“ANImATAMeNTE”, Palazzo Velli accoglie le avventure visive di Caterina Giglio

Roma. Da giovedì 7 a domenica 17 novembre Palazzo Velli accoglie la mostra “ANImATAMeNTE” di Caterina Giglio, a cura di Gianluca Marziani: un viaggio dei sensi tra le opere di una delle artiste più coerenti e talentuose del panorama romano, accompagnata dalle parole di uno dei curatori più conosciuti in Italia, per generare un’esplorazione profonda e catartica dell’interiorità, dove arte e vita si intrecciano in una fusione di emozioni, forme e narrazioni.
“ANImATAMeNTE” si presenta come un’avventura visiva nel segno ossessivo che diventa corpo, connessione, famiglia; un’immersione dal portato emotivo potente tra quasi 100 opere che raccontano, con sintesi ed energia metaforica, la storia di un’artista dalla biografia eterogenea e dalla rigorosa disciplina interiore,

Penna a china, acrilici, acquerelli, tela, carta velina; e ancora penna a vernice, matita, vinile e carta giapponese: la varietà di tecniche e materiali utilizzati riflette in pieno il tenore eclettico dell’artista romana, il cui frequenzimetro capta un vitalismo cosmico che ci trascina tra radici illustri, nel cuore visionario di Lewis Carroll, nei corpi nervosi di Kiki Smith, nei surrealismi psicomagici di Max Ernst.
Figure singole, talvolta in coppia o in gruppo, famiglie nucleari o estese, arcipelaghi parentali e sentimentali: sono molteplici le direzioni pittoriche dell’artista, organizzate lungo le sue ispirazioni umorali e le aspirazioni morali. Attraverso i suoi abbracci dipinti, l’artista riflette – invitando anche il pubblico – sul significato dei corpi come agenti del sentimento e dello scambio; al contempo, inserisce i suoi corpi dentro un habitat in cui emerge l’albero come simbolo di rinascita e vita, dentro una connessione tra umano, animale e vegetale.

Le opere di Giglio dialogano in forma simbiotica con il testo scritto da Marziani, il quale ha sposato il progetto dell’artista in un momento particolarmente difficile della sua vita personale, segnato dal lutto e dalla rinascita interiore. Scrive Marziani nel catalogo: “Negli anni passati mi era capitato di vedere alcuni lavori firmati Caterina Giglio. Sapevo poco o nulla di lei ma quei tratti fibrosi e suadenti, quei profumi edenici e sensuali mi avevano lasciato un’impronta, come una fiamma di candela che imprime un’ombra di fumo sul muro. Quando sono entrato nel suo studio, il 12 giugno, ho ritrovato l’impronta del fumo: e dall’ombra ho visto la partenogenesi di un esercito pacifico di corpi liberanti, femmine del tempo universale che infondevano qualità energetiche ad un mondo che sentivo attorno e dentro di me…”.

Ogni opera di Caterina Giglio è una stella di un racconto vissuto, un frammento di un’esperienza umana che risuona e si collega a tutte le altre. I suoi lavori sono popolati da figure femminili potenti, che rappresentano simboli di sensualità, maternità, saggezza e accoglienza. È un mondo fluido e universale, fatto di forme corporali che si allungano verso il cielo come alberi, che fioriscono e si trasformano continuamente, all’interno di una danza matissiana che celebra i sensi in una metamorfosi dei viventi lungo il tempo del Pianeta.

Gianluca Marziani, nel suo ruolo di curatore, non solo introduce il pubblico al mondo di Giglio ma vi partecipa attivamente, condividendo un percorso di guarigione e scoperta. Nelle sue parole la pittura dell’artista diventa un atto di catarsi. Il catalogo della mostra riflette così questa doppia dimensione del “curare” – prendersi cura dell’artista e, allo stesso tempo, di se stesso – e si fonde con la narrazione visiva delle opere, creando una conversazione unica tra immagini e parole.

Crediti foto: Simon D. Exea.

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