Torino. Lunedì 1° maggio Hans Zimmer, Premio Oscar per la miglior colonna sonora nel 1995 per il film “Il Re Leone”, e nel 2022 per il film “Dune”, è tornato in Italia con il suo “Hans Zimmer Live – Europe Tour 2023”, dopo un lungo stop delle esibizioni in Europa a causa della pandemia.
Il compositore e polistrumentista di origini tedesche ha ipnotizzato le circa 15.000 persone presenti in un Pala Alpitour tutto esaurito, con quasi tre ore di musica, eseguendo non solo i suoi lavori più noti al grande pubblico, quali ad esempio “Il Gladiatore”, “Interstellar”, “Il Re Leone” o “James Bond”, ma anche le opere meno note.
Da subito si è percepita la formazione rock di un autore che ha scritto innumerevoli pagine della musica del cinema moderno con arrangiamenti molto duri e decisi, che quasi scivolano nel metal, e che rapiscono immediatamente l’attenzione anche dello spettatore più distratto. D’altronde, oggigiorno, questo è probabilmente l’unico modo per mantenere alta la tensione di un intero palazzetto dello sport per circa tre ore: l’artista ha concesso un unico e breve assolo al pianoforte per il frammento finale di “Time”, uno dei suoi brani più celebri, estratto dal film “Inception”, che ha concluso peraltro il concerto in un silenzio surreale dell’intera sala, quale testimonianza della capacità del maestro di trasportare gli spettatori in un’altra dimensione.
Insomma, Zimmer conquista il pubblico con un’esibizione che rappresenta un archetipo del genere, restituendo visibilità a molte musiche spesso “coperte” dalle immagini del cinema. Impressionante è l’uso della ritmica, frutto evidentemente di anni di ricerca e di sperimentazione; un ritmo che ai fini cinematografici attribuisce un tono incalzante alle scene e che dal vivo assume una personalità autonoma. A tale scopo, il maestro si è fatto accompagnare da un’ampia orchestra ed in particolare da quattro percussioni di cui due batterie utilizzate in contemporanea per tutta la durata del concerto, fino ad arrivare al piccolo cameo di uno xilophono.
Si diverte Zimmer sul palco, soprattutto durante l’esecuzione dei temi più evocativi delle sonorità hardcore, mantenendo allo stesso tempo sempre uno stile informale sia nel presentare le sue opere ed i suoi artisti sia durante l’esibizione. Il compositore, infatti, non ha bisogno di dirigere: la sua orchestra va da sola potendo contare su musicisti che non soltanto sono polistrumentisti ma sono degli artisti assolutamente poliedrici. Alcuni di loro si alternano tra strumenti diversi e si cimentano anche in inaspettate e superlative performance di canto e di danza. Il maestro invece passa dal pianoforte alle chitarre esibendosi soprattutto al synth, in una veste quasi di producer, cui sembra particolarmente avvezzo.
Musica coinvolgente, artisti in continuo movimento, immagini animate proiettate sullo sfondo e luci sfavillanti completano il quadro di uno show dunque maestoso ed effervescente. Certo, dall’altro lato, anche l’orecchio più attento avrà avuto difficoltà a distinguere in modo nitido la provenienza dei suoni. Pure l’arrangiamento di uno dei brani più iconici quale “He’s a Pirate”, main theme di “Pirati ai Caraibi”, ad esempio, puntava a travolgere prepotentemente il pubblico. Tutto questo è stato poi accompagnato da un uso dei volumi più vicino a quello dei concerti rock che sinfonici.
Ad ogni modo, si è potuto assistere ad un innovatore della musica contemporanea che ha raggiunto una cifra stilistica assolutamente personale anche per i suoi live e che potrebbe tracciare la rotta pure per il futuro delle esibizioni dal vivo di questo genere musicale. D’altronde, come lo stesso Zimmer ha voluto precisare sul palco, un suo motto è “It is always better asking for forgiveness than asking for permission”. (“È sempre meglio chiedere perdono che chiedere permesso”).
Crediti foto: Francesco Prandoni.