Peppe Servillo & Solis String Quartet chiudono la rassegna “Sacro Suono” con un omaggio a Carosone

Napoli. La sera del 6 gennaio Peppe Servillo & Solis String Quartet, nella splendida cornice del complesso monumentale di Santa Maria Donnaregina Vecchia, hanno chiuso la rassegna “Sacro Suono”.
Questa, organizzata da Andrea e Mario Aragosa per Black Art – Ets, promossa e finanziata dal Comune per “Napoli Città della Musica”, ideata e diretta da Enzo Avitabile, in realtà un vero e proprio festival dedicato alla scoperta delle tradizioni spirituali e sonore delle diverse culture del mondo.
La kermesse ha preso il via il 14 dicembre scorso e si è chiusa appunto il 6 gennaio dopo un interessante programma musicale costituito da sei concerti itineranti, perché hanno interessato quattro delle più belle chiese della città di Napoli: Santa Maria Donnaregina Vecchia, Santa Maria Donnaregina Nuova, la Basilica di Santa Chiara e la Chiesa di Sant’Anna dei Lombardi.
L’obiettivo di questo progetto di Enzo Avitabile è di “promuovere il dialogo attraverso il linguaggio universale della musica, esplorando la forza del canto come ponte tra la terra e il cielo”.
E non a caso allora sono stati scelti luoghi sacri così evocativi e suggestivi per favorire la riconnessione con il trascendente, perché conducesse più facilmente lo spettatore in quel viaggio verso l’Altro da sé di cui ha parlato l’Avv. Ferdinando Tozzi, delegato del Sindaco di Napoli per l’industria musicale e dell’audiovisivo.
La sera dell’Epifania allora Peppe Servillo e il suo quartetto d’archi hanno presentato “Carosonamente”, omaggio a Renato Carosone, che nello stile di Servillo è diventato un incontro tra musica, parole e gestualità del volto e del corpo, strumenti per raccontare storie vere e credenze popolari, storie del popolo e dal popolo, perché come dice Servillo i gesti “aiutano” a trasmettere la parola, che è una “parola che canta”.
Servillo, infatti, non è un semplice cantante ma un artista completo, bravo attore e interprete di quelle canzoni che sono storie di emozioni che attraversano il suo corpo, fatto vibrare dal suono degli archi, offrendoci immagini di quegli anni ’50 contenute nei piccoli sketch descritti nelle canzoni.
Era il periodo in cui l’Italia era uscita dalla guerra e voleva divertirsi, lasciarsi andare, dimenticare, per questo Renato Carosone ha trovato terreno fertile per intrattenere il pubblico con il suo stile che poi è diventato riconoscibilissimo.
Peppe Servillo e i bravissimi musicisti del Solis String Quartet (Vincenzo Di Donna al violino, Luigi De Maio al violino, Gerardo Morrone alla viola e Antonio Di Francia al cello e alla chitarra. oltre a essere autore degli arrangiamenti) hanno dato vita a un vero e proprio cabaret musicale, muovendosi, parlando, commentando, in alcuni casi anche fingendo di discutere tra loro, così come era ai tempi di Carosone.
Hanno proposto le famose: “La pansé” del 1954, “Tu vuo’ fa l’americano” del 1956, “Torero” del 1957 , “Pigliate ‘na pastiglia” pure del 1957 e “’O sarracino” del 1958, senza dimenticare le canzoni di Libero Bovio “Està (Non voglio fa niente)”, una delle più belle poesie senza tempo su quella che a Napoli viene chiamata la “controra”.
Ancora, “Te voglie bene assaje” cantata nel 1953 alla Festa di Piedigrotta, scritta dal famoso ottico di Piazza del Gesù, Raffaele Sacco, divenuto vero e proprio tormentone di quell’estate.
Uno spettacolo insomma, quello di ieri sera, che ha fatto ridere, divertire ma anche commuovere al suono dell’ironia di Carosone in chiave contemporanea, consentendoci di riscoprire così con leggerezza le origini della nostra terra.

Crediti foto: Sebastiano Milardo.

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