Milano. La celebre fiaba di Hans Christian Andersen, “L’usignolo e l’imperatore della Cina”, rivive sul palco in una raffinata trasposizione teatrale che intreccia poesia e profondità. Questo racconto senza tempo invita il pubblico a riflettere su temi universali come la bellezza, l’autenticità e il delicato equilibrio tra il naturale e l’artificiale. Una produzione FONDAZIONE TRG – UNIONE MUSICALE ONLUS, con Mirjam Schiavello, Pasquale Buonarota e Alessandro Pisci in scena al Teatro Bruno Munari sabato 18 e domenica 19 gennaio. Le musiche originali sono di Andrea Chenna e i costumi di Roberta Vacchetta.
La trama delicata e limpida della fiaba di Andersen ha ancora oggi la forza di tracciare percorsi tematici di sorprendente attualità. La bellezza che ci indica l’usignolo è accessibile e commovente perché è viva, imprevedibile e autentica, come il teatro. La storia narra di un imperatore che, nel suo regno vasto e meraviglioso, scopre un usignolo dal canto incomparabile. Affascinato dalla sua voce, lo fa rinchiudere nelle sale del palazzo per poter ascoltare ogni giorno quella melodia commovente. Ma quando dal Giappone riceve un dono straordinario – un uccello meccanico capace di un canto perfetto – l’imperatore si lascia sedurre dalla precisione artificiale e dimentica il piccolo usignolo, che vola via. Solo col tempo, il sovrano comprenderà che la bellezza meccanica, seppur impeccabile, non può competere con l’autenticità viva e imprevedibile del canto naturale.
Questo spettacolo traduce la limpida delicatezza della fiaba in una narrazione scenica che celebra la forza del vero. Come il canto dell’usignolo, anche il teatro esprime una bellezza unica e irripetibile, in grado di toccare profondamente lo spettatore.
La messinscena diventa così un invito a riflettere sull’esperienza autentica, sull’imperfezione come valore e sull’intangibile forza della vita che supera ogni artificio. Una narrazione universale, capace di coinvolgere spettatori di ogni età, che fa risuonare le corde più profonde del sentire umano.