“Il Caso Virgilio”, Vittorio del Tufo racconta la città di Napoli tra miti e leggende

Caserta. Il 13 giugno alle 18.00, alla libreria Feltrinelli della città, si è tenuto un incontro con Vittorio del Tufo, giornalista e scrittore napoletano, oltre che redattore capo de Il Mattino, che ha presentato il suo nuovo libro: “Il Caso Virgilio”.

Il tutto si è aperto con un assolo di chitarra del Maestro Leo Amendola, che ha reso il clima ancora più piacevole. Il primo intervento è stato quello di Enzo Battarra, assessore della cultura del comune di Caserta, che ha salutato calorosamente lo scrittore, seguito poi da Giuseppe Vozza, dell’associazione culturale “Liberalibri”. A mediare l’incontro Aldo Balestra, mentre a dialogare con l’autore erano presenti Maria Beatrice Crisci e Marilena Lucente; tutti e tre hanno saputo porre le giuste domande, facendo in modo che l’essenza del romanzo fosse percepita da tutto il pubblico in ascolto.

“Il caso Virgilio” è, come dice l’autore, un romanzo a sfondo storico molto robusto, frutto di tanti elementi che lui stesso ha studiato nel tempo, come la zona di Posillipo, leggende archeologiche, il Virgilio mago e il nazismo magico; tutte queste componenti si fondono dando vita a un mistero che si sviluppa su più piani temporali, che riescono a conciliarsi e alternarsi al meglio, costituendo, così, un’opera “articolata ma non difficile”. È un vero e proprio intreccio di argomenti e temi che sono legati tra loro attraverso una storia di base. È un giallo, un thriller, è un romanzo storico ed ha, all’interno, anche una bellissima storia d’amore.

La necessità di raccontare Napoli attraverso le pagine del romanzo è vivida, in quanto l’autore si mostra quasi ossessionato dalla vita segreta della città, volendo guardare la Napoli soprattutto del passato, perché “le città sono un paesaggio dell’anima che offrono tante possibilità di racconto”.

Vittorio del Tufo spiega che il suo libro è una sorta di “caccia al tesoro”, poiché chi legge si imbatte in tanti fatti di cronaca realmente accaduti e in linee temporali ben demarcate quanto diverse e distanti tra loro, ma che tutti noi conosciamo.

Finzione e realtà. E durante questa presentazione lo scrittore si è impegnato a ricordare e mettere in evidenza la realtà che lui stesso ha inserito nel romanzo. È vero, ad esempio, che a Posillipo nell’aprile del 2009 ci fu un bagno di sangue che scosse la città, avvenuto in una zona teatro di misteri archeologici mai realmente indagati.

Sono stati arrestati gli esecutori, mentre i mandanti e il motivo della tragedia sono ancora oggi nell’ombra. Ed è vero, sottolinea Del Tufo, che la Villa della Gaiola, uno dei luoghi del libro è, effettivamente, una villa presente sull’isola; ripercorre le vicende tragiche avvenute proprio lì, e che, in parte, sono anche rappresentate in copertina, dove vediamo una donna che cade nel mare in tempesta; tale immagine è ripresa dalle pagine del mattino del 1926, una storia di cronaca realmente accaduta.

L’autore, attraverso le domande, è pronto a raccontare il suo libro, cullandoci con le sue parole e facendoci vivere a pieno la vicenda che si svolge a Napoli, negli anni 70, nell’anno del colera (1973); durante una cena in una villa di Posillipo, l’archeologa Rita Persico riceve, dai padroni di casa, un papiro, il quale nasconde segreti in cui la donna non potrà non imbattersi.

Rita, ci spiega l’autore, non è realmente esistita, bensì è frutto di una ricerca di un personaggio tenace ma un po’ impaurito dalla situazione che, suo malgrado, si trova ad affrontare, improvvisandosi, così, detective e poliziotta del passato. Prima di scoprire di più circa il papiro, la notte stessa, nella villa, avviene un massacro.

La scena si sposta poi in Grecia, nel XIX secolo, e il personaggio principale diventa il poeta Virgilio, che, di ritorno dal suo ultimo viaggio, muore in circostanze non ancora chiarite. Virgilio frequentava Posillipo e la Gaiola, e infatti, ancora oggi, di fronte a quest’isolotto, è presente “la grotta del tuono”, una grotta in cui il poeta insegnava arti magiche ai suoi allievi. Durante la sua vita, infatti, un alone di magia lo ha sempre accompagnato, questo mito, questa leggenda, lo ha sempre contraddistinto, in quanto ritenuto in possesso di poteri magici e di una importante conoscenza circa i segreti della natura. La figura di Virgilio mago, inoltre, è una figura su cui si sono soffermati tanti studiosi, tra cui, come cita l’autore, Roberto De Simone, che scrive “Il segno di Virgilio”, dove sono riportati diverse formule e canti che si intonavano per render tributo al maestro. Queste piccole “filastrocche” sono state prese in prestito da Vittorio Del Tufo.

