e malavita”, avevamo lavorato a “Song’e Napule”, film che conteneva elementi molto vicini all’idea di un musical. Inoltre, posso citare sicuramente tutti i film fatti con Enzo Monteleone, in particolare “El Alamein”, film avvincente, realizzato con una grossa orchestra diretta da Ezio Bosso; evidenzio anche i lavori svolti con Alessandro Gassmann, spesso nati in realtà da ulteriori sperimentazioni realizzate per il teatro. Gassmann lavora molto come regista per il teatro: due suoi film – “Razzabastarda” e recentemente “Il silenzio grande” – nascono dagli spettacoli teatrali quasi omonimi; lavorare con Alessandro è stato molto proficuo. Ci sono stati poi dei film magari visti da un numero ristretto di spettatori, ad esempio “Complici del silenzio” di Stefano Incerti, un film sui desaparecidos, molto potente, la cui colonna sonora costituisce una dei lavori cui sono molto affezionato. Ripeto, come ho detto sopra, sono tanti i film cui sono legato, perché in fondo sono un po’ tutti ‘figli miei’.
A proposito di “Diabolik 2”, quando è prevista l’uscita?
Dunque, il film dovrebbe uscire presumibilmente a metà novembre. È d’obbligo il condizionale, perché gli eventi degli ultimi due anni ci hanno indotto ad usare sempre una certa dose di cautela e prudenza, ma la data programmata è appunto per la metà del mese di novembre di quest’anno. A seguire lavoreremo a “Diabolik 3”, perché è stato già girato. Inoltre, stiamo già approntando i lavori per una serie TV per Mediaset, abbastanza complicata. Personalmente ho anche altri progetti, non necessariamente colonne sonore, in quanto sto cercando di portare avanti un mio lavoro filmico, con un parterre molto qualificato, diretto probabilmente da Marcello Saurino – che è anche il montatore – con la mia collaborazione; il tutto dovrebbe vedere la luce nella prossima primavera, anche perché si tratta di un film complesso e anche costoso, intitolato “It’s fine anyway (Va bene lo stesso)”. Il film si basa sui titoli di un disco che realizzai come solista, anche se i testi di quelle canzoni non hanno alcun riferimento con la storia vera del film, che invece è una storia distopica, violenta, per niente assecondante il genere umano; insomma, un film abbastanza catastrofico, ma direi che le condizioni che stiamo attualmente vivendo purtroppo vanno esattamente in questa direzione. In pratica racconto ciò che osservo tutti i giorni: del resto un artista che è attento allo Zeitgeist, allo ‘spirito del tempo’ necessita di essere inserito nella realtà, altrimenti vive in un mondo totalmente astruso e non so quanto la sua arte possa essere utile se non è, in qualche modo, applicabile come esempio di ciò che è il presente o magari il futuro.
Che tempi di lavoro si hanno quando si scrive una colonna sonora? Ci sono urgenze dettate dalla produzione generale, ci sono margini di flessibilità?
In genere le tempistiche sono sempre dettate in maniera abbastanza stringente dalla produzione; raramente siamo noi a definire i tempi di lavorazione. Anche in questo caso esistono esempi clamorosi, come ad esempio “L’odore della notte” di Claudio Caligari – altro film cui sono molto legato – in cui la colonna sonora è stata scritta in cinque giorni, mentre al contrario per “Ammore e malavita” abbiamo impiegato due anni. È molto difficile dare una definizione ragionevole di tempistiche, dipende anche dal suono ideato e creato per il film; noi non abbiamo mai sviluppato un’idea univoca, abbiamo sempre cercato di muoverci su varie frontiere musicali. Indubbiamente quando si coinvolge l’orchestra, i tempi tendenzialmente si dilatano perché ci son proprio dei tempi tecnici, necessari alla redazione delle partiture, tempi che non possono essere compressi; in questo caso è necessario almeno un mese di tempo in più rispetto a quello che si potrebbe ottenere non coinvolgendo elementi orchestrali. È veramente molto difficile poter dare indicazioni precise sulle tempistiche, ma diciamo che, volendo ragionare su una media, si potrebbe evidenziare che necessitano almeno due o tre mesi per ogni film; però non è sempre così, perché comunque dipende da una serie di variabili che noi non siamo in grado di controllare, non so ad esempio dalla data di disponibilità dello studio di missaggio, che poi diventa un obbligo contrattuale cui bisogna sottostare.
Dunque, lei è Presidente dell’Associazione Compositori Musiche per Film. Come nasce appunto l’A.C.M.F. Quali sono gli obiettivi precipui?
