Firenze. Al Teatro della Pergola, da martedì 2 a domenica 7 aprile, Marcello Cotugno dirige Gigio Alberti, Filippo Dini, Giovanni Esposito, Valerio Santoro, Gennaro Di Biase in “Regalo di Natale”, il celebre film di Pupi Avati adattato per la scena da Sergio Pierattini. Quattro amici, un ricco industriale e una partita a poker, che si rivela ben presto tutt’altro che amichevole. Sul piatto, oltre a un bel po’ di soldi, c’è il bilancio della loro vita: i fallimenti, le sconfitte, i tradimenti, le menzogne, gli inganni.
“È uno spettacolo sul poker e sull’amicizia tradita – afferma Cotugno – la mia stessa frequentazione del microcosmo del poker mi pone in una posizione di attento osservatore delle dinamiche che si sviluppano al tavolo da gioco, che rimandano, da un lato, alla sfida eterna per il potere, dall’altro, a una ancora più radicale sfida contro se stessi e la morte”.
Originariamente ambientata negli anni ’80, la pellicola è stato trasposta ai giorni nostri dove la crisi economica globale si è abbattuta sull’Europa, segnando profondamente la società italiana. “Regalo di Natale” racconta così il trionfo del singolo sul collettivo, la metafora del successo di uno conquistato a spese di tutti, il simbolo di una teatralità doppia e meschina, amara riflessione su cosa stiamo diventando o su cosa, forse, siamo già diventati.
Scenografie di Luigi Ferrigno, costumi di Alessandro Lai, disegno luci di Pasquale Mari. Una produzione La Pirandelliana.
“Il gioco rappresenta una grande metafora della vita – dice Cotugno – nel poker, per esempio, si rivela davanti a noi la persona morale che abbiamo di fronte, così come noi stessi sveliamo all’altro la nostra moralità. È come stare su un palcoscenico: nel meccanismo del gioco si riesce a capire cosa si cela dietro a ogni personaggio e a mostrare come siamo fatti realmente. In “Regalo di Natale” ciascuno dei protagonisti svela una parte di sé che inizialmente rimane sconosciuta”.
“I soldi facili sono l’utopia inseguita anche dai nostri protagonisti – interviene Marcello Cotugno – in un crescendo di tensione che ci rivela, puntata dopo puntata, come, al tavolo verde, questi uomini si stiano giocando ben più di una manciata di gettoni e come, in questa notte di un Natale triste, illuminata da uno striminzito albero sullo sfondo, anche chi vince resta a mani vuote. Di questa tensione lo spettacolo si alimenta, utilizzando stili e forme teatrali eclettiche: dal naturalismo al monologo, occasione per comunicare al pubblico le dinamiche interiori dei personaggi. La partita stessa – prosegue – così presente nell’originale cinematografico, tutto giocato su primi piani e sguardi, viene tradotta nel linguaggio teatrale, assurgendo a un’astrazione che sottolinea, al di là di semi e colori, la centralità della dimensione psicologica e relazionale tra i personaggi”.
Dunque, la notte di Natale, quattro amici che non si vedono da dieci anni incontrano quello che è designato a essere il “pollo” da spennare: l’avvocato Santelia (Gigio Alberti), un uomo sulla sessantina, ricco e ingenuo, che sembra addirittura trovare consolazione nel perdere. In realtà, è il presunto “pollo” a trovarsi di fronte quattro uomini che nella vita hanno giocato con il destino e che, in un modo o nell’altro, hanno perso. Franco (Filippo Dini), imprenditore di multisale in declino, spera nella serata per ripagare i suoi debiti; Ugo (Valerio Santoro), con cui Franco non parla da 10 anni, finge di essere al tavolo solo per far pace con l’amico, a cui ha portato via la moglie; Lele (Giovanni Esposito), giornalista in eterna bolletta, vive all’ombra di Franco, di cui cerca costantemente di conquistarsi i favori, e approda alla villa per cercare di dare un senso alla pochezza della propria esistenza; Stefano (Gennaro Di Biase), infine, simbolo di un’italianità costretta ad arrangiarsi, anche ai limiti della legalità, spera in questo incontro per risolvere i propri problemi economici.
“La pièce comincia come una sorta di Grande freddo – spiega Cotugno – i quattro amici si ritrovano e giocano in maniera goliardica, si prendono in giro e l’atmosfera è apparentemente brillante. Improvvisamente però, con l’arrivo delle rivincite, dei soldi e della ricerca della soddisfazione personale, le relazioni cambiano. Dietro il velo dell’ipocrisia, da questa partita giocata contro il destino emergeranno molte verità nascoste. D’altra parte – ragiona – il poker è anche un nobilissimo gioco tra gentiluomini, un rito moderno in cui mostrarsi per quello che non si è, proprio come in una rappresentazione teatrale: quanto più la maschera è forte e impenetrabile, tanto più sarà difficile comprendere i nostri punti”.
La partita probabilmente lascerà tutti sconfitti, a dimostrazione di come alcuni valori fondamentali delle relazioni umane (amicizia, lealtà e consapevolezza di sé) stiano dolorosamente tramontando dal nostro orizzonte. Già Aristotele, tra i primi filosofi a riconoscere il valore dell’amicizia (“l’amicizia è una virtù indispensabile all’uomo: nessuno sceglierebbe di vivere senza amici”), metteva in guardia gli uomini nello scegliere bene i propri amici, poiché interessi materiali possono facilmente prendere il sopravvento.
“Sono due le ispirazioni che caratterizzeranno il nostro Regalo di Natale – annota Marcello Cotugno – il cerchio e il tempio. Il primo, rappresentato in primo luogo dal tavolo verde, è forma che ritorna nello spazio scenico come simbolo eterno del gioco e del destino, con i suoi alti e bassi, con la sua legge alterna che fa girare le vincite e la fortuna. Anche il tempio è quello del gioco (non a caso moltissimi casinò riprendono la struttura del tempio romano), rappresentazione di quella sacralità rituale che un tempo il gioco aveva presso gli antichi. A rievocarlo quattro piedistalli, ormai privi delle loro statue, eco lontane delle quattro anime del gioco individuate dal sociologo Roger Caillois: competizione, caso, maschera, vertigine. Il poker – conclude – secondo molti si avvicina all’idea del gioco perfetto, poiché le racchiude tutte”.
Se il poker è lo specchio della vita, il teatro è il luogo dove attori e spettatori si possono rispecchiare gli uni negli altri. E due specchi, messi uno di fronte all’altro, generano immagini infinite.