Milano. Dal 21 al 26 maggio, dopo la prima assoluta al Teatro Metastasio di Prato, il collettivo Sotterraneo, artisti associati al Piccolo, torna al Teatro Studio Melato con un lavoro originale, “Il fuoco e la cura”, liberamente ispirato al capolavoro di Ray Bradbury del 1953. Lo spettacolo – coprodotto dal Teatro Metastasio, da Sotterraneo, dal Piccolo Teatro di Milano e da ERT-Emilia Romagna Teatro, e realizzato con il sostegno di Centrale Fies / Passo Nord – rilegge “Fahrenheit 451” attraverso la lente del presente, per domandarsi, insieme al pubblico, dove si annidi, oggi, il rischio di derive totalitarie. “Non è necessario bruciare libri per distruggere una cultura. Basta convincere la gente a smettere di leggerli”. Nel 1953, Ray Bradbury immagina un futuro distopico in cui è vietato leggere. Chi viene sorpreso a farlo, o a possedere libri, è tratto in arresto, mentre gli schermi televisivi, costantemente accesi, alienano il tempo libero delle persone. Nella società di “Fahrenheit 451” il solo tentativo di pensare genera un senso di malessere fisico e il corpo dei vigili del fuoco è impiegato per appiccare gli incendi, piuttosto che per estinguerli, con lo scopo di dare i libri alle fiamme e catturarne i possessori. Come in tutti i regimi totalitari esiste una comunità clandestina di dissidenti, le persone-libro, che si impegnano a imparare a memoria i grandi classici della letteratura mondiale, nella speranza di salvarli dall’oblio e tramandarli alle generazioni future. A settantun anni dalla pubblicazione del capolavoro di Bradbury e a cinquantotto dall’uscita nelle sale dell’omonimo film di François Truffaut, il collettivo Sotterraneo, associato al Piccolo e già protagonista della scorsa stagione con una sua personale, firma un nuovo lavoro originale, che trae libera ispirazione dal romanzo. «Il libro è uscito circa 70 anni fa – spiegano Sara Bonaventura, Claudio Cirri e Daniele Villa – ma è ambientato nel futuro, cioè negli anni ’20 del XXI secolo, vale a dire oggi. Tu però ti trovi nel XXI secolo e stai leggendo questo testo, quindi Bradbury si è sbagliato? Dipende come intendiamo la distopia: una previsione sul futuro che a un certo punto viene confermata/smentita oppure un allarme sul presente che continua a rinnovarsi? Il fuoco era la cura attraversa e rilegge liberamente “Fahrenheit 451”, lo consuma come si fa con un libro amato, letto mille volte e trascinato in mille luoghi, lo sporca, lo dimentica da qualche parte e poi lo ritrova, mentre la copertina sbiadisce, la carta si scolla e le pagine si riempiono di appunti, biglietti, segnalibri e ricordi. Cinque performer ripercorrono la storia del romanzo, si identificano coi personaggi, si muovono in senso orizzontale mappando i coni d’ombra, le cose che Bradbury non ci spiega o non ci racconta, creando linee narrative parallele, deviazioni teoriche, costruendo anche le cronache di un tempo intermedio fra il nostro presente e un futuro anticulturale in cui l’istupidimento ci salva dal fardello del pensiero complesso. E se Bradbury si fosse sbagliato solo di qualche anno, se “Fahrenheit 451” accadesse davvero, noi cosa faremmo?»