Roma. Dall’8 al 31 gennaio al Teatro Eliseo di Roma andrà in scena lo spettacolo dal titolo “Lettera da una sconosciuta”di Stefan Zweig per la regia di Angela Bandini.
Vienna 1922. Un affascinante scrittore viennese, di ritorno da una vacanza, nel giorno del suo compleanno, trova, tra le altre, una lettera con una strana intestazione: “a te, che mai mi hai conosciuta”. Dapprima incuriosito, poi via via più perplesso, ma anche affascinato inizia a leggere e scopre l’amore assoluto di una donna nei suoi confronti, che la sta portando alla morte.
È la donna che racconta, in prima persona, accanto al letto del suo bambino morto, la nascita e lo sviluppo di questo sentimento nei suoi confronti. Bambina di tredici anni, vede arrivare, un giorno, in un modesto condominio di Vienna, questo signore affascinante, da cui si sente immediatamente attratta. Prima di lui sono arrivati i suoi libri, i suoi quadri, le sue statue, i suoi mobili che hanno rivelato ai suoi occhi di adolescente, un mondo sconosciuto, raffinato, che mai le è appartenuto. Da questo momento in poi, la bambina dedica ogni istante della sua vita a spiare i movimenti dell’uomo, ad ascoltare le voci che provengono dal suo appartamento, senza ricevere nulla dall’uomo, se non sguardi distratti e un tiepido sorriso. Costretta, per vicende familiari, ad allontanarsi da Vienna, vivrà con l’angoscia e il sogno di tornare.
Finalmente torna e questa volta gli appostamenti notturni, consumati nelle notti gelide, ottengono il riconoscimento sperato. L’uomo la nota e, conquistato dalla sua grazia, trascorre con lei tre notti d’amore. Il risultato sarà un bambino, la cui esistenza terrà celata all’uomo. Diventerà una mantenuta per provvedere a lui.
Torneranno a trascorrere, dopo qualche tempo, un’altra notte insieme, senza che l’uomo si ricordi minimamente del loro precedente incontro. Infine il bambino si ammala e muore e lei è sul punto di seguirlo. Solo a questo punto decide di raccontare all’uomo, in una lettera, questo amore estremo. Tale lettera verrà spedita da lei e quindi letta da lui, solo dopo la sua morte. La lettera è il tentativo disperato di comunicare non solo il suo amore, quanto la volontà di affermare la sua esistenza. È il grido di chi non è mai stato riconosciuto in vita e che desidera essere riconosciuta, almeno da morta. L’aspetto però più profondo del racconto è la totale solitudine che la circonda. Questa donna è immersa nel silenzio dell’invisibilità. Invisibile anche a se stessa, non solo all’uomo.
Non è paradossale pensare che questa protagonista, altro non sia che un doppio dello stesso Zweig. Lo scrittore nato e vissuto nel mondo colto, cosmopolita, brillante, libero, che fu l’Austria del primo Novecento, vede esplodere tale mondo nelle macerie della prima guerra mondiale. L’ascesa del nazismo lo condanna all’allontanamento definitivo da quel mito e alla programmazione lucida del suicidio: Sono in giro per il mondo come una foglia al vento, o una nave in balia dei venti.
La protagonista è anch’essa una foglia al vento, in balia dei venti e cerca disperatamente di ancorarsi, inventando una storia d’amore totale, pura, un mito perfetto ed eterno. L’uomo, nella sua eleganza, bellezza, perfezione altro non è che l’incarnazione di questo mito.
“È la donna – spiega la regista Angela Bandini – a raccontare in prima persona la genesi e lo sviluppo di questo amore. È lei che srotola le fasi di questo percorso. Ritengo necessaria per la dialettica drammaturgica e teatrale, la presenza maschile, affidata ad una voce registrata. La voce maschile apre lo spettacolo, quasi che iniziando a leggere la lettera, in qualche modo, metta in scena la storia. Ci sono altri momenti in cui interverrà tale voce maschile. A volte vissuta come proiezione fantastica della donna, o come ricordo. Nel suo delirio amoroso è come se per lei fosse presente. Un fantasma, a tratti quasi tangibile, che prende corpo, dalle sue parole e dalle sue emozioni”.