L’Associazione Compositori Musiche per Film è un’operazione nata moltissimi anni fa, ma ha trovato una sua netta concretizzazione cinque anni fa. Nasce dall’idea di voler trovare una forma di collaborazione e anche di creazione di lobby della nostra categoria, cioè compositori di musica applicata; in realtà so per certo – me ne aveva parlato anche il Maestro Ennio Morricone – che anche negli anni ’70 c’erano stati dei tentativi di creare una forma associativa dei compositori di musiche da film, ma all’epoca non ci furono le condizioni favorevoli. Oggi i tempi sono maturi e ad oggi l’Associazione è formata da circa centocinquanta persone, compresi anche nomi stranieri, come Hans Zimmer, Michael Nyman e Roger Waters, nomi di grande calibro. La nostra idea è quella appunto di far conoscere meglio sia agli addetti ai lavori – che spesso non hanno cognizione di quali sono i meccanismi che stanno dietro alla realizzazione di una colonna sonora – ma anche al pubblico più curioso per evidenziare cosa facciamo e come lo facciamo, sottolineando le alchimie ma anche i problemi che sorgono durante la scrittura della musica da film. Per cui l’attività della nostra associazione è di tipo educazionale, attraverso masterclass e incontri con gli studenti indirizzati a raccontare la nostra vita artistica; nel tempo abbiamo poi intessuto rapporti molto virtuosi con le Istituzioni, con il Ministero della Cultura, il Ministero degli Affari Esteri. Inoltre, organizziamo anche concerti, poiché ci occupiamo di musica, anche se applicata alle immagini. Ogni anno cerchiamo di realizzare un grosso concerto; abbiamo iniziato il 2018 all’Auditorium e stiamo continuando. Probabilmente quest’anno metteremo in cantiere diversi manifestazioni concertistiche, nell’ottica di un nascente Festival delle colonne sonore, qui a Roma. In definitiva questi sono i tre parametri nei quali l’Associazione si muove: educazionale, rapporti con le Istituzioni e poi l’aspetto artistico per divulgare la nostra attività compositiva. Da qualche anno abbiamo poi abbiamo instaurato l’iniziativa della presentazione dei candidati dei vari premi più importanti, che si svolgono in Italia, cioè David di Donatello e Nastri d’Argento; in questa occasione presentiamo i candidati al pubblico in modo che si possa parlare con i compositori stessi, gestendo noi in prima persona, come Associazione, questi incontri senza rivolgerci a giornalisti che possano fare da conduttori. D’altra parte, essendo noi stessi i moderatori degli incontri, possiamo parlare lo stesso linguaggio e probabilmente riusciamo ad andare anche più in dettagli specifici. Gli ultimi due incontri che abbiamo organizzato – uno alla Casa del Cinema per i David di Donatello e l’altro, sul Lungotevere di Roma, Spazio SCENA, per i Nastri d’Argento – sono stati seguitissimi dal pubblico, dagli addetti ai lavori, dai giornalisti. Quindi ‘raccontare’ la musica da film da parte di chi la scrive, la compone, la vive. Spesso gli incontri inerenti il cinema assumono un aspetto glamour che non ci appartiene; noi siamo molto più concreti ma anche molto più artisti, in questo senso, per cui possiamo affrontare il rapporto con il pubblico e con gli addetti ai lavori con cognizione di causa. Ad esempio, noi proiettiamo spesso momenti di film e spieghiamo perché è stata adottata una certa soluzione piuttosto che un’altra. Il pubblico ci ha sempre premiato, rispondendo in maniera ampiamente soddisfacente alle nostre iniziative che costituiscono una novità assoluta nel mondo della composizione della musica da film. Esistono certamente incontri con i compositori gestiti da giornalisti o registi, ma un’Associazione come la nostra rappresenta un ‘unicum’ perché non c’è nel mondo una struttura similare alla nostra.
Un’ultima riflessione. In riferimento all’Associazione Compositori Musiche per Film, credo essa possa rappresentare anche un elemento di confronto e raccordo con le Istituzioni dell’Alta Formazione Musicale, cioè i Conservatori di Musica che, nei loro ordinamenti riformati, accolgono ormai nuove discipline nei piani di studio, ispirate ai settori della musica elettronica, della composizione applicata ai contesti multimediali, delle nuove tecnologie, degli ambiti jazz-pop-rock.
Sì, certamente. Nel prossimo autunno sarò impegnato in una serie di incontri-lezione presso il Conservatorio di Alessandria. Da tanti anni, tra l’altro, svolgo delle lezioni presso le varie Scuole di Cinema, dove ci sono corsi di studio per la musica applicata alle immagini. C’è da esporre una riflessione: spesso verifico che tanti miei allievi, che magari hanno studiato anche in Conservatorio, evidenziano una eccellente preparazione musicale ma, condotti poi davanti al contesto del film o del cortometraggio, non dimostrano grande conoscenza di ciò che hanno acquisito in merito alla musica assoluta. Si tratta di due linguaggi molto diversi; chiaramente uno aiuta l’altro, però non è detto che un ottimo compositore di musica assoluta sia in grado di sviluppare delle idee interessanti nel mondo della musica applicata e viceversa ovviamente. Ci sono alcuni componenti dell’Associazione Compositori Musiche per Film che tengono corsi di studio e seminari di approfondimento sulla musica applicata presso i Conservatori di Musica. Sicuramente il nostro compito è di insegnare non tanto la composizione – perché quello è un discorso che si può affrontare con tante altre modalità – ma far capire la sensibilità di come muoversi attraverso le immagini: questo è un aspetto precipuo di chi effettivamente lo realizza e che quindi può trasmetterlo con grande consapevolezza.
Grazie per il tempo che ci ha dedicato e buon lavoro.