Napoli. Si terrà venerdì 1 febbraio, alle ore 17:30, presso l’associazione “Circolo Artistico Politecnico” con sede in Palazzo Zapata, piazza Trieste e Trento (Napoli), il vernissage della mostra “Analfabetismo Emotivo – viaggio per immagini nel disagio del vivere nel nuovo millennio ”. Il progetto è portato avanti dall’associazione “Oxeia, l’isola dell’arte” ed è nato da un’idea dei due fotografi professionisti Juna & Marco. Attraverso l’arte della fotografia si parlerà dei disagi giovanili, con quindici immagini intense e crude, allo scopo di portare alla luce un aspetto così deleterio del vivere d’oggi.
Si tratta di una mostra itinerante, che ha riscosso enorme successo già nelle precedenti esposizioni con l’appoggio di personaggi di spessore del mondo dello spettacolo come Maurizio Casagrande e Maria Bolignano.
Il progetto fotografico “Analfabetismo Emotivo – viaggio per immagini nel disagio del vivere nel nuovo millennio” sarà in mostra sino a mercoledì 9 febbraio e sarà visitabile dal martedì al sabato dalle ore 10:00 alle ore 13:00 e dalle ore 14:00 alle 17:00.
Al vernissage di venerdì 1 febbraio, oltre ai fotografi Juna e Marco, sarà presente la madrina dell’evento l’attrice Cristina Donadio, che riceverà anche un riconoscimento alla sua carriera, come figura nel mondo dello spettacolo che fa da esempio alle giovani generazioni.
Parte della vendita delle opere di “Analfabetismo Emotivo – viaggio per immagini nel disagio del vivere nel nuovo millennio”, sarà devoluto in beneficenza ad un’associazione per il recupero di giovani disagiati.
Analfabetismo Emotivo è uno sguardo crudo e disincantato su un aspetto particolarmente deleterio del vivere d’oggi: l’anestesia della sensibilità cui molti soggiacciono, passivi e rassegnati. L’atmosfera surreale di cui le immagini sono intrise è una necessità estetica, funzionale alla finalità di denuncia, che è fondamento alla genesi dell’opera. Nel lavoro di Juna, tuttavia, la provocazione non è un elemento fine a se stesso, un espediente teso al solo scopo di spaesare, colpire ed affascinare. L’arte provocatoria delle immagini è strumento attraverso cui esse possono, si spera, riuscire a scuotere la coscienza dello spettatore. La società in cui viviamo è troppo spesso assurda,
astratta e devastante. L’Autrice, nella propria esposizione, si concentra sui giovani per la fragilità e la predisposizione ad essere plasmati, diventando inevitabilmente, più vulnerabili. In realtà il problema è alla radice. La devastazione inizia dal cuore della società: la famiglia. Quella di Juna non è certo la prima, né sarà l’ultima, voce a levare un doloroso atto d’accusa verso quest’angosciante deriva sociale, ma se le voci di denuncia si accorpano, magari nasce un coro deciso, capace di scuotere gli animi. In quanto fotografi ed operatori multimediali, Juna e Marco soggiacciono ad una naturale predisposizione all’osservazione analitica dei propri simili, a scrutare le loro emozioni, e catturarle in uno scatto.
Sarebbe stato fin troppo facile soffermarsi sui gesti quotidiani, catturare le scene di vita vera, nelle strade e nei luoghi di celebrazione quotidiana dei riti sociali. Lì, dove si verifica e si palesa lo stato di disagio del homo sapiens, in questo incipit del terzo millennio. Un’idea ancor più sotterranea sottende ai concepts alla base dei quindici scatti di questo racconto: che tutto il malessere presente nella nostra attuale società sia frutto dei disegni, delle attività di poteri oscuri che operano al di là della nostra portata. (Juna)
Juna e Marco si occupano d’arte a 360 gradi, con un occhio particolare alle realtà presenti sul territorio campano. Specializzati in arti visuali e performative, sono sempre presenti per prestare supporto per qualsiasi forma artistica venga proposto sul territorio.
Juna inizia come fotografa paesaggista, ma il suo spirito curioso ed introspettivo la spinge presto verso la fotografia di strada, la cosiddetta “street photography”, alla ricerca estetica dell’universale nascosto nelle pieghe del quotidiano. Divenuta professionista nel campo della ritrattistica e della documentazione di eventi, si dedica sempre più frequentemente alla fotografia di scena prendendo parte in tale veste a varie produzioni teatrali, televisive e cinematografiche. Viene così in contatto con entrambi i mondi, il ché la spinge ad approfondire gli aspetti connessi con le arti performative partecipando ai corsi dell’Accademia Vesuviana del Teatro del Maestro Gianni Sallustro, prendendo parte alle lezioni di docenti del calibro dello stesso Gianni Sallustro, Ciro Pellegrino e Giuseppe Matrocinque. Partecipa quindi nel luglio del 2106, in ruolo di coprotagonista, alla messa in scena de “L’Amore è una Cosa Meravigliosa” tratto da “Le DinDon” di Feydau, con adattamento e regia di Gianni Sallustro, presso il teatro “Di Costanzo-Mattiello” di Pompei (NA). Resta però, fedele al grande amore artistico della sua vita: la fotografia. Il suo percorso l’ha avvicinata, in quest’ultimo periodo, all’esplorazione di tematiche sociali particolarmente legate alle difficoltà di comunicazione e comprensione tra gli esseri umani. Prende forma così, intorno alla metà del 2016, il suo ultimo progetto, significativamente denominato “Analfabetismo emotivo”, che sarà oggetto di una serie di mostre itineranti.
Marco si avvicina alla fotografia grazie al suo coinvolgimento, come cofondatore, nelle attività di una testata giornalistica locale. Tra i compiti assegnatigli, oltre a quello di scrivere ‘pezzi’ di cronaca, vi è quello di fotoreporter e compositore delle pagine (attività molto prossima all’artigianato, essendo ancora alle soglie dell’epoca in cui il computer sarebbe diventato personal). Finita l’avventura giornalistica, resta l’innamoramento per la fotografia, innamoramento che sarebbe divenuto col tempo vero e proprio amore. Con un percorso forse più diretto, stanti le proprie origini di fotogiornalista, anche Marco si dedica alla fotografia di strada. Fotografo professionista, pur mantenendo intatto la passione per la fotografia, comincia ad esplorare altri ambiti, in particolare, la cinematografia, cimentandosi da entrambi i lati della macchina da presa e nella scrittura. Con Juna prende parte alle lezioni di teatro e cinema di Gianni Sallustro, Ciro Pellegrino e Giuseppe Mastrocinque. Sempre con lei è coprotagonista de “L’Amore è una Cosa Meravigliosa” al Di Costanzo-Mattiello. E’ protagonista, per la regia di Nunzio Della Marca, del cortometraggio “Un Padre”. E’ coprotagonista nei cortometraggi “Ricordo di Mille Notti”, “La Casa delle Bambole” e “L’Ostacolo più Grande”, diretti rispettivamente dalle cineaste dell’Accademia delle Belle Arti di Napoli Mariacarmen Fiorenza Ranieri, Imma Crispo e Antonella Correale. Cofondatore, con Juna,
dell’Associazione Culturale Oxeia, ha tra i propri progetti a breve termine corsi di fotografia e cinematografia con tecniche analogiche (perché quest’arte non abbia a perdersi), un documentario su manifestazioni social-musicali del meraviglioso e spesso misconosciuto territorio dell’entroterra casertano ed un cortometraggio di indagine sociale basato su una storia.