Livorno. È stata presentata oggi, alla presenza del sindaco Luca Salvetti, dell’assessore alla cultura Simone Lenzi, del curatore della mostra Marc Restellini e del coordinatore del progetto Sergio Risaliti la mostra “Modigliani e l’avventura di Montparnasse. Capolavori dalle collezioni Netter e Alexandre”.
L’esposizione, fortemente voluta dal Comune di Livorno, ha l’obiettivo di far ritornare nella sua città natale “Dedo” in occasione del centesimo anniversario della sua scomparsa. Era il 22 gennaio 1920 quando Amedeo Modigliani è ricoverato, incosciente, all’ospedale della Carità di Parigi dove muore, due giorni dopo, all’età di 36 anni, di meningite tubercolare, malattia incurabile al tempo, che era riuscito, miracolosamente, a sconfiggere vent’anni prima. Il giorno della sua morte Parigi e il mondo intero perdono uno dei più grandi artisti di tutti i tempi. Con il suo stile inconfondibile era riuscito a rendere immortali i suoi amici, le sue compagne e amanti, i collezionisti e i volti ‘eroici’ dei figli della notte parigina.
Nei quartieri di Montparnasse e di Montmartre, Modigliani aveva stretto amicizia con Guillaume Apollinaire, Chaïm Soutine, Paul Guillaume, Blaise Cendrars, Andrè Derain e Maurice Utrillo ed era da tutti ammirato per la sua cultura, il suo fascino e il suo carisma. Egli incantava per il suo talento geniale e l’approccio intransigente all’arte, per la sua bellezza e per la sua passionalità mediterranea. La sua vita era però anche prigioniera dell’alcol e delle droghe, Modigliani non si risparmiava e sfidava ogni giorno la morte cercando nell’arte una via di fuga al suo tragico destino.
Grande rivale di Modì, così era conosciuto Amedeo a Parigi, era Pablo Picasso, che il pittore di Livorno ammirava e odiava. Picasso era però affascinato dal giovane artista italiano, e dalle sue opere in cui si rispecchiava tutta la bellezza dell’arte rinascimentale espressa con un linguaggio assolutamente moderno.
Nonostante la vita “sopra le righe”, le tanti amanti, tra le quali le poetesse Anna Akhmatova e Beatrice Hastings, la sua energia e giovinezza, Modigliani non può sfuggire alla morte. Una tragedia che provocò forte turbamento nell’intera avanguardia parigina. E se tutto ciò non bastasse, anche la sua giovane compagna, Jeanne Hébuterne, artista di talento che tutti adoravano, decide di accompagnarlo nella morte, nonostante aspettasse il secondo figlio da Amedeo. Con una conseguenza immediata: la nascita di una leggenda che trasformerà Modigliani in un personaggio leggendario, in una emanazione evanescente e scandalosa di un mondo bohémien, che nei suoi ritratti e nei suoi nudi riconoscerà il senso della propria estrema vitalità mista a tedio e profonda fatale malinconia.
L’esposizione “Modigliani e l’avventura di Montparnasse. Capolavori dalle collezioni Netter e Alexandre”, è organizzata dal Comune di Livorno insieme all’Istituto Restellini di Parigi con la partecipazione della Fondazione Livorno. E’ curata da Marc Restellini con il coordinamento di Sergio Risaliti ed offre al pubblico l’occasione di ammirare ben 14 dipinti e 12 disegni di Modigliani raramente esposti al pubblico.
Per celebrare il centenario della morte del pittore, sono eccezionalmente riuniti nelle sale del Museo della Città, i dipinti e disegni appartenuti ai due collezionisti più importanti che lo hanno accompagnato e sostenuto nella sua vita. Paul Alexandre, primo fra tutti, che era al centro di un legame tra Livorno e Parigi, che lo ha sostenuto al suo arrivo a Parigi e che lo ha aiutato nel progetto scultoreo delle Cariatidi oltre che durante i suoi ritorni a Livorno nel 1909 e 1913. Ma anche e soprattutto Jonas Netter che ha riunito, come un esperto e geniale collezionista, i più bei capolavori del giovane livornese. Tra le opere in mostra sarà visibile il ritratto “Fillette en Bleu” del 1918, opera di grandi dimensioni che raffigura una bambina di circa 8-10 anni il cui vestitino e il muro retrostante sono dipinti di un delicato colore azzurro, in un ambiente ricolmo di dolcezza e innocenza; il ritratto di “Chaïm Soutine” del 1916, suo caro amico durante gli anni parigini più difficili, seduto con le mani appoggiate sulle ginocchia, dove si percepisce la grande sintonia tra i due e la stima che Soutine provava per Modigliani; il ritratto “Elvire au col blanc” (“Elvire à la collerette”) dipinto tra il ’18 e il ’19 raffigurante la giovane Elvira, ritratta da Modigliani ben quattro volte, due da vestita e due nuda, conosciuta ed ammirata a Parigi per la sua folgorante bellezza e per il suo caldo temperamento italiano; il ritratto “Jeune fille rousse” (“Jeanne Hébuterne”) del 1919, che ritrae la bella Jeanne Hébuterne di tre quarti mentre si rivolge allo spettatore in un atteggiamento pieno di naturalezza ed eleganza e capace di catture l’attenzione con suoi profondi occhi azzurri. Dei disegni si possono ammirare alcune Cariaditi tra i quali la “Cariatide” (“bleue”) del 1913. Il disegno appartiene al secondo ciclo che, a differenza del primo – costituito da studi per sculture ispirate all’arte primitiva – non è uno schizzo preparatorio, ma un’opera a sé stante dove la figura femminile è più rotonda e voluttuosa con contorni più sfumati e colorati.
