Napoli. È un viaggio attraverso le profondità del mare quello che affronterete visitando la mostra “Thalassa, meraviglie sommerse dal Mediterraneo” all’interno del Salone della Meridiana del MANN, il Museo Archeologico Nazionale di Napoli. L’esposizione, inaugurata lo scorso 12 dicembre e visitabile fino al 9 marzo, punta lo sguardo sui tesori portati alla luce grazie all’archeologia subacquea, una branca del sapere umanistico ancora poco nota al grande pubblico.
I reperti, circa 400, sono stati portati in superficie a partire dagli anni Cinquanta del XX secolo ed appartengono a collezioni di respiro internazionale. Ma come presentare un’esposizione così particolare ad un visitatore che non possiede gli strumenti adatti per comprendere a fondo i misteri celati dalle acque? Attraverso un viaggio “per mare”, che ripercorra le insidie, i misteri, le speranze, le imprese coraggiose di quegli uomini comuni e di quegli eroi che hanno popolato i poemi classici. Un aspetto romantico, certo, ma la summa dei reperti in mostra è soprattutto il frutto di un lavoro alacre, costante nel tempo, che ha visto interagire team di altissimo livello in ambito scientifico, mossi principalmente dalla convinzione, che approviamo in pieno, che il Mare Nostrum sia un amalgama che unisce culture ed etnie diverse tra loro che condividono un’origine comune che affonda le radici in una storia millenaria.
Un’ampia mappa in 3D presenta i tesori custoditi dal Mar Mediterraneo e da essa si dipanano le nove sezioni: Tesori sommersi; I primi passi dell’archeologia subacquea; Relitti, Vita di bordo; Navigazione, mito e sacro; Il mare via dei commerci; Il mare e le sue risorse; Bellezza ed otium; Acque profonde, oltre ad un accurato approfondimento relativo al porto antico di Napoli venuto alla luce durante gli scavi per la realizzazione della metropolitana di Piazza Municipio.
L’Atlante Farnese del II secolo d.C., un autentico capolavoro marmoreo, rappresenta il fulcro del percorso e l’esposizione si apre con alcuni reperti di particolare pregio che rappresentano simbolicamente i ritrovamenti subacquei scoperti nel corso del tempo tra cui annoveriamo la copia della bellissima Testa di amazzone proveniente dal Parco Archeologico dei Campi Flegrei, la Testa bronzea del Filosofo di Porticello, contraddistinta da uno sguardo particolarmente penetrante e attualmente conservata presso il Museo Archeologico di Reggio Calabria, il “Tesoretto di Rimigliano” rappresentato da un cospicuo numero di monete in argento di epoca imperiale, una statuina in bronzo di rara fattura denominata il “Reshef” di Selinunte, il controrostro di una nave romana rinvenuto nel porto di Genova nel Cinquecento, il “Rilievo di Eracle e Anteo” risalente al II secolo a.C.
Presenti filmati che illustrano con dovizia di particolari i passi compiuti dall’archeologia subacquea a partire dagli anni Cinquanta fino ai nostri giorni, una disciplina che interagisce costantemente con la scienza e la tecnologia: i relitti di questa sezione sono rappresentati da elmi in bronzo, lucerne e dall’altare nabateo di Pozzuoli oltre a diversi ritrovamenti provenienti dal porto di Baia.
Per comprendere la cultura mediterranea è di fondamentale importanza l’attenta analisi dei carichi presenti sulle imbarcazioni in età antica e la mostra in oggetto presenta circa 30 reperti di tale natura, molti dei quali appartenenti al Museo Archeologico di Atene e concernenti gioielli e coppe in vetro di straordinaria fattura.
Altro aspetto affascinante è la conoscenza della quotidianità di coloro che solcavano i mari come oggetti per uso personale, flaconcini in legno utilizzati per conservare il collirio, ami da pesca, bacili: un mondo comune che è stato custodito per secoli sotto il pelo dell’acqua.
Prima di affrontare un viaggio ricco di insidie l’uomo dell’antichità era solito affidarsi alla benevolenza degli dei, sicuro che la protezione divina fosse la migliore armatura di cui dotarsi, ed ecco dinanzi ai nostri occhi il “Cratere con Naufragio”, risalente all’VIII secolo a.C., testimonianza degli oggetti di uso abituale nel corso dei riti propiziatori.
Il mare era anche emblema dei commerci di natura alimentare come dimostrano le anfore per il trasporto dell’olio o del garum, la celebre salsa romana a base di interiora di pesce, i lingotti di piombo e in orialco spesso menzionati da Platone.
Il Mediterraneo, però, era per gli antichi anche simbolo dell’otium, ovvero quell’assenza di impegni e occupazioni che consentiva di dedicarsi ad attività che nutrivano soprattutto lo spirito: ecco quindi salire in superficie alcune sculture rinvenute sui fondali della Grotta Azzurra di Capri o gli affreschi quasi eterei provenienti da Pompei ed Ercolano.
La conclusione del percorso espositivo è rappresentata da una camera immersiva che riproduce un’esperienza subacquea grazie a filmati effettuati a circa 600 metri di profondità e che consentono di conoscere parte dei reperti rinvenuti a Capri e a Palinuro ma anche in Sardegna e in Liguria.
La mostra “Thalassa”, termine greco che indica appunto il mare, è nata soprattutto con l’intento di creare una rete che unisse saldamente soggetti pubblici e privati che hanno consentito questa esposizione con un occhio di riguardo per la necessità di tutelare adeguatamente i fondali marini. Preservare l’ambiente è un tema che ci tocca in modo trasversale e l’arte, lo affermiamo senza inutili finzioni, ha lo scopo di educare prima ancora di dilettare.