Roma. La pittura, i soggetti e i colori sgargianti saranno i protagonisti della prima grande esposizione in Italia dedicata al grande artista Raoul Dufy, ospitata a Palazzo Cipolla dal 14 ottobre. Dufy, il pittore della gioia, della luce e del colore contribuì a cambiare il gusto del pubblico della prima metà del ‘900 adattando le sue innovazioni e la sua vivacità a tutte le arti decorative. Con 160 opere provenienti dalle più importanti collezioni pubbliche e private francesi, la mostra percorre l’intera parabola artistica di uno dei più grandi interpreti della storia dell’arte, a cavallo tra impressionismo e fauvismo. Dal 14 ottobre 2022, le sale di Palazzo Cipolla ospitano la prima grande esposizione mai realizzata in Italia e dedicata a uno dei maestri dell’arte moderna, RAOUL DUFY (Le Havre, 3 giugno 1877 – Forcalquier, 23 marzo 1953). La mostra, promossa dalla Fondazione Terzo Pilastro – Internazionale per volontà del suo Presidente Prof. Avv. Emmanuele F. M. Emanuele, è realizzata da Poema con il supporto organizzativo di Comediarting e Arthemisia, ideata dal Musée d’Art Moderne de Paris e curata da Sophie Krebs con il contributo di Nadia Chalbi. Autore di opere monumentali come La Fée Electricité (La Fata Elettricità, 1937 – 1938, Musée d’Art Moderne de Paris) – uno dei dipinti più grandi al mondo, di una lunghezza complessiva di 6 metri, composto da 250 pannelli e commissionatogli dalla “Compagnie Parisienne de Distribution d’Électricité” per essere esposto nel Padiglione dell’elettricità all’Esposizione Internazionale del 1937 a Parigi -, Dufy fu un grande pittore, scenografo e disegnatore francese di inizio ‘900 che, per la sua capacità di catturare le atmosfere, i colori e l’intensità della luce e a trasferirli sulle sue tele, divenne – per antonomasia – il pittore della gioia e della luce. Suddivisa in 13 sezioni tematiche, la mostra racconta l’intero percorso artistico del pittore francese, attraverso molteplici opere che abbracciano varie tecniche nei diversi decenni del Novecento, dagli inizi fino agli anni Cinquanta, quando Dufy cercò nuovi temi a causa della guerra e della malattia che lo costrinse a rimanere nel suo studio nel sud della Francia. Un excursus che trova il suo leitmotiv nella violenza cromatica, nella magia di quel colore che diventa elemento indispensabile per la comunicazione di emozioni e stati d’animo. Un’evoluzione che vede Dufy inizialmente prosecutore di quella tradizione impressionista germogliata con Monet proprio nella sua città natale di Le Havre e poi insieme ai Fauve che, radunati attorno alla figura di Matisse, reagiranno presto alla pittura d’atmosfera e a quel dipingere dominato dalle sensazioni visive, per poi approdare infine ad abbracciare l’austerità cezanniana con la quale le forme, le zone piatte di colori accesi o addirittura violenti sono indipendenti dalla linea che accenna appena a circoscriverle.