Napoli. Un dialogo incessante, un’ispirazione che non si concretizza in una mera copia ma nella rielaborazione matura, nel tributo autentico. Un amore per la civiltà greco-romana che si sublima nel prosieguo dei modelli che affascinano a distanza di secoli. Antonio Canova torna a Napoli e lo fa attraverso la sua arte, il tratto distintivo che gli permise di essere apprezzato dai contemporanei e che lo ha consegnato con fermezza ai posteri. Il Museo Archeologico Nazionale di Napoli (MANN) ha aperto le sue porte a colui che è stato definito “l’erede di Fidia”, all’artista che ha amato la scultura classica a tal punto da basare su di essa la propria vita professionale. Dal 28 marzo al 30 giugno il MANN ospita la mostra dal titolo “Canova e l’Antico” consentendo al pubblico di ammirare oltre 100 opere riconducibili al maestro trevigiano: un evento senza precedenti reso possibile grazie alla sinergia del MANN con il Museo Statale Ermitage di San Pietroburgo e con il sostegno della Regione Campania, con il patrocinio del Comune di Napoli, della Gypsotecha Museo Antonio Canova di Possagno e del Museo Civico di Bassano del Grappa insieme a Ermitage Italia.
Sculture in marmo e calchi in gesso, certo, ma anche modellini, bassorilievi, dipinti e tempere per offrire una panoramica a 360 gradi dell’iter artistico di Canova. Un percorso che si articola su due piani con una scelta espositiva ben precisa, ovvero collocare la “modernità” del Settecento nella classicità che contraddistingue i capolavori presenti all’interno del MANN, senza operare confronti ma avendo come unico fine quello di mostrare quanto gli insegnamenti dei suoi predecessori siano stati acquisiti e rielaborati da Canova.
Impossibile non restare abbacinati dalla perfetta bellezza e dal movimento plastico de “Le Tre Grazie”, di “Amore e Psiche stanti”, di “Ebe” dove la purezza del marmo bianco diventa forma divina, il blocco di pietra si sgretola, abbandona la sua staticità e assume la morbidezza della carne viva. Non meno importante la presenza dei delicati calchi in gesso tra cui si annoverano il “Teseo vincitore del Minotauro” e “l’Amorino Campbell” fino ad arrivare alle 34 tempere su carta con fondo nero, provenienti dalla casa di origine di Canova, e raffiguranti ninfe e muse colte in momenti di diletto, scene che traggono chiara ispirazione dalle pitture pompeiane. A partire dal 25 aprile, inoltre, la varietà dei capolavori in mostra è stata arricchita dall’arrivo de “La Pace”, una scultura alta quasi tre metri proveniente da Kiev: un pregevole prestito di cui andare davvero fieri.
Come nacque in Canova questo amore per la classicità? Per scoprirlo è necessario fare un passo indietro e parlare del soggiorno campano dell’artista. Canova conobbe l’arte classica grazie all’illuminante viaggio che lo portò a visitare Pompei, Ercolano e Paestum nel 1780 e che gli consentì non solo di studiare dal vivo quell’arte leggendaria ma anche di entrare in contatto con alcuni dei sostenitori più fervidi del ritorno alla classicità. Ma l’amore per la “Campania felix” e per Napoli accompagnerà l’artista anche negli anni seguenti quando l’infatuazione giovanile si tramuterà in sentimento maturo grazie alle numerose commissioni che gli giungeranno dall’aristocrazia locale e persino dal re Ferdinando IV di Borbone che volle farsi raffigurare dall’artista.
Un sentimento sincero e privo di pedissequa imitazione quello che legò Canova all’arte classica, da cui scelse di trarre unicamente ispirazione rielaborando quei modelli divenuti ormai baluardi dell’arte.
La mostra è un unicum soprattutto per l’ininterrotto dialogo tra l’artista e i suoi modelli, un dialogo che diventa tangibile e non solo teorico dinanzi agli occhi dell’osservatore. Pensiamo all’emozione che avrebbe provato Canova se avesse potuto intuire che nel XXI secolo la sua Napoli gli avrebbe tributato un simile privilegio: le sue opere insieme ai capolavori realizzati dai maestri che gli avevano indicato la strada da percorrere. L’antico che ispira e che viene rielaborato dall’arte moderna senza sovrastarla, ma indicandole semplicemente la via da seguire. Ecco perché Canova non volle mai realizzare copie perché il solo concetto di “copia” era in antitesi con l’arte da cui traeva linfa.
I profani, però, si limitano alla gaudente visione che regala l’opera ignorando il duro lavoro che si cela dietro ogni singolo soggetto. Canova era solito partire dai bozzetti di creta dove la sua prima intuizione veniva fissata per poi essere trasferita e perfezionata sul gesso. Successivamente, dell’opera veniva realizzato un modello in creta che al suo interno celava una struttura in ferro. A sua volta la creta veniva ricoperta dal gesso e asportata mentre il gesso colava all’interno della matrice che poi veniva distrutta. A partire da questo momento i collaboratori di Canova potevano procedere con la sbozzatura del marmo e consegnare l’opera a Canova che, servendosi solo del chiarore di una candela, avrebbe messo in atto la fase finale.
Ci sembra opportuno spendere qualche doverosa parola per il MANN, fiore all’occhiello della città di Napoli e museo tra i più prestigiosi al mondo per la ricchezza e la preziosità delle meraviglie che possiede. Carlo III di Borbone, che promosse i lavori di scavo a Pompei ed Ercolano, decise di prelevare da Roma e Parma la collezione appartenuta alla madre, Elisabetta Farnese, e di trasferirla a Napoli all’interno di un singolo edificio. Fu però Ferdinando IV, figlio di Carlo, che rese concreto questo progetto riunendo le opere ereditate dalla nonna nell’attuale struttura che, nel corso del Settecento e dell’Ottocento, fu interessata da numerosi lavori. Finalmente, nel 1860, il Museo fu riconosciuto di respiro nazionale e nel tempo le sue collezioni si sono arricchite in modo esponenziale soprattutto grazie ai reperti provenienti da ogni angolo della Campania e dell’Italia Meridionale, senza tralasciare le collezioni private. Al suo interno sono custoditi capolavori del calibro de “La battaglia di Isso” (noto anche come “Il mosaico di Alessandro”) rinvenuto nella Casa del Fauno di Pompei; “I Corridori” della Villa dei Papiri di Ercolano; gli affreschi, le pitture e le sculture di carattere erotico contenute nel Gabinetto Segreto; i reperti egizi, gli avori e i vetri di epoca romana.
Le parole non possono rendere in pieno la ricchezza espositiva contenuta all’interno del MANN, una varietà artistica che ha consolidato nel tempo la fama di questo celebre complesso museale del Sud Italia.
L’arte è emozione, vibrazione del cuore, nutrimento per la mente e per l’anima. E noi siamo certi che Canova e il MANN sapranno soddisfare totalmente questa esigenza spirituale.