Napoli. Ha aperto al pubblico lo scorso 3 dicembre e sarà visitabile fino al prossimo 19 marzo la mostra dal titolo “Artemisia Gentileschi a Napoli”, un excursus pittorico attraverso alcune delle opere più emblematiche della celebre artista seicentesca. L’esposizione, allestita presso la sede partenopea delle Gallerie Italia in via Toledo 177, accoglie i capolavori di Artemisia ma anche alcuni dei documenti originali che punteggiarono la sua straordinaria vicenda umana nel corso del suo lungo soggiorno in città.
La mostra, che si avvale della speciale collaborazione con la National Gallery di Londra e della collaborazione con il Museo e Real Bosco di Capodimonte, l’Archivio di Stato di Napoli e l’Università L’Orientale, vanta una pregevole selezione di opere provenienti da collezioni e raccolte sia pubbliche che private, italiane ed internazionali, che arricchiscono ulteriormente gli studi scientifici in merito.
Il percorso espositivo segue una narrazione ben precisa di natura tematica ma anche iconografica e si dipana seguendo la cronologia legata al soggiorno napoletano di Artemisia: l’intento è quello di raccontare l’incredibile successo raccolto dall’artista nella capitale del Viceregno restituendo, al contempo, una panoramica alquanto esaustiva di un periodo storico molto articolato. Ciò è stato possibile mediante l’accurata ricostruzione dei contatti intessuti da Artemisia durante gli anni trascorsi in città. La Gentileschi, infatti, allestì una bottega famosa che crebbe anche grazie ai rapporti sociali con artisti del posto del calibro di Massimo Stanzione e Bernardo Cavallino.
Le opere in mostra non appartengono solo ad Artemisia ma anche ai pittori che interagirono con lei in quegli anni come il già citato Stanzione, Francesco Guarino e Andrea Vaccaro oltre ad “Annella” Di Rosa considerata la più importante pittrice napoletana del primo Seicento e vittima, stando alla tradizione, di una violenza sessuale che la accomunerebbe alla drammatica e ben nota vicenda della Gentileschi.
I capolavori riconducibili ad Artemisia sono 21 ed alcuni sono esposti al pubblico italiano per la prima volta come la giovanile “Santa Caterina D’Alessandria” acquistata di recente dalla National Gallery e che fa da incipit alla mostra partenopea. Presenti, inoltre, le monumentali e rare commissioni pubbliche della pittrice, quali l’“Annunciazione” di Capodimonte e ben due delle tre tele realizzate tra il 1635 e il 1637 per il coro della cattedrale di Pozzuoli, il “San Gennaro nell’anfiteatro” e i “Santi Procolo e Nicea”, quest’ultima tela restaurata di recente.
L’accurata ricerca archivistica e scientifica ha costituito un requisito imprescindibile per la realizzazione della mostra ed ha consentito di far luce su nuovi ed importanti documenti legati alla vita di Artemisia: è stato finalmente chiarito il motivo del trasferimento dell’artista da Venezia a Napoli, avvenuto nel 1630, e sono stati inseriti altri tasselli agli ultimi e complessi anni della sua esistenza durante i quali la Gentileschi fu vessata dalle difficoltà economiche. Ulteriori elementi si sono aggiunti a proposito del concubinato della figlia Prudenzia Palmira e al matrimonio riparatore che la vide protagonista, inoltre sono emersi dettagli a proposito delle committenze vicereali e borghesi e dei rapporti di Artemisia con le accademie letterarie.
La mostra alle nuove Gallerie d’Italia di Napoli si configura come un approfondimento dell’esposizione monografica che è stata dedicata all’artista alla National Gallery di Londra nel 2020 e vede la consulenza speciale di Gabriele Finaldi, direttore del museo londinese, e la curatela di Antonio Ernesto Denunzio e Giuseppe Porzio. Fino a marzo, inoltre, sono previste numerose attività collaterali ed un convegno di studi dedicato all’argomento.
Il percorso museale dedicato ad Artemisia Gentileschi e ai suoi anni napoletani ha visto la luce nella nuova sede delle Gallerie Italia di Napoli che, dallo scorso 21 maggio, si sono trasferite da Palazzo Zevallos al palazzo storico dell’ex Banco di Napoli realizzato su progetto di Marcello Piacentini.
La mostra si pone come omaggio alla figura di un’artista luminosa che ha lasciato un’impronta indelebile nella storia dell’arte moderna: la sua singolarità nasce non solo dalle innegabili doti artistiche che la rendono a tutti gli effetti una delle interpreti più sublimi dello stile caravaggesco ma anche dalla forza d’animo straordinaria, soprattutto per l’epoca, che la portò a denunciare con fermezza gli abusi sessuali subiti dal maestro Agostino Tassi. Considerata un’icona protofemminista, Artemisia è stata doppiamente fortunata in quanto le sue opere e la sua fama sono giunte fino a noi grazie ad un contesto familiare che l’ha supportata professionalmente ed umanamente, sorte toccata a ben poche artiste dell’epoca. La ferita dell’anima che influenzò tutta la sua vita è stata tradotta da Artemisia con il linguaggio pittorico che l’ha portata a raffigurare eroine crudelmente vessate, ma ricche di coraggio, che seppero opporsi ad una società fortemente patriarcale.
Le luci e le ombre dell’allestimento, infine, esaltano i colori densi e vibranti nati dalle pennellate della Gentileschi e lo sguardo forte ed altero delle protagoniste aggancia e rapisce il visitatore che resta sbalordito dinanzi alla vitalità delle opere.
Fortemente consigliata la visita di una mostra che assume i contorni di un vero e proprio viaggio: attraverso le opere scaturite da una vita straordinaria, ma al contempo densa di pericoli, Artemisia seppe elaborare il dolore non facendosi intaccare da esso ma trasformandolo per realizzare dipinti entrati nella leggenda.
Crediti foto: Claudio Giusti, Archivio Patrimonio Artistico Intesa San Paolo.