Bologna. Valter Malosti e Federica Fracassi tornano a lavorare insieme portando in scena la feroce confessione di Marianna De Leyva, “La monaca di Monza”, nella versione di Giovanni Testori, oggi e domani al Teatro Arena del Sole di Bologna.
Come in una soggettiva cinematografica la protagonista, da morta, rivive la vicenda fin dal suo concepimento, avvenuto con un atto brutale del padre su una delicata figura di madre, per poi passare a rievocare il disperato amore per Gian Paolo Osio, vero e proprio eroe nero e sanguinario che finisce i suoi giorni barbaramente trucidato.
Dopo “Corsia degli incurabili” di Patrizia Valduga e “Signorina Giulia” di August Strindberg, Malosti dirige la Fracassi, attrice raffinata del panorama italiano, e già intensa interprete dell’universo femminile testoriano (nei panni di Erodiàs, Cleopatràs e Mater Strangosciàs): un’occasione per rendere omaggio a Giovanni Testori, uno dei più importanti intellettuali italiani del Novecento, e alla figura femminile della monaca di Monza, emblema della fanciulla costretta a una vita in convento.
Una performance violentemente poetica, amplificata dalle voci dei giovani attori, che accompagnano la Fracassi in scena.
“La monaca di Monza” è il capitolo più recente del lungo lavoro che Malosti ha condotto attorno a Testori: un percorso che nasce da un grande amore per lo scrittore lombardo e che accompagna il regista da anni. Nel 2002 in “Vado a veder come diventa notte nei boschi” ha raccontato il ciclo di affreschi della Vita e Passione di Cristo di Giovanni Martino Spanzotti nella Chiesa di S. Bernardino a Ivrea partendo proprio dal saggio dedicato loro da Testori nel 1958 (G. Martino Spanzotti: gli affreschi di Ivrea). Nel 2008 e 2009 mette in scena “Passio Laetitiae et Felicitatis”, premio Anct 2009 per la migliore attrice a Laura Marinoni; “Le maddalene” (da Giotto a Bacon), un progetto con le musiche originali di Carlo Boccadoro; il percorso testuale-visivo “Le Monache di Testori”, figure monacali femminili da “Tentazione nel Convento” alla “Monaca di Monza”, con Federica Fracassi. Del 2016 è l’adattamento e regia de “L’Arialda” per il Teatro Stabile di Torino.
Così Malosti racconta la sua lettura della Monaca testoriana: “Marianna De Leyva è una sorta di revenant che strappa se stessa, fantoccio di carta, dalla Storia scritta. La parola si fa carne, rimette insieme le sue “ossa maledette” per dar vita ad una blasfema eppur umanissima resurrezione. La tragica vicenda della protagonista prende forma con un andamento temporale distopico, e come in soggettiva cinematografica, addirittura fin da dentro il ventre materno, dal concepimento, dall’atto brutale del padre padrone, passando per gli opifici e le fabbriche e le macchine e le benne della Monza e della Milano degli anni Sessanta, fino a rivivere il disperato amore, che è il cuore pulsante del testo, per Gian Paolo Osio vero e proprio eroe nero, sconcio e sanguinario che finirà i suoi giorni barbaramente trucidato. L’operazione drammaturgica (l’adattamento è per tre sole voci), e di regia, è volta alla radicale scarnificazione del testo, lasciando da parte quel sentore vagamente “pirandelliano” che si annusa nel testo completo, lasciando che l’andamento da feroce confessione, sviluppata in un dialogo apparente con l’inquisitore, si trasformi in quello che il nucleo del testo in realtà è, e cioè un atto violentemente ed eminentemente poetico, già lì ad esprimere una condizione “germinale” del teatro come prova “religiosa”, “immobile”, “lacerante e senz’esit”, come ha scritto Barbara Zandrino, una interrogazione spinta fino alla blasfema chiamata in giudizio di Dio, con furioso slancio eretico, per aver voluto così la creazione”.
Regista, attore e artista visivo, Valter Malatosti dal 2018 dirige la Fondazione Teatro Piemonte Europa di Torino. In precedenza è stato anima e direttore artistico della compagnia Teatro di Dioniso e ha diretto la Scuola per attori del Teatro Stabile di Torino dal 2010 al 2017. Nel 2017 ha ricevuto il premio internazionale Flaiano per la regia di Venere in pelliccia di David Ives. I suoi spettacoli hanno ottenuto numerosi altri premi dalla critica italiana e straniera. Ricordiamo, tra gli altri, il Premio Ubu 2009 per la regia di “Quattro Atti Profani” di Antonio Tarantino e quello dell’Associazione Nazionale dei Critici di Teatro sempre per “Quattro Atti Profani e per Shakespeare / Venere e Adone”. Nel 2004 “Inverno” di Jon Fosse ha ricevuto il Premio Ubu per il Miglior testo straniero messo in scena in Italia. Del 2004 è il Premio Hystrio per la regia di “Giulietta” di Federico Fellini.
Fra le sue regie più recenti da quando è direttore del TPE: Shakespeare / Sonetti e Molière / Il Misantropo (2018), e La Monaca di Monza di Giovanni Testori che ha debuttato al Teatro Franco Parenti di Milano (2019). Nella primavera 2019, per il centenario della nascita di Primo Levi, ha ideato e realizzato il progetto nazionale “Me, mi conoscete”. Primo Levi a teatro, con la versione teatrale di “Se questo è un uomo” al Teatro Carignano, del Sistema periodico al Teatro Astra e de “I sommersi e i salvati” al Teatro Regio per Biennale Democrazia 2019. Se questo è un uomo ha richiamato finora oltre 25.000 spettatori in tutta Italia e ha ricevuto due nominaton ai Premi Ubu 2019: miglior regia a Malosti e miglior progetto sonoro a Gup Alcaro.
Ha messo in scena nel 2006 “Le nozze di Figaro” di Mozart per il Teatro Regio di Torino e curato prime esecuzioni di opere contemporanee di Michael Nyman, Azio Corghi, Marco Tutino e Philip Glass. Numerose le regie radiofoniche per Radio3 Rai. Come attore ha lavorato in teatro in numerosi spettacoli di Luca Ronconi, e, fra gli altri, con Federico Tiezzi e Giorgio Barberio Corsetti; nel cinema con Mimmo Calopresti, Franco Battiato e Mario Martone. È stato protagonista del Manfred di Schumann/Byron in un progetto che ha visto collaborare il Teatro Regio di Torino con il Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale.