Torino. Giovedì 14 marzo, alle ore 19.30, debutta in prima nazionale al Teatro Carignano, nell’ambito del Progetto internazionale del Teatro Stabile di Torino, “Nora – Natale in casa Helmer” di Henrik Ibsen con la direzione della giovane e affermata regista ungherese Kriszta Székely. Lo spettacolo è interpretato da Eszter Ónodi (nel ruolo della protagonista Nora), Ernő Fekete, Tamás Keresztes, Réka Pelsőczy, Gergely Kocsis. Con loro in scena: Koppány Varga, Zorka Varga, Emil Engárd, András Himmler, Álmos Szalai. Le scene sono di Juli Balázs, i costumi di Fruzsina Nagy, le luci di József Pető, le musiche Flóra Matisz e la drammaturgia di Ármin Szabó-Székely.
“Nora – Natale in casa Helmer” è prodotto dal Katona József Színház di Budapest e resterà in scena al Carignano fino a domenica 17 marzo.
Scene da un matrimonio con il glorioso Teatro Katona di Budapest che trasforma “Casa di bambola” in un dramma sulla felicità di facciata. La 35enne regista Kriszta Székely ama le grandi figure femminili e dà all’eroina di Ibsen, interpretata da Eszter Ónodi, i connotati e i tormenti di una donna contemporanea.
“Quali ruoli recitiamo in un rapporto? Fino a quando può funzionare un matrimonio che si basa sulle menzogne? Cosa succede quando non si può continuare a fingere?”. Se lo domanda la giovane regista ungherese Kriszta Székely, autrice per il Katona di Budapest di un allestimento di “Casa di bambola” di Ibsen, portato in scena con il titolo Nora – Natale in casa Helmer, che la critica ha definito “di sconvolgente intensità”.
La Székely dà alla pièce una lettura contemporanea e pone al centro della sua messa in scena la questione del matrimonio di facciata: la famiglia perfetta nasconde la realtà di una coppia di quarantenni in crisi, come tante altre. Nora si ripete che sta bene, che è felice. Eppure sa di mentire a se stessa.
“È disposta a recitare tutti i ruoli necessari per mantenere il tenore di vita e lo status sociale: è la perfetta moglie, la perfetta madre, la perfetta padrona di casa”, scrive la regista. Appesa nel vuoto del suo idillio fittizio, Nora (una “grandiosa” Eszter Ónodi) recita, sgambetta, si trucca, cambia maschera, si destreggia tra segreti e bugie. Il mimetismo è la sua tecnica di sopravvivenza. Fino a quando, rivelate le menzogne, evaporata ogni illusione, si ritrova assieme al marito davanti alle macerie della sua vita in rovina.
Nora è la prima figura femminile, nella storia della drammaturgia, che non vuole che la propria vita venga rovinata da bugie, né tantomeno vuole scendere a compromessi. Secondo la messinscena tradizionale di “Casa di bambola”, Nora si libera dal matrimonio come da una prigione – questo oggi non sarebbe più valido: dalla fine dell’Ottocento ad oggi, la posizione della donna nella famiglia e nella società è completamente cambiata, inoltre anche l’approccio al matrimonio. Oggi quindi, quello che può rendere uno spettacolo contemporaneo interessante non è la fine di un matrimonio, ma il processo che ha portato questo matrimonio allo sbandamento totale di una famiglia.
In questo spettacolo tutti i personaggi fanno parte della stessa generazione. Si conoscono dai tempi della scuola, sono amici, ma la sorte ha portato ognuno a prendere direzioni diverse. Nora, ad esempio, ha passato gli ultimi undici anni della sua vita con la principale ambizione di piacere al marito, comprando abiti che piacessero a lui, e sforzandosi di ridere alle barzellette e agli scherzi che lui faceva.
Assistiamo quindi alla crisi del matrimonio di una coppia di quarantenni. Alla fine della crisi la donna decide di ricominciare da capo tutta la sua vita, come molto spesso accade alle donne della società odierna. Sono, allo stesso modo, valide anche le altre domande che ci si pongono davanti ad una lettura contemporanea del testo: esiste una convivenza matrimoniale nella quale non ci siano compromessi? Quali e come sono i ruoli che recitiamo in un rapporto? Fino a quando può funzionare un matrimonio che si basa sulle menzogne? E ancora, cosa succede quando non si può continuare a fingere? Tutte queste sono domande presenti, chiaramente, anche nel testo originale, bisogna solo spostare un po’ gli accenti…
All’inizio Nora è disposta a recitare tutti i ruoli necessari per mantenere quel tenore di vita che le piace così tanto: lei è la perfetta moglie, la perfetta madre, la perfetta padrona di casa. Per non perdere questa vita, falsifica addirittura una cambiale – questo è il segreto che non rivela a suo marito e che cerca di nascondere da sette anni.
All’inizio dello spettacolo siamo in un momento molto felice nella vita della famiglia, si aspetta la promozione del marito, dopo di che la loro vita si trasformerà davvero nella migliore delle vite possibili. Con la promozione acquisteranno anche un nuovo status sociale, e Nora, in ogni aspetto, sarà pronta al ruolo che richiede questo nuovo rango della famiglia. Quindi sono veramente sulla soglia di una nuova, fantastica, vita.
Ed è proprio in questo idilliaco momento che entra in scena Krogstad, e che distruggerà la finzione che li circonda. È adesso che esplode quell’illusione di famiglia perfetta, di matrimonio felice. Tutte le menzogne vengono a galla e non soltanto quella della cambiale falsificata. Nora realizza che tutto ciò che la circonda è falso, realizza di aver vissuto fino ad allora in un rapporto basato sulla disonestà e, infine, scopre il vero carattere del marito. Se fino ad allora sembrava perfetto, adesso il marito si scopre egoista e odioso, non lo riconosce più e non riesce neanche a condividere la stessa casa.