Roma. Il tanto atteso “Nuovo Olimpo” di Ferzan Ozpetek finalmente è arrivato e dal I novembre è disponibile su Netflix. Nella Roma degli anni ‘70 un aspirante regista, Enea (Damiano Gavino) e uno studente di medicina Pietro (Andrea Di Luigi) incrociano i loro sguardi una prima volta su un set, poi nel cinema “Nuovo Olimpo”, luogo di incontri per omosessuali che nei bagni consumano i loro desideri. Enea vorrebbe fare lo stesso, Pietro però si rifiuta per lo squallore di un posto che stride con il forte sentimento che prova. I due si danno appuntamento per il giorno successivo e riescono a vivere una memorabile notte d’amore con sullo sfondo una splendida Roma al tramonto, che ammirano abbracciati in terrazza.
Poi si perdono per una manifestazione finita male, in cui Enea si rompe un braccio e non riesce a raggiungere Pietro in una trattoria del centro. Gli anni passano, ognuno fa la propria vita senza mai dimenticare quella notte e quel sentimento così forte da potersi trasformare in amore, tant’è che Enea, regista famoso, porta sul grande schermo proprio quella storia che lo ha segnato.
Ancora una volta nel 2015 il destino li fa avvicinare a causa di un incidente sul set che mette in pericolo la vista del regista; operato e curato proprio da Pietro, stimato chirurgo, che forte del bendaggio forzato dell’uomo riesce a frequentarlo senza farsi riconoscere e resta sorpreso dal fatto che abbia acquistato proprio quella casa in cui si sono amati.
Il tema è quello cantato anche da Lucio Dalla in “Rispondimi”: “Un amore è amore anche se non ha domani” , un legame forte tra le persone che con uno sguardo si riconoscono e, anche se non si vedranno più, rimarranno unite, vivendo nel ricordo di ciascuno e nell’idea di quello che sarebbe potuto essere ma non è stato. E oltre all’amore verso una persona, c’é l’amore per il cinema: chiaro è l’omaggio ad Anna Magnani e a Federico Fellini, perché “quello che fa più male è proprio l’essere dimenticati”.
Se ha convinto, anche se non entusiasmato, Damiano Gavino nel ruolo del regista, non lo stesso si può dire di Andrea Di Luigi nella parte di Pietro: è un po’ amimico, soprattutto nella seconda parte della storia, e non crea empatia con Damiano né tantomeno i due con il pubblico, forse per-ché sarebbe stata necessaria qualche scena in più in cui mostrare la crescita di quel sentimento che non si può ridurre a una scena di sesso. Facilmente sostituibile Alvise Rigo, che ha interpretato Antonio, che più degli altri interpreti maschili ha mancato di intensità nella recitazione e poca è stata la partecipazione emotiva.
Quello che è mancato è forse una caratterizzazione dei personaggi maschili nella fase della scrittura, che gli interpreti non sono riusciti a colmare con la messa in scena, risultando così superficiali, mentre invece profondi e credibili sono i personaggi femminili: bravissima Luisa Ranieri, in Titti, la cassiera del Nuovo Olimpo, – anche se risulta eccessivo il trucco – molto brave Aurora Giovinazzo in Alice – l’altra donna nella vita di Ozpetek cui il film è dedicato – insieme a Titti e Greta Scarano in Giulia, la moglie di Pietro.
Menzione particolare per Giancarlo Commare che avrebbe meritato un ruolo di primo piano per la sua bravura. Da apprezzare la fotografia e la musica oltre alla città di Roma che fa da cornice a questa storia, sulla quale, forse, hanno pesato eccessive aspettative dopo una trilogia perfetta nei tempi, il ritmo e l’intensità espressiva.
Grazie per questa recensione, complimenti. Occhio critico e professionale.
Grazie.
Una storia struggente e bellissima, che aveva tutte le premesse per diventare un cultmovie. Purtroppo troppo frammentata, complice una sceneggiatura slegata che nknbda spazio ai due personaggi di trasmettere al pubblico la grande emozione di questo amore spezzato dal destino. Ed un finale troppo amaro. Privo di un abbraccio che avrebbe dato enfasi e rassegnazione al dolore ed al distacco. Peccato
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