“Gli sposi, Romanian tragedy” indaga la complessità del rapporto di coppia

Modena. Sabato 1 e domenica 2 febbraio, il Teatro delle Passioni di Modena ospita “Gli sposi, Romanian tragedy”, lo spettacolo di Frosini/Timpano.
A partire dal testo di David Lescot, Elvira Frosini e Daniele Timpano – premio Rete Critica 2012 e Premio Nico Garrone 2013 per il progetto speciale “Aldo morto 54” (54 giorni di repliche e di autoreclusione di Daniele Timpano in streaming in una cella ricostruita in teatro) – si confrontano con la storia di Nicolae Ceausescu ed Elena Petrescu, dittatori sanguinari della Romania.
Autori, registi e attori, Elvira Frosini e Daniele Timpano decostruiscono le narrazioni della Storia, analizzando la società a partire dall’immaginario e dalla coscienza contemporanei.
Gli sposi è la storia di un’ordinaria coppia al potere, Nicolae Ceausescu ed Elena Petrescu. Entrambi provengono dalla campagna e militano nel Partito Comunista. Niente sembra distinguerli dai loro compagni, tranne il fatto che sono meno dotati della media, creature senza smalto in un mondo senza orizzonte.
Dittatori capricciosi e sanguinari, questi Macbeth e Lady Macbeth della Romania hanno seminato la paura nel popolo rumeno per poi finire sommariamente giustiziati davanti alle telecamere, sotto gli occhi del mondo, il 25 dicembre 1989. Una tragedia romena.
“Sin dal 1989, anno della caduta dei Ceaucescu – commentano Elvira Frosini e Daniele Timpano – la narrazione che abbiamo sentito è stata quella di due dittatori comunisti che hanno messo in ginocchio il loro Paese per oltre vent’anni. Il testo di David Lescot parte da questa immagine sottolineando la mediocrità e l’assurdo, fino alla fine tragica ed ambigua: il processo sommario e la fucilazione in diretta TV. Una drammaturgia che lascia lo spazio per una lettura critica ulteriore: erano come ce li hanno raccontati? Che ne è stato del Comunismo? E qual è stato il destino della Romania? Abbiamo cercato di voler un po’ di bene a questi personaggi, tiranni cinici ma anche pensionati teneri e indifesi, verso i quali non si potesse non provare una impossibile empatia. Abbiamo così cercato di disseminare piccole crepe critiche, che potessero innescare domande sulla narrazione monolitica dell’Occidente capitalista e trionfante e su noi, che oggi facciamo parte di essa”.

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