Milano. Presentato al Napoli Teatro Festival nello scorso mese di luglio arriva a Milano, al Teatro Gerolamo il 4 e 5 ottobre, una nuova produzione di Casa degli Alfieri/Teatro di Dioniso, scritto da Eleonora Mazzoni, interpretato da Nunzia Antonino e Marco Grossi, con la regia di Carlo Bruni.
Fra il 1953 e il ’54 Elsa Schiaparelli, fra le più grandi stiliste di tutti i tempi, decide di concludere il proprio itinerario artistico e professionale, pubblicando un’autobiografia che già nel titolo ne riassume l’intensità: “Schocking life”. Nata a Roma, in una famiglia colta e ricca di talenti, protagonista di quella rivoluzione del costume che avrebbe ispirato molte generazioni future, amica e collaboratrice di Dalì, Cocteau, Aragon, Ray, Clair, Duchamps, Sartre, ha vestito Katharine Hepburn, Lauren Bacall, Greta Garbo, Marlene Dietrich, Mae West. Più vicina all’arte che all’artigianato la Schiaparelli chiese alle donne di osare, di essere creative e uniche. Le invitò a conoscere se stesse, allontanandosi dai condizionamenti esterni, ad avere coraggio.
“Schiapparelli life” intercetta Elsa nell’ultimo periodo della sua vita quando, chiusa la maison, recuperata una dimensione famigliare, redigerà la propria autobiografia. Traendo spunto da un suo reale rapporto con due governanti, lo spettacolo mette in relazione Elsa con un “maggiordomo” impegnato nell’assisterla e di volta in volta diventa nemico, complice, infermiere, servo, figlio… figlia. In compagnia forse soltanto di un fantasma o di una proiezione della solitudine, Elsa ripercorre la sua vita, quando, da poco finita la prima guerra mondiale e ancora lontana la seconda, aveva l’impressione che tutto fosse possibile, e che potesse bastare il talento e l’impegno per vivere liberi e felici. Rievoca i suoi successi professionali, le sue intuizioni, la sua arte, la sua idea di bellezza, ma anche le fatiche dell’inizio, il prezzo pagato per l’ambita libertà e le scelte dolorose. Lei che, abbandonata dal marito mentre era incinta, ha fatto crescere la sua unica figlia (Gogo), poliomielitica, in collegi rinomati ma lontani, accettando lunghe separazioni per poter continuare a lavorare.
“Sottraendoci a un indirizzo meramente narrativo, puntiamo all’evocazione del carattere e della storia della Schiaparelli, attraverso l’esercizio di una relazione inventata: intima ma non intimista; concreta ma non naturalista. Consapevoli della difficoltà che comporta l’uso dell’immagine, il lavoro comprende una componente visuale, non didascalica, concepita come espansione del sorprendente immaginario di questa artista”.