Firenze. Elena Sofia Ricci dirige “Fedra” di Seneca, nella traduzione di Alfonso Traina, dal 3 al 7 maggio al Teatro della Pergola e l’8 e il 9 maggio al Teatro Era, con Valentina Banci, Sergio Basile, Francesca Mazza, Gabriele Anagni, Ilaria Genatiempo, Elisabetta Arosio. Una produzione Teatro della Toscana, Best Live.
«Riflettendo e studiando questa tragedia – afferma Elena Sofia Ricci – ho sentito che c’è sicuramente all’interno di ciascuno di noi una parte di ogni personaggio, e che forse, in questa nostra era, siamo tutti un po’ Ippolito: a pezzi, a brandelli. E così ho pensato che una discarica infernale, uno “sfasciacarrozze di tutti i tempi”, potesse essere il luogo in cui collocare la nostra Fedra».
L’intero dramma è popolato da “persone” che arrancano tra le macerie della propria esistenza. Anche il rapporto conflittuale con il potere rievoca una sempre contemporanea messa in discussione della coscienza sociale. I mostri non solo interiori dei personaggi si svelano attraverso la pièce nella loro tragica verità. A cominciare da Fedra, interpretata da Valentina Banci, il cui amore incestuoso per Ippolito (Gabriele Anagni), figlio del marito Teseo (Sergio Basile), la consuma come una febbre. Completano il cast la Nutrice di Francesca Mazza, il Messaggero di Ilaria Genatiempo, la Sacerdotessa di Elisabetta Arosio.
«Da anni desideravo lavorare con Valentina Banci, a mio modesto parere è una delle più potenti e moderne attrici del nostro teatro. Sono innamorata – prosegue la regista – della sua forza espressiva e della sua capacità di rendere “vero” anche il più ostico dei versi. Ecco: vero, moderno. Questo è quello che vorrei arrivasse: la forza della parola di Seneca, così tragicamente contemporanea».
“Fedra” di Seneca è un dramma familiare e sociale più che attuale: dalla precarietà del nostro presente che si riflette nel contrasto tra luci e ombre dello scenario, alla condanna di un sentimento, quello di Fedra nei confronti di Ippolito, che va contro le convenzioni imposte dalla società.
Una sfida per Ricci, che si risolve in una visione contemporanea della tragedia. Una produzione Teatro della Toscana, Best Live.
«Il tema di fondo – spiega la regista – è la coscienza, la volontà di guarire. Siamo tutti vittime o figli della nostra storia familiare e, se riusciamo a esserne coscienti, possiamo liberarci di certe trappole. Laddove, invece, ne siamo inconsapevoli o non la affrontiamo, finiamo vittime delle nostre pulsioni più sfrenate».
Sorella del Minotauro, Fedra, interpretata da Valentina Banci, si innamora follemente di Ippolito (Gabriele Anagni), figlio di suo marito Teseo (Sergio Basile). La Nutrice (Francesca Mazza) tenta più volte di dissuaderla, ma alla fine Fedra cede all’amore e si rivela a Ippolito che, indignato, fugge dalla reggia. Lei decide così di vendicarsi, inventandosi una violenza subita.
Teseo, accecato dall’ira e dal dolore, crede a lei e scatena contro il figlio le furie degli dèi. Invoca su Ippolito una maledizione che lo fa morire nel peggiore dei modi: trascinato dal suo stesso carro fino a essere smembrato. Davanti al cadavere straziato dell’amato, Fedra non riesce più a mentire e, dopo aver svelato la verità a Teseo, si uccide. Allora il marito, logorato dal rimorso, non può fare altro che invocare la sua stessa morte.
Fedra, Ippolito, Teseo, la Nutrice, ma anche il Messaggero (Ilaria Genatiempo), la Sacerdotessa (Elisabetta Arosio), sono tutte figure di un’umanità a brandelli. Nello spettacolo diretto da Elena Sofia Ricci il testo classico di Seneca diventa dunque reale tra dinamiche e ossessioni di corpi e di voci, con le scene e i costumi di Andrea Taddei, le musiche di Stefano Mainetti, le luci di Stefano Limone, le coreografie di Elisa Barucchieri, che evidenziano le rovine in cui i personaggi sono immersi.
Ad assistere alle disgrazie c’è il Coro (Giorgio Sales, Alberto Penna, Valentina Martone, Aurora Cimino, Dafne Rubini), che si muove in mezzo a mucchi di stracci e commenta le vicende con impietosa sincerità.