Gabriel Zuchtriegel a Salerno Letteratura: “Vi racconto una città ancora in divenire”

Salerno. Il cortile gremito del Museo Diocesano ha accolto l’arrivo di Gabriel Zuchtriegel, lo scorso 18 giugno alle ore 19.15, nell’ambito degli appuntamenti previsti per la XII edizione di “Salerno Letteratura”.
Reduce dagli ascolti vertiginosi registrati durante lo speciale di “Ulisse” condotto da Alberto Angela e dedicato alle recenti scoperte avvenute a Pompei, il direttore del Parco Archeologico si è generosamente offerto al pubblico salernitano per illustrare il suo ultimo libro dal titolo “Pompei. La città incantata” edito da Feltrinelli.
A condurre l’incontro Gennaro Carillo, professore ordinario di Storia del pensiero politico presso l’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa: “Nel tuo libro, dal titolo alquanto eloquente, – ha esordito Carillo – racconti il tuo rapporto con l’antico. Puoi fornirci qualche dettaglio in più?”.
“Ho iniziato a scrivere questo volume poco tempo dopo essere arrivato a Pompei – ha spiegato Zuchtriegel. Non era mia intenzione farlo subito, perché ero consapevole che la mia esperienza fosse cominciata da poco, ma poi ho pensato che scriverlo aveva un senso perché non c’erano altri libri dedicati a Pompei che avessero un’impostazione simile.
Negli anni in cui ero a Berlino oltre a svolgere il dottorato di ricerca ho avuto esperienze come guida turistica, una palestra importantissima che mi ha aiutato a comprendere quanto sia necessario saper interagire con la gente comune. Attraverso questo libro, infatti – ha proseguito il direttore – ho voluto dare risalto al lettore perché per amare l’arte ognuno di noi ha gli strumenti necessari e la giusta sensibilità è già insita in noi. Questo è l’intento che mi sono prefissato”.
La scrittura del volume ha consentito a Zuchtriegel di capire il proprio mondo interiore e, di conseguenza, di approcciarsi adeguatamente al mondo antico: “Rispetto al Settecento, quando iniziarono i primi scavi, è radicalmente mutata la concezione dell’archeologia che a Pompei viene intesa soprattutto come storia sociale. All’epoca nessuno sapeva cosa aspettarsi e la società del XVIII secolo era ben diversa, basti pensare allo scandalo derivato dalla scoperta dei graffiti pompeiani dedicati alla sessualità ma anche alla consapevolezza che questa libertà dei costumi andava valorizzata e fatta conoscere, per evidenziare quanto gli antichi fossero emancipati rispetto a noi. Naturalmente – ha sottolineato Zuchtriegel – le immagini più scabrose portarono anche a scontri importanti con la Chiesa che alla notizia della scoperta della città di Pompei propose addirittura di radere tutto al suolo per edificare una nuova basilica. Gli scavi archeologici di Pompei, insomma, hanno sempre disturbato e diviso l’opinione pubblica”.
Nel libro – come riportato da Carillo – sono anche chiari i richiami al rapporto tra archeologica e democrazia, un aspetto che affascina molto Zuchtriegel che nel 2021, poco tempo dopo aver ricevuto l’incarico, ha dato vita ad un progetto audace che ha consentito ai giovani di avvicinarsi al teatro classico. “Ero arrivato da poco a Pompei – ha spiegato il direttore – ed ho proposto al mio team di lavoro un progetto che coinvolgesse le scuole del territorio. Ad affiancarmi il regista e drammaturgo Marco Martinelli che ha deciso di portare in scena le commedie più celebri di Aristofane. L’idea era quella di far diventare protagonisti i ragazzi, soprattutto quelli provenienti da realtà particolarmente difficili”. Un successo straordinario che è stato replicato ogni anno: lo scorso maggio, infatti, i ragazzi hanno portato in scena la terza commedia di Aristofane dal titolo “Pluto”, un’opera che – come tutte le altre del celebre commediografo di età periclea – si presta in modo particolare alla riscrittura e all’attualizzazione.
Prima dei saluti, Gennaro Carillo ha chiesto a Zuchtriegel perché avesse scelto di intitolare in questo modo il suo libro, un’opera che restituisce l’immagine di una città ancora in divenire, soprattutto alla luce delle recenti scoperte: “Grazie agli ultimi scavi abbiamo avuto la chiara percezione di come fossero organizzati gli alloggi degli schiavi e la forma di controllo che i padroni esercitavano su di loro. Lo schiavo, quindi, si configurava come un’ulteriore proprietà familiare e solo pochi padroni consentivano una parziale forma di libertà. Il nostro approccio è ben diverso, ora siamo molto più attenti alle tematiche sociali rispetto al Settecento, quando avvennero i primi timidi scavi. Ma il vero futuro – ha concluso il direttore – è fuori dagli scavi, nei dintorni, dove c’è una realtà omologa ma molto meno tutelata. Una sfida che ci siamo prefissati per il futuro è proprio quella di investire in tal senso”.
Il mondo antico, ancora oggi, ha molto da raccontare e lo fa attraverso i reperti che “parlano” dando voce a chi non c’è più. Sta a noi avere orecchie attente e opportuna sensibilità per interpretarne adeguatamente gli insegnamenti.

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