“La prima luce di Neruda” apre la 17esima edizione del Campania Teatro Festival

Napoli. Da sabato 21 settembre e fino al 15 dicembre la Campania è investita dai “Battiti per la libertà” della 17esima edizione del Campania Teatro Festival, organizzato dalla Fondazione Campania dei Festival, con il sostegno della Regione e del Ministero della Cultura.
Sono in totale 40 gli spettacoli nazionali e internazionali che hanno preso il via al Teatro Mercadante di Napoli con “La prima luce di Neruda”, replica oggi domenica 22 settembre, trasposizione teatrale dell’omonimo romanzo di Ruggiero Cappuccio, direttore artistico per l’ottavo anno del Festival.
È una coproduzione della Fondazione Campania del Festival e del Teatro dell’Elfo di Milano, per la regia dell’argentino César Brie, con la partecipazione di: Cristina Crippa ed Elio De Capitani, nel ruolo di Matilde Urrutia e Pablo Neruda da anziani, nonché voci narranti, ufficiale giudiziario, Delia seconda moglie di Neruda, Albero Moravia, Elsa Morante e tanti personaggi ancora; Silvia Ferretti e Umberto Terruso nella parte della coppia Matilde e Pablo da giovani.
Colonna sonora il dolcissimo canto, che si trasforma quasi in una nenia, di Francesca Breschi, che inizia accompagnandosi con la fisarmonica per finire a cappella.
La storia è quella nota: è il 1952 Napoli, Pablo Neruda viene svegliato nella notte per notificargli il decreto di espulsione a firma del ministro Scelba e viene accompagnato da due agenti a Roma per essere estradato in Svizzera.
Alla stazione Termini ad attenderlo c’é una folla di gente, tra questi gli artisti Alberto Moravia, Elsa Morante, Renato Guttuso e Carlo Levi, la moglie Delia, nonché Matilde Urrutia, la cantante cilena, grande amore di Pablo Neruda, che diventerà la sua terza moglie.
Intervenuta la sospensione del provvedimento, Pablo e Matilde si trasferiscono a Capri nella villa di Edwin Cerio dove vivono la loro grande passione descritta nei “Versi del Capitano”.
Ricordano il loro incontro a Santiago del Cile e di come sia nato il loro amore, sempre affiancato dalla lotta per la democrazia e la liberà del Cile, per poi terminare alla Isla Negra con la morte di Neruda.
Anche il tragico César Brie lo racconta con leggerezza e non senza momenti divertenti, attraverso l’intreccio del passato e del presente, diviso in due spazi temporali, quello della giovinezza e quello della vecchiaia, con l’alternarsi delle due coppie sulla scena nell’interpretare Pablo e Matilde.
In palcoscenico sono presenti gli arredi essenziali in continuo movimento a indicare i diversi luoghi in cui si svolge l’azione, scanditi dagli avvenimenti storici strettamente legati all’esistenza di Neruda; unica concessione il cambio di luci e quindi di atmosfera.
Viene rappresentata – in maniera non banale – la concretezza della sua vita, quasi sbattuta in faccia in tutta la sua crudezza, accendendo i riflettori in platea verso la fine della prima parte e trasferendo qui gli intellettuali che alla stazione Termini, nel 1952, protestarono contro la sua estradizione.
Intellettuali impersonati da Cristina Crippa ed Elio De Capitani, che hanno messo in campo tutta l’esperienza teatrale, coniugata con la loro grande complicità, cercando anche un coinvolgimento del pubblico in sala.
Dall’altra Brie ha voluto rendere la sensibilità di un poeta schieratosi sempre dalla parte dei poveri, a cui “la dittatura non ha perdonato la capacità di essere libero” e la delicatezza del suo amore per quella che sarà la sua donna per 27 anni, fino alla morte.
E di come, proprio nei momenti di maggiore pressione del potere, quella sensibilità visionaria che è propria degli artisti riesca a produrre risultati straordinari.

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