Sanremo. “Non c’è nulla di più incosciente che amare”, a ricordarcelo è Achille Lauro in cima alla rosa rossa a gambo lungo, omaggio alla Sala Stampa la sera di San Valentino, fiore che mia nipote ha ordinato di conservare per sempre.
E non è un caso che proprio venerdì 14 febbraio si siano tenuti i duetti che, per il secondo anno consecutivo, Arti e Spettacolo ha avuto il piacere di ascoltare in anteprima durante le prove pomeridiane.
Così dopo avere incontrato Bresh nel foyer dell’Ariston, e avere scambiato con lui due chiacchiere sull’interesse per il rap e la drill che lui e in genere tutto il “gruppo dei genovesi” ha suscitato anche in coloro che non fanno parte della generazione Z, ho preso posto in seconda fila.
Per intenderci è il posto poi occupato durante la trasmissione televisiva da Anna Falchi che, per le dimensioni del teatro (nella realtà è molto più piccolo di quanto la regia faccia apparire), significa quasi essere sul palco con l’artista.
La splendida scenografia firmata dall’architetto e scenografo Riccardo Bocchini, intervenuto sul precedente lavoro di Gaetano e Maria Chiara Castelli, è formata da tanti pixel blu che con gli effetti speciali come le scintille sparkular – una sorta di fuochi pirotecnici ottenuti con l’utilizzo di polveri – contribuiscono a creare un’atmosfera surreale.
In più la forma avvolgente del fondale che, per via delle coste orizzontali in rilievo, ricorda il ventre di una balena o la carena di una nave, dà la sensazione di sinuosità e plasticità dello spazio che fa sentire il pubblico avvolto e coinvolto da tutto quello che accade in scena.
Il proscenio termina con i gradini in plexiglass dove al lato destro è posizionata l’orchestra di Sanremo con i maestri che si alternano sul podio, a sinistra in basso gli archi dell’omonima sinfonica e in alto i coristi che guardano dal lato opposto i tecnici del suono.
Nessuno però si muove o inizia a cantare o suonare o semplicemente a movimentare gli oggetti e gli strumenti senza che Pippo Balestrieri – per la 42esima volta direttore del palco di Sanremo – non dia l’ordine di farlo.
Sì perché se non ci fosse lui non si riuscirebbero a rispettare i tempi, né delle prove che sarebbero infinite per la ricerca della perfezione del suono o del gesto, né tanto meno della messa in onda, altro che andamento incalzante di Carlo Conti!
In fondo, al centro, la tanto temuta scala centrale extra large che con la motorizzazione cinetica è possibile mettere su un piano oppure rendere degradante, con davanti il led wall motorizzato per le infografiche, tutti i movimenti sono affidati a un software chiamato Madrix. A dare luce ai cantanti una serie di tecno lampadari squadrati che vengono calati dall’alto all’occorrenza.
Non essendo possibile dare spazio a tutte le esibizioni il rischio è quello di non arrivare alla fine dell’articolo, la scelta di chi parlare è frutto della mia assoluta discrezionalità.
Achille Lauro ed Elodie hanno voluto rendere un tributo a Roma, offrendo due facce della stessa città. Lauro ha scelto “A mano A mano” di Riccardo Cocciante, cantata da Rino Gaetano perché cresciuto nei quartieri di Montesacro e San Basilio ed è lì dove quest’ultimo è venuto a mancare e quei posti per Lauro sono simbolo della sua adolescenza.
Per Elodie invece ”Folle città” del 1979 cantata da Loredana Bertè: pezzo rock con sonorità reggae, reso particolare dalla sua voce graffiante capace di amplificare e rendere tangibile il testo che pone l’accento su quanto la città sia spietata e dura, attraverso la proposta di immagini crude come quelle di una donna che sviene, un inquilino che resta indifferente ed Elisabetta che si perde tra le dipendenze.
E l’anima che rotola, scricchiola ma che comunque non vuole andare via, perché sebbene si senta smarrita di fronte ai forti contrasti sociali – resi dagli assoli delle chitarre – non si arrende e comprende che la salvezza o almeno la tregua alla sua angoscia è nella solidarietà umana.
Quella di Achille ed Elodie è stata un’interpretazione spontanea e personale, come lui aveva anticipato, che non ha voluto emulare gli interpreti originali.
Bella coppia, affiatata sia durate le prove, dove scherzando – ma poi mica tanto – avrebbero voluto cambiare le canzoni con “Ancora” di De Crescenzo. Lauro simpatico come sempre e molto generoso con il pubblico, oltre ad essere entrambi bellissimi.
Giorgia e Annalisa hanno scelto la colonna sonora del 23° capitolo delle avventure di James Bond, “Skyfall” di Adele, vincitrice nel 2013 dell’Oscar come miglior canzone.
La voce di Giorgia è espressione di un bel soul bianco italiano capace di rendere l’atmosfera riflessiva, intima e contemporaneamente struggente della ballata, in grado di raggiungere l’estensione vocale sia di Adele che di Veronica Bassey cui si ispira la prima.
La voce però dal vivo non mi ha personalmente entusiasmato a differenza di quella di Annalisa, di grande personalità, maturità e con un timbro inconfondibile, oltre ad essere bella nella sua elegante semplicità.
Super fan di Franco Califano, Noemi scegliendo “Tutto il resto è noia” ha voluto raccontare il mondo che ci circonda dal punto di vista maschile, però pieno di contraddizioni di cui – secondo lei – Tony Effe – dotato al pari di Califano di grande sensibilità – è espressione.