Il centro del libro è il mistero che si dirama attorno alla tomba di Virgilio e in cui Rita Persico si imbatterà. Il poeta non è solo fondamentale per il libro, bensì anche per la storia e la cultura di Napoli, poiché ha impregnato, con la sua figura, la città, che, infatti, vanta di piazze e strade in suo onore.

“È un personaggio storico legato al passaggio di testimone che c’è stato in città, a Napoli, tra alcune figure legate al mito”. Così dice l’autore del libro parlando del suo protagonista, il quale ha rappresentato il transitare tra la prima figura del mito napoletano, ossia Partenope, e l’ultima figura, ossia San Gennaro. Virgilio era, durante il periodo del paganesimo, un vero e proprio protettore della città, prima che il suo testimone passasse all’attuale custode.

I resti del poeta, attorno ai quali la vicenda si dirama, all’epoca, furono trafugati e portati in un luogo segreto e sicuro, quello che ad oggi si chiama “Castel dell’Ovo”. La tomba che si trova a Napoli, infatti, è vuota. Subentra a questa realtà, attorno alla quale si indaga ancora oggi, la fantasia: l’autore, attraverso le parole, fa in modo che questi resti siano appetibili dai nazismi, che affannavano per scovare e tener per loro opere del passato.

La terza componente di lettura è la corrente del “nazismo magico”, che dava la caccia ai tesori del passato. Una domanda che è stata, legittimamente, posta, è “perché i nazisti?”. Perché scegliere un’epoca così difficile e violenta anche solo da raccontare? La risposta arriva velocemente ed è chiara: il senso di inferiorità che i nazisti provavano era la chiave di svolta del romanzo, il giusto modo per legare secoli così distanti. La società esoterica “Thule”, il cui capo era Adolf Hitler, era ossessionata dagli antichi reperti, e questa inferiorità verso l’antica Roma li rendeva assetati di un’appropriazione culturale che sarebbe avvenuta tramite l’impossessarsi di un mito di fondazione e una folle ossessione per gli antichi reperti. Una lotta che ricordiamo e conosciamo anche per qualche film di Indiana Jones, come ci ricorda lo stesso scrittore.

Anche il Nazismo viene definito “magico” da Vittorio del Tufo, una magia diversa da quella di Napoli, una magia che in realtà è più follia, è più un delirio. Un delirio che poi ha portato, nel tempo, alla creazione del regime che tutti noi conosciamo.

Ecco, quindi, un altro intreccio, un’altra linea temporale, un’unione perfetta tra epoche diverse. Quattro, cinque epoche che dialogano tra loro e facendo in modo, tramite il modo diverso di parlare dei personaggi di tempi diversi, che la demarcazione sia notevole e perfetta, ma in qualche modo sempre e comunque coerente. La “vertigine temporale”, come la chiama Marilena, non si ferma ad Antica Grecia, Nazismo, Napoli del colera, ma abbiamo anche un’ambientazione più medievale durante la rappresentazione di un terremoto, pagine durante le quali compare anche la regina Giovanna. La storia è custodita nello scrigno del tempo, il quale non solo accompagna il racconto, ma, in un certo senso, è il vero e proprio protagonista di esso.

I personaggi non si fermano a quelli reali e a quelli principale, perché ci sono anche personaggi che vivono in penombra all’interno del libro ma che hanno comunque la loro importanza, come Stella o il commissario di polizia. Come dice stesso l’autore, anche Maurizio e lo sviluppo che la sua storia d’amore con Rita ha durante il romanzo è importante. Ma il personaggio di cui lo scrittore ha più parlato durante la presentazione è stato Marcus, che è sempre presente, dall’inizio alla fine, e che prende il nome dall’ultimo discepolo di Virgilio, che lo ha accompagnato nel suo ultimo viaggio.

“Marcus è un nome ricorrente nel libro, perché io lo affido a tutti i capi che nel corso dei secoli si sono avvicendati alla guida di questa società esoterica e della fratellanza napoletana [..] Marcus è un nome ma è anche un ruolo, cioè tutti coloro che hanno avuto a che fare con questa antica fratellanza e società”.

Alla fine della presentazione un ragazzo dalla platea decide di fare un intervento, che, forse, riassume al meglio l’essenza del romanzo.

Ci consiglia di prepararci, prepararci a leggere questo libro come se stessimo giocando una partita a scacchi “dove l’autore è Kasparov e il lettore è Capablanca”.

Come durante una partita a scacchi, la vittoria, il risultato finale, si può scoprire solo alla fine, durante si può solo cercar di intuire. Come durante una partita a scacchi, l’autore gioca a carte scoperte, rivelandoci, all’inizio del romanzo, informazioni apparentemente inutili, ma che, in realtà, ci serviranno per continuare la partita, e saremo costretti a tornare indietro, per cercar di ricordare la mossa, l’informazione, per poi aver tutto più chiaro e vincere.

Crediti foto: Antonio Pirro.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

This site is protected by reCAPTCHA and the Google Privacy Policy and Terms of Service apply.