Insieme alle opere di Modigliani sono esposti, inoltre, un centinaio di altri capolavori, anch’essi collezionati da Jonas Netter a partire dal 1915, opere rappresentative della grande École de Paris. Tra queste si potranno ammirare i dipinti di Chaïm Soutine come “L’Escalier rouge à Cagnes”, “La Folle”, “L’Homme au chapeau” e “Autoportrait au rideau”, eseguite dal 1917 al 1920, che ben rappresentano la poetica dell’artista e la sua maniera di rappresentare la realtà in modo atemporale e come espressione di tragedia interiore. Nell’”Autoritratto”, in particolare, Soutine si mette alla prova nel ritrarsi come i grandi artisti del passato, che tanto ammirava, in una posa quasi anonima e con lo sguardo senza rughe ma preoccupato, con le mani fuori dal campo, la cui faccia, con i piani irregolari, emerge da una sciarpa verde; opere di Maurice Utrillo come “Place de l’église à Montmagny”, “Rue Marcadet à Paris”, “Paysage de Corse”, dipinti dove gli spazi sono sereni e dove tutto è calmo e silenzioso, dove nulla traspare dei suoi soggiorni negli ospedali psichiatrici per tentati suicidi legati alla dipendenza dall’alcol; opere di Suzanne Valadon come le “Trois nus à la campagne”, con donne nude in aperta campagna, tema molto caro a Renoir e a Cézanne oltre che ad Andrè Derain che con “Le Grand Bagneuses” ha realizzato un’opera considerata uno dei capisaldi dell’arte moderna e dipinti come “St.tropez” e “Portrait d’homme” (Jonas Netter) di Moïse Kisling, artista polacco che ci ha lasciato uno dei ritratti più emblematici del collezionista Jonas Netter.
Livorno attendeva da un secolo questa mostra.
Qui, Amedeo, si era formato artisticamente studiando i macchiaioli, qui si era ammalato per la prima volta gravemente ed era riuscito miracolosamente a guarire fino alla partenza per Parigi, centro nevralgico della scena e del mercato artistico, dove ebbe modo di esprimere il suo straordinario talento. Nella Ville Lumière, immergendosi nell’avanguardia artistica di allora, Amedeo aveva trovato l’energia necessaria per essere invincibile, come artista, come demiurgo e come detentore di verità e di conoscenza, alla pari dei più grandi del suo tempo. Era quasi riuscito a nascondere a sé stesso la malattia, la dipendenza, l’inesorabile destino. La sua cultura, la sua erudizione, il suo talento, il suo fascino e il suo carisma fecero il resto. Ma a Livorno Modigliani restò sempre legato, tanto da tornarci più volte nel corso della sua breve vita.
Per il curatore, Marc Restellini: “La mostra è un ritorno a casa, sono felice di questa occasione e ringrazio e mi complimento con tutta l’Amministrazione per il coraggio e la rapidità delle scelte. Non poteva esserci decisione migliore di portare la mostra di Modigliani nella sua città nell’anniversario del centenario della morte. Qui a Livorno Amedeo Modigliani ha sviluppato la sua capacità creativa e lo spiritualismo ebraico e qui a Livorno mi auguro che la storia, e non solo il mercato, possano approfittare di questa meravigliosa opportunità per dargli la giusta posizione nella storia dell’arte occidentale”.
