Caserta. “Sopravvissuti” è il titolo del nuovo racconto della scrittrice napoletana Vincenza Alfano, edito da Alessandro Polidoro Editore. Un mondo condensato in novantuno pagine, un mondo nel quale più volte si varca la soglia della vita pur restando in vita; sono pagine dolorose ma tanto necessarie per chi le scrive e per chi le legge. Pagine per ritrovarsi attraverso il racconto del proprio dolore.
Un dolore che normalmente ammutolisce, spezza, aliena; invece, nelle pagine di questo piccolo grande libro, il dolore semina gettando nuova vita nel terreno per un altro futuro raccolto. Parliamo del dolore di Mara per la perdita della sua Camilla, figlia di una generazione di nuovi nomadi, quella degli studenti Erasmus.
Un abisso in cui il lettore è calato sin dalle prime pagine: con Alfredo e Mara si prepara al peggio e vive le lunghissime ore di un improvviso e senza senso fine-vita.
Teme che il racconto gli finisca tra le mani come quella assurda notizia appresa dai protagonisti; invece il racconto continua, prende forma e vita nuova. Si mette comodo, (come suggerisce Calvino nel celebre incipit di “Se una notte d’inverno un viaggiatore”), il lettore è fiducioso che le pagine che verranno lo ristoreranno del danno morale appena subito; si abbandona.
Scopre che “il tempo si può misurare in modi diversi e che la notte non ha sempre la stessa durata per tutti, non dipende soltanto dalle stagioni, dall’alternanza dei solstizi e degli equinozi, dipende anche da dove sta il cuore quanto può durare una notte”.
Come Mara, il lettore presta ascolto al suo dolore, al profondo senso di smarrimento che ne deriva, perde il confine delle pagine e rivive quel vuoto-pieno, quell’assenza-presenza che sembra non avere nulla a che fare con la vita. “È cosi che finisce la vita”, sono parole che tolgono il fiato a pronunciarle anche solo nella mente.
Cosa tiene Mara in vita? Una forza inaudita, la forza della sopravvivenza.
Uno stare al mondo che diventa urgenza condivisa perché contiene quell’istanza di vita che la vita stessa ha spezzato troppo presto.
Bisogna vivere ogni giorno come fosse l’ultimo. Bisogna salvarsi e la morte di chi ci è caro – paradossalmente – è l’occasione di salvezza. Mentre sullo sfondo i fatti più oscuri, quelli comunemente definiti “scandali”, vengono a galla.
Uno scandalo che lascia il segno nella storia del nostro Paese, che si attorciglia su se stesso agli inizi degli anni ‘90. Mara è ancora troppo dentro al suo dolore per accorgersi di quello che colpisce Alfredo e la sua famiglia. La gabbia dorata che avevano vissuto nei lunghi anni di matrimonio ora stava loro presentando il conto. Tangentopoli arriva come una tempesta a spazzare via tutto. Sopravvissuta è lei stessa a quella catastrofe che le passa al fianco, risparmiandola.
Un giorno si scopre a guardare la vita nella sua immensità, nelle cose semplici e belle che la natura sa offrirci.
“Il sole era dappertutto, la primavera aveva quella luce abbagliante che lei e sua figlia avevano sempre amato perché preannunciava l’estate”.
Era la vita, il desiderio che tornava a farsi strada dentro Mara e lei sapeva che non restava altro da fare che andargli incontro.
In questo tragitto, ultimo scorcio di terapia post-mortem, Mara sa che incontrerà ancora Camilla ma sa anche che possono verificarsi nuovi accadimenti; sa che deve sfidare l’ignoto continuando a porsi sul bordo vertiginoso delle cose.
“Sopravvissuti” è un dialogo tra due mondi possibili, costantemente in collegamento.
In bilico tra la ragione e il sentimento, il racconto muove i suoi passi in una raffinatissima tensione lirica che non cede a sotterfugi narrativi accompagnando il lettore verso pagine luminose che vorrebbe non finissero mai.