E il brano, ha dichiarato la cantante, rappresenta il punto di incontro perfetto tra lei e Tony di cui apprezza la schiettezza e il coraggio di raccontare la sua vita.
In questa sua scelta c’é tutto il desiderio di “tendere la mano a chi sta compiendo un cambiamento nella direzione di volere essere capito e portarlo chissà anche sul palco di “Uno, Nessuno e Centomila”.
Peraltro, Tony con “Damme ‘na mano” ricorda sia nel contenuto che nell’atmosfera i versi di Califano, che cita apertamente chiaramente rivisitandolo in chiave trap.
Tony però con il suo atteggiamento da bulletto danneggia se stesso e le sue grandi potenzialità canore, che sono convinta abbia, oltre al suo indiscusso fascino da “malamore”.
Bresh, grande scoperta di Sanremo – almeno per me – proviene dal collettivo genovese Drilliguria, si tratta di una crew wave caratterizzata da flow continuo e testi di ispirazione cantautorale, con svariati riferimenti a grandi artisti della stessa regione, come Fabrizio De André.
In questo genere Bresh si distingue per la sua scrittura semplice e diretta, comprensibile fin dal primo ascolto, una voce vivace accompagnata da una melodia morbida che si adatta a tutti i cambiamenti emotivi della musica.
Rap ligure che pur ispirandosi alla trap di Atlanta e alla grill di Chicago sente forte il legame con le proprie origini e quindi con Fabrizio De André, Luigi Tenco e Gino Paoli, pertanto era naturale che scegliesse di duettare con Cristiano De Andrè portando sul palco l’inno di liguri, dove – pure per chi non comprende il dialetto genovese – è possibile annusare l’odore del mare, vedere i marinai e percorrere i vicoli stretti che dividono la città. Toccante l’omaggio a Fabrizio D’Andrè con il bravissimo figlio Cristiano.
I problemi tecnici visti in trasmissione erano già presenti durante le prove, dove la fretta di stare nei tempi ha avuto la meglio sull’educazione di Cristiano che più volte li ha fatti notare.
Brunori Sas con Di Martino e Riccardo Sinigallia ha scelto tra i brani di Lucio Dalla quello che da un lato li univa e dall’altro era uno dei più iconici e popolari, con la consapevolezza che il proporre qualcosa come “L’ anno che verrà” che è tanto conosciuto e amato era particolarmente rischioso, perché parte patrimonio dell’immaginario collettivo e quindi di ciascuno e come tale intoccabile. Infatti l’esibizione non mi ha convito.
Clara con Gianluca Ginoble ha già fatto le prove generali all’Arena di Verona nell’estate del 2024 dove hanno emozionano il pubblico sulle note di “Say Something”, e grazie all’esperienza vissuta in quell’occasione lei ha pensato a Il Volo quando a dicembre bisognava individuare il cantante per il duetto. La scelta poi di “The sound of Silence” con il senso dell’incomunicabilità è assolutamente attuale in una società come la nostra in cui il rumore continuo e l’iperattività sovrastano le parole che nessuno ascolta. La voce di Clara però si è persa tra quelle più potenti dei tre ragazzi de Il Volo.
Accanto ai Coma Cose nella serata delle cover Johnson Righeira con l’hit 1985 “L’estate sta finendo”, un brano che quest’anno compirà 40 anni ma che i due abituati a mash up di generi diversi hanno reinventato. In Sala Stampa e al Teatro Ariston hanno fatto ballare tutti.
Fedez con Masini ha proposto la famosa “Bella stronza” e, dato il gossip che ha preceduto l’inizio di Sanremo, la domanda che tutti si sono posti è a quale delle due donne della vita del cantante sia rivolto l’epiteto.
Si tratta di una versione definita dai due come 2.0 pur senza avere modificato nulla del testo originario ma hanno affiancato allo stesso strofe nuove scritte per l’occasione da Federico che così ha modificato l’intenzione alla base.
Ho apprezzato molto il testo di Fedez e la credibilità con cui l’ha cantato nonostante il suo stato di sofferenza manifestato sia durante le prove che nel corso dell’esibizione serale.
Attesa per la coppia Francesca Michelin e Rkomi, che hanno già lavorato insieme in X Factor 2023, con la loro versione di “La Nuova Stella di Broadway” di Cesare Cremonini, che peraltro non ha mai partecipato alla competizione sanremese. Alla ballata acustica in chiave retrò hanno dato una veste moderna, come promesso, frutto dell’incrocio tra il pop e il rap . Bella l’energia della Michielin che non ha mollato nonostante la caviglia fasciata.
Francesco Gabbani ha scelto di duettare con Tricarico perché le sue canzoni meritano di essere riscoperte, esse sono apparentemente semplici così da consentirne più livelli di lettura.
“Io sono Francesco” poi, secondo Gabbani, per il tema trattato di trasformare le difficoltà in opportunità si lega con un filo rosso alla sua canzone in gara quest’anno. Interpretazione molte piacevole perché Gabbani è positivo e solare sia sulla scena che fuori.
La vittoria dei duetti a Giorgia e Annalisa ha lasciato un po’ stupiti rispetto agli altri, come ad esempio Rocco Hunt e Clementino e il loro omaggio a Pino Daniele. Sono due artisti maturi, padroni del palcoscenico e del loro pubblico, capaci di coinvolgere e far ballare al ritmo del loro rap.
Non ci resta ora che aspettare la serata finale e vedere chi vincerà questo 75° Festival, perché Sanremo è Sanremo!