Milano. Originario della Siberia, SLAVA ha compreso che l’originalità del suo spettacolo risiedeva nell’elemento che lo aveva accompagnato dalla nascita: la neve. Così, ispirandosi al paesaggio e alle leggende della sua terra, ha creato una performance in cui poesia ed effetti speciali trovano la sintesi ideale. SLAVA considera il suo SNOWSHOW come un work in progress, che ad ogni stagione si arricchisce di nuove scene, idee, invenzioni, effetti e personaggi.
Il suo clown, tenero e romantico, in tuta gialla da lavoro e pantofole rosse, è nato prendendo spunto dalla tristezza poetica dei clown di Leonid Engibarov, dalla raffinata filosofia della pantomima di Marcel Marceau, dall’umanità e dalla comica amarezza dei film di Chaplin, che SLAVA considera suoi maestri.
Gioia, buonumore e un pizzico di malinconia si rincorrono sul palcoscenico con i fiocchi di neve, le bolle di sapone e i palloncini colorati sospinti da un vento di tempesta o fatti rimbalzare tra il palcoscenico e la platea, in un gioco che coinvolge i clown e il pubblico.
Uno spettacolo per tutti (consigliato a partire dagli 8 anni), perché anche gli adulti tornano bambini, trascinati dalla vitalità degli artisti, che alternano gag e comicità esplosiva a momenti di poesia struggente e malinconica.
“Un giorno ho capito che volevo creare uno spettacolo che ci potesse riportare ai nostri sogni di bambini, che potesse aiutare le persone adulte che venivano a teatro a tornare alla loro fanciullezza di una volta… Questa era la sfida: ho sentito di aver trovato la strada di una nuova terra inesplorata e affascinante. Ho deciso di inoltrarmi in un sentiero intrapreso da pochi clown prima, in campi nei quali non ti aspetteresti mai di trovare un clown!
Volevo andare a fondo nell’ambito della tragicommedia, per capire come fondere il dramma con la risata, per misurare come un personaggio mite e indeciso può mostrarsi al pubblico di oggi, abituato a un caleidoscopio di eventi, colori, suoni, “spazi-tempi”. Desideravo che il mio personaggio fosse epico e lirico, tenero e travolgente, sveglio e naif”.
“Ho iniziato a rallentare il ritmo, a dare significato ai gesti minimi che ora per me erano molto più espressivi e colorati che pomposi o solenni. Divenni un appassionato dei “gesti non – finiti”, interrotti, congelati come da un improvviso pensiero.
Anche il mio personaggio è evoluto. I regolari tondi bianchi di sorpresa intorno agli occhi e alla bocca furono sostituiti da forme nere e confuse, il costume di scena diventò largo e trasandato. Il mio gentile e commovente Assissai è cresciuto con me, diventando pensieroso ed esitante”.