ERT dedica otto appuntamenti ad “Uno, nessuno e centomila”

Bologna. Gli attori della Compagnia permanente di ERT Fondazione presentano per il cartellone #laculturanonsiferma otto puntate della lettura integrale di “Uno, nessuno e centomila”, il romanzo più noto dello scrittore e drammaturgo italiano, premio Nobel per la Letteratura nel 1934, Luigi Pirandello.

Gli appuntamenti andranno in onda dal 21 al 24 e dal 26 al 29 aprile alle 18.30 su Lepida Tv (Canale 118 del digitale terrestre) e canale YouTube LepidaTV OnAir (https://www.youtube.com/user/lepidatv), sul portale EmiliaRomagnaCreativa (www.emiliaromagnacreativa.it) e su Facebook Cultura Emilia Romagna, e sul 5118 di Sky.

La lettura sarà inoltre disponibile sul sito web di ERT Fondazione nella pagina ERTonAIR (http://emiliaromagnateatro.com/ert-on-air/), che raccoglie tutte le iniziative realizzate in questo periodo di isolamento dovuto all’emergenza da Covid-19.

Pubblicato a puntate sulla “Fiera Letteraria” e poi in volume nel 1926, “Uno, nessuno e centomila” è quasi una summa del pensiero di Luigi Pirandello, tra gli scrittori italiani più importanti e celebri della modernità. Un piccolo particolare, un difetto fisico del naso che denuncia un’asimmetria, fa vacillare le fondamenta profonde dell’animo del protagonista, Vitangelo Moscarda, e lo porta a radicali cambiamenti nello stile di vita, in una progressiva deriva dell’io che lo estrania completamente da ogni convenzionale rapporto con l’altro.
Otto libri per otto diverse voci: in questo capolavoro affiorano, magistralmente disseminati in un puzzle, gli indizi dell’intera poetica di Pirandello. Dalla riflessione sull’umorismo che svela il dramma umano nascosto dietro a ogni situazione comica al paradosso gnoseologico che annulla l’efficacia del pensiero razionale; dalla maschera sociale all’implosione dell’io, il tutto in uno stile sorprendentemente anarchico e frammentato, ritmico, frenetico, che mantiene il suo fascino decadente.

“Che fai?”, mia moglie mi domandò, vedendomi insolitamente indugiare davanti allo specchio.
“Niente”, le risposi, “mi guardo qua, dentro il naso, in questa narice. Premendo, avverto un certo dolorino”. Mia moglie sorrise e disse: “Credevo ti guardassi da che parte ti pende”. Mi voltai come un cane a cui qualcuno avesse pestato la coda: “Mi pende? A me? Il naso?”. E mia moglie, placidamente: “Ma sì, caro. Guardatelo bene: ti pende verso destra”.
Basta questo a gettare Vitangelo Moscarda – detto Gengè – dentro una spirale di pensiero che lo distaccherà progressivamente dalla propria identità, frammentata in centomila schegge ormai irriconoscibili.

Calato da poco il sipario sulle esotiche imprese di “Sandokan”, col suo corteggio di feroci pirati e fanciulle seducenti, continua l’impegno di testimonianza e di presenza di ERT nei confronti della comunità dei suoi spettatori. Tenendo fede alla sua missione di “teatro pubblico” regionale e nazionale, in questo difficile tempo di sospensione e inquietudine che ci costringe all’isolamento forzato, la Fondazione – nell’impossibilità di accogliere i propri spettatori nelle sue sale dando vita alla festa teatrale – non rinuncia alla sua natura di luogo di incontro, di condivisione, di conoscenza e di esperienza e, non potendo proporre spettacoli, grazie al lavoro della sua compagnia permanente di attori lo fa, senza tentare di evocare un teatro che per ora non può darsi, perseverando sulla grande scena del web nell’esplorazione del romanzo: genere orale e dialogico per eccellenza, non solo perché la sua scrittura altro non è che la registrazione della polifonia della vita, ma perché il romanzo nasce come genere destinato alla lettura ad alta voce davanti ad una comunità. In una stagione concepita per riflettere sul difficile rapporto del nostro oggi con l’ombra lunga del secolo che ci sta alle spalle (bye bye ‘900?), dopo la lettura integrale de “La coscienza di Zeno” (1923) con i suoi acuti affondi nel territorio della malattia, e dopo la messa in voce de “Le tigri di Mompracem” (1a ed. in vol. 1900), stupefacente crasi tra evasione nel fantastico e sprofondamento nella realtà opprimente del salotto borghese – sdoppiata dall’attraversamento dell’Isola del tesoro, grande archetipo della favola d’avventura –, con la re-citazione di “Uno, nessun e, centomila” di Luigi Pirandello (1a ed. in vol. 1926), Emilia Romagna Teatro Fondazione tenta di penetrare nel cuore dell’io, la stanza della tortura dell’uomo moderno, confinato nella solitudine della propria apparentemente insuperabile individualità. Che rapporto si dà tra uno e centomila? tra io e collettività – ammesso e non concesso che un io esista? Tra interiorità ed esterno? Domande che proprio oggi fanno pensare. “Muoio ogni attimo, io, e rinasco nuovo e senza ricordi”, c’insegna Vitangelo Moscarda, protagonista del romanzo di Pirandello, “vivo e intero, non più in me, ma in ogni cosa fuori”.
Un gesto militante di solidarietà con l’universo che da sempre ci è caro della scuola, impegnata nella difficile sfida della didattica on line, e un umoristico invito alla vasta platea di spettatori TV e internauti a interrogarsi, con Calvino, sul perché continuare a leggere i classici.

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