Anche per il Sindaco Luca Salvetti la mostra è un’occasione unica e irripetibile: “Dedo è tornato a Livorno, nella sua città, dove è nato, è cresciuto e si è formato. E Livorno si è preparata ad ospitare tutti coloro che verranno a salutare il grande pittore. Piazza del Luogo Pio, che accoglie il Museo della Città dove è allestita la mostra, si è fatta bella e sarà un piacere attraversarla. Ha cambiato aspetto ed è diventata una vera e propria piazza europea con area pedonale, manto erboso, alberi e un grande portale alto 6 metri e largo 8 a forma del logo del Museo della Città, passaggio attraverso il quale si accede alla mostra. Il 24 gennaio prossimo ricorrono i 100 anni della morte di Amedeo Modigliani e Livorno saprà rendere omaggio al suo cittadino più conosciuto, uomo che ha rotto gli schemi razionali e conservatori del suo tempo e che ha dedicato la sua breve vita alla ricerca di una personale dimensione artistica. Nei suoi famosi ritratti Modigliani trasferiva gli aspetti psicologici dei personaggi che rappresentava, trascorreva molte ore con i soggetti prima di dipingere, cercando, appunto, di capire il profilo interiore di chi aveva di fronte. Modigliani, ebreo e di cultura raffinata, rispecchiava a pieno il carattere del livornese, dissacratore e pronto alla battuta ironica, intelligente ed elegante, ricco di fascino. Un artista che ha cercato sempre di affermare la sua indipendenza artistica, scegliendo anche di abbandonare la scuola Macchiaiola livornese in cui era cresciuto, per trasferirsi a Parigi.Questa mostra è un’occasione unica e irripetibile. Un evento che per Livorno ha una valenza eccezionale. Amedeo Modigliani torna nella sua città natale. Avrebbe voluto farlo in quel lontano 1920, in cui la vita lo ha lasciato, avrebbe voluto tornare a vivere a Livorno con la sua Jeanne. Lo aveva detto agli amici pittori, a Parigi in molti sapevano. Ma la sorte ha avuto altre mire per lui. A 100 anni dalla morte siamo riusciti, con grande coraggio, a far tornare l’anima di Dedo nella sua città. Anima rappresentata dalle sue opere, le più belle, che per tre mesi troveranno dimora nelle sale del Museo della Città. Qui abbiamo creato un nuovo allestimento, da usare per successive mostre: sarà come un abito elegante da sfoggiare nelle situazioni più belle.Sono certo che Livorno risponderà con grande partecipazione, recuperando l’identità culturale che l’ha contraddistinta nei secoli scorsi. Vogliamo che intorno a questo grande evento ne nascano tanti altri dello stesso spessore artistico e culturale. La città ha abbracciato Amedeo Modigliani organizzando numerosi eventi collaterali che faranno da cornice alla mostra fino al 16 febbraio e proseguiranno per tutto il 2020, anno in cui si celebra il centenario della morte dell’artista.Inoltre, durante la mostra, personaggi conosciuti del mondo culturale, spettacolare, sportivo verranno, di loro spontanea volontà, a rendere omaggio a Modigliani e visiteranno la mostra in compagnia del pubblico. Stiamo ricevendo molte rischieste da tutta Italia e dall’estero. Visiteranno la mostra : Paolo Virzì, Carlo Conti, Massimiliano Allegri, Eva Giovannini, Amanda Sandrelli, Kim Rossi Stuart, Francesco Bruni, il cantante Mika, Aldo Montano, Stefano Bertezzaghi, Leonardo Pavoletti, Irene Vecchi, Andrea Baldini. Igor Protti. A questi si aggiungeranno molti altri nomi”.
Come afferma, inoltre, Simone Lenzi, Assessore alla cultura del Comune di Livorno: “Questa mostra ha per la città di Livorno un valore storico. L’aggettivo non sembri eccessivo, perché la storia funziona così: stabilisce degli appuntamenti a cui dobbiamo avere il coraggio di presentarci. Il Centenario della morte di Modigliani è uno di questi. O meglio, è l’appuntamento a cui, finalmente, non possiamo più mancare. Il valore di questa mostra è allora quello di una celebrazione importante, ma non solo. Serve a dare il bentornato a Amedeo Modigliani, o meglio, a “Dedo”, nella città in cui è nato e cresciuto. Ma serve anche a mettere fine a quel lungo fraintendimento, generato dai cascami di un romanticismo d’accatto e da leggende posticce, che ha distorto, fino a renderlo irriconoscibile, il profondo rapporto di filiazione fra Livorno e questo suo figlio che era destinato a diventare il pittore più straordinario del Novecento. Crediamo infatti che la città che era rimasta negli occhi e nel cuore di Modigliani fosse fatta di una luce precisa. Di alcuni scorci di strada, di amici di gioventù, di compagni di scuola. Di una specifica spiritualità ebraico-sefardita, di vividi ricordi familiari. Di tante cose che, a partire da questa mostra, andranno finalmente raccontate come parte di un’unica storia, per quanto ancora si riverbera nel presente. Intanto mi piace ricordare che, proprio negli anni in cui Modigliani lasciava un segno indelebile nella storia della pittura, il poeta Reiner Maria Rilke, con una impressionante precisione, descriveva l’infanzia come il tempo in cui “eravamo fino all’orlo colmi di figure”. A spiegarci, insomma, che quelle figure sono precisamente ciò in cui duriamo per tutta la vita. Sia dunque che si resti a vivere in una città di provincia, che ha però, sin nelle origini, una storia di straordinaria modernità cosmopolita, sia che si parta per stupire il mondo in uno studiolo d’artista a Montparnasse, quella pienezza di immagini in cui siamo nati e cresciuti è destinata a determinare per sempre il nostro sguardo. E quello sguardo, che qui originava, qui oggi ritorna”.