Napoli. Dal 7 al 12 gennaio, al Teatro Bellini di Napoli, andrà in scena “Antigone” di Sofocle, traduzione e adattamento di Laura Sicignano e Alessandra Vannucci. All’indomani di una guerra civile, Creonte re di Tebe deve riportare la pace tra le macerie attraverso un editto: il sovrano condanna a rimanere insepolto il cadavere di Polinice, uno dei fratelli contendenti. Creonte come nuovo regnante è consapevole che il suo dovere ora è sancire il confine tra vincitori e vinti, tra buoni e cattivi, scrivendo la Storia con la Ragion di Stato e sradicando ogni possibile focolaio di ribellione. Si oppone a queste leggi una giovane, Antigone, senza odio personale, in nome di un giustizia umana che precede e supera le leggi. Antigone è la diversa e l’eccezionale: come figlia di un incesto, per il destino di profuga a cui la condanna il padre cieco Edipo, per essere sorella di due fratricidi, per la forza della sua ribellione femminile. E’ lei a scatenare il conflitto irrisolvibile con Creonte, ponendosi perciò in pieno nel destino tragico che ha contrassegnato la stirpe dei Labdacidi. La pietas di Antigone la pone ora come estranea alle leggi della città, in diretto contatto con le leggi degli dei e dei morti. Madonna pagana piangente sul corpo del fratello, celebra il rito e diventa pericolosamente anarchica. Creonte e Antigone si fronteggiano in enormi solitudini, a costo di perdere ogni felicità.
Laura Sicignano sceglie di portare in scena l’Antigone privilegiandone l’azione e la relazione rispetto alla dizione: la drammaturgia si intreccia con il suono e la musica dal vivo, lo spazio astratto e visionario richiama macerie di palazzi sventrati, evoca scenari mediorientali di guerre infinite, tecnologia e miseria. Un’Antigone, dunque, fedele a Socrate al testo nei suoi contrappongono la parola del potere e quella della ribellione, la pietas dei giovani – che giunge agli estremi del cupio dissolvi – contro la Ragion di Stato degli adulti. Da Sant’Agostino a Leibniz, da Voltaire ad Hannah Arendt, l’idea del male minore ha percorso il pensiero morale occidentale. Antigone nel momento in cui si affaccia alla vita adulta, preferisce trasformarsi in martire in nome di una radicale negazione del mondo. I giovani di questa tragedia si immolano. Il vuoto dei padri inghiotte quello dei figli, in un vortice che implode davanti agli occhi del mondo. Tutti i personaggi invocano gli dei, ma non arriverà alcun deus ex machina a riportare la pace, innanzitutto per affrontare il mito in una terra – la Sicilia – che si è nutrita di grecità e che si dibatte quotidianamente tra potere e strapotere, ribellione e anarchia, eroi del bene e del male, fiera di un’identità, frutto di una stratificazione di popoli. Per riflettere su questi temi e renderne l’universalità, miei primi compagni di viaggio saranno un attore siciliano di tradizione classica – Sebastiano Lo Monaco – nei panni di Creonte, contrapposto ad un’Antigone – Barbara Moselli – che pur provenendo da una scuola classica, si è mossa spesso nei teatri di frontiera. Accanto attori concreti e creativi, capaci di padroneggiare corpo e parola, provenienti dalla Sicilia, ma con esperienze nazionali alle spalle.