Milano. Dal 29 novembre al 4 dicembre, al Piccolo Teatro Strehler, Gabriele Lavia ritorna alla più sconcertante opera di Fëdor Dostoevskij, “Il sogno di un uomo ridicolo”, la storia paradossale di un uomo che, deciso a suicidarsi, sogna la propria vita dopo la morte.
Un uomo, deriso da tutti e da sempre estraneo alla società, è deciso a suicidarsi. Seduto sulla poltrona a fianco della scrivania, apre il cassetto ed estrae la pistola. Ma, improvvisamente, si addormenta e inizia a sognare la propria vita oltre la morte, in un pianeta del tutto simile alla Terra, abitato da splendidi esseri non ancora corrotti «dalla prima caduta, dal primo peccato».
«Nella mia vita di teatrante – racconta Gabriele Lavia – ho adattato e rappresentato alcuni racconti di Dostoevskij: Una donna mite, Memorie dal sottosuolo, L’eterno marito e Il sogno di un uomo ridicolo. Il “sogno”, appunto, mi accompagna da quando avevo 18 anni e lo lessi per la prima volta ai miei amici più cari. Poi Gian Carlo Menotti lo volle a Spoleto. Fu un grande successo e il Teatro Eliseo lo volle nel cartellone della stagione e fu di nuovo un successo. Poi lo portai a lungo in tournée con una mia compagnia, lo ripresi ancora tante volte, anche in forma di “recital”, soltanto con una sedia. Mi chiesero di filmarlo per la TV e vinse il primo premio come migliore opera di teatro portata in televisione. E lo ripresi ancora per un’altra lunga tournée. È l’opera che ho rappresentato di più nella mia vita, più dell’Amleto. È certo lo spettacolo più faticoso che abbia mai fatto e per questo avevo giurato di non farlo più… data l’età. Ma al Teatro che porta il nome di Strehler non potevo dire di no. E così ho tirato fuori la mia vecchia camicia di forza, che pensavo di non dovere indossare mai più, per dedicare proprio al Grande Maestro questo Sogno. Ma ne sono felice».
Crediti foto: Filippo Manzini.