Milano. Dal 12 al 17 marzo nella Sala Tre del Teatro Franco Parenti andrà in scena “Ion”, scritto e diretto da Dino Lopardo con Iole Franco, Lorenzo Garufo, Alfredo Tortorelli.
“Cosa accade quando un essere umano viene lasciato solo a marcire in silenzio dalla propria famiglia?”, una famiglia ottusa, retrò, all’antica?
Da questa premessa il drammaturgo Dino Lopardo, partendo da una storia realmente accaduta, ha elaborato un testo inedito, anche grazie alle sollecitazioni che gli attori stessi hanno fornito durante i giorni di lavorazione dedicati alle improvvisazioni. Ne è scaturita una storia nuova, diversa dall’idea iniziale, con un racconto drammaturgico generato su più spunti di riflessione: il concetto del “Diverso”, il disadattamento, il pregiudizio sociale.
Pochi colori in scena e pochi oggetti per raccontare lo spaccato di vita dei due fratelli, Giovanni e Paolo, divisi e segnati da un passato che li ha condizionati profondamente. Le loro giornate “grigie” trascorrono tra litigi e sorrisi che inevitabilmente li fanno tornare in maniera ossessiva al loro passato, ai loro sfocati ricordi di bambini, alla presenza soffocante di un padre e alla colpa grave di uno dei due. Tale colpa forse è origine e causa di una famiglia in disfacimento e ciò ne determinerà inevitabilmente il loro destino. Le parole e i gesti vivono all’interno di una cornice che è casa, lavoro, strada – finanche il cimitero – ma non è fino in fondo nessuno di questi luoghi.
Che cosa è successo a Giovanni la sera prima del litigio furioso che ebbe con suo fratello Paolo? Di cosa parlò con lui? Che rapporto c’era tra i due? Il fratello, Paolo, è stato fin da bambino molto legato al padre, al contrario di Giovanni che, invece, ha sempre avuto un rapporto privilegiato con la madre. Una madre che i due fratelli hanno conosciuto in maniera differente: Giovanni la ricorda come madre affettuosa, mentre Paolo come la pazza del paese. Lei che, dopo il secondo parto, cadde in una forte depressione. Paolo, fin da bambino, ascolta il padre parlare della madre come un peso, come una palla al piede, e di Giovanni come il figlio mai voluto. Giovanni vive sulla sua pelle il non essere accettato come figlio e tacciato dal padre stesso come diverso. Un padre “Padrone”, anaffettivo, chiuso nelle sue convinzioni, che non accetterà mai la condizione di suo figlio, neanche davanti alla morte.