Napoli. Lo scorso 9 novembre, al Teatro Sannazaro di Napoli, il Trio Metamomrphosi ha proposto in maniera nuova e originale alcuni brani di Ludwing van Beethoven tratti dal Trio n. 5 in re maggiore, op. 70 n. 1 “Ghost Trio”, dal Trio n. 6 in mi bemolle maggiore, op. 7 n. 2 e dal Trio n. 7 in si bemolle maggiore, op. 97 “L’Arciduca”.
Francesco Pepicelli al violoncello, Angelo Pepicelli al pianoforte e Marco Loguercio al violino, diretti da Maria Letizia Compantangelo, si sono trasformati in attori su testi della stessa regista, superando i canoni di un concerto da camera, con l’intento di avvicinare ancora di più il pubblico in sala all’ascolto del Maestro, spiegando la sua grandezza, l’innovazione e sottolineando i passaggi dei brani in cui tutto questo emerge.
La musica così è la vera protagonista della narrazione, non l’accompagna ma la determina e tutto si snoda lungo la rappresentazione di quel pomeriggio dell’estate del 1951 quando tre famosi musicisti – il pianista Rudolf Serkin e i fratelli Adolf Busch violinista ed Hermann Busch violoncellista – abbandonata la Germania perché non in linea con il proprio sentire – decidono il programma del concerto per inaugurare il Festival di Marlboro, ignari che di lì a pochi anni quel Festival sarebbe divenuto famoso e avrebbe fatto scuola, raccogliendo intorno a sé i più talentuosi giovani musicisti provenienti da tutto il mondo.
Nello scegliere il programma gli artisti chiariscono la propria posizione politica, spiegano il perché dell’esilio volontario e la scelta alla fine cade non a caso su Beethoven, proprio per gli ideali di fratellanza tra i popoli di cui è stato portatore con la sua musica.
Il Marlboro Festival nel 1951 con l’esecuzione dell’opera 97 “Arciduca” è divenuto un punto di incontro informale tra docenti e studenti e, soprattutto, tra generazioni diverse, riducendone le distanze e facendo della musica da camera uno strumento di inclusione.
Il 13 giugno del 1971 con l’esecuzione al Teatro Sannazzaro dell’op. 110 di Mendelssohn da parte di Salvatore Accardo, Alain Muenier, Franco Petracchi, Christian Ivaldi, Luigi Alberto Bianchi e Umberto Spiga è nata la musica da camera a Napoli, da qui la scelta dello stesso teatro per portare in scena “Beethoven in Vermont”.
Un plauso va a questi ottimi musicisti apprezzati anche fuori dai nostri confini – sono stati ospiti, infatti, della Philarmonie di Berlino, della Salle Gaveau di Parigi, della Suntory Hall di Tokio, del Carnegie Hall di New York, del Calisum di Buenos Aires – che fedeli al nome scelto per il Trio si sono messi in gioco anche con la recitazione, dando vita a performance uniche e sorprendenti.