Torino. Lunedì 3 febbraio 2020, alle ore 20.45, si terrà la serata commemorativa per i 120 anni dalla morte di Vittorio Bersezio, a cura di Giulio Graglia.
Interverranno, per i saluti istituzionali, Lamberto Vallarino Gancia (Presidente del Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale), Stefano Allasia (Presidente del Consiglio Regionale del Piemonte) e Vittoria Poggio (Assessore alla Cultura della Regione Piemonte). Interverranno inoltre Cesare Chiesa (Fondazione Vittorio Bersezio), Alessandra Comazzi (La Stampa), Albina Malerba (Centro Studi Piemontesi), Enrico Mattioda (Università degli Studi di Torino) e Bruno Quaranta (La Stampa).
La serata è organizzata dal Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale in collaborazione con Rai Teche e DAMS/Università degli Studi di Torino.
“Il Teatro Stabile di Torino – dichiara il Presidente, Lamberto Vallarino Gancia – ospita con piacere una serata dedicata a Vittorio Bersezio, illustre figura di autore per il teatro, che nelle sue opere in dialetto piemontese e in italiano ha saputo stilizzare e valorizzare un’intera generazione di uomini, cogliendo con ironia e leggerezza le trasformazioni sociali della fine dell’Ottocento. Non a caso, quindi, questa sala accoglie le celebrazioni: fu proprio “Le miserie d’ Monsù Travet” ad inaugurare, il 22 dicembre del 1945, la riapertura del Teatro al termine della guerra, con il nome di Teatro Gobetti”.
Vittorio Bersezio, letterato e patriota, nelle sue opere per il teatro realizza un prezioso ritratto degli ambienti piccoloborghesi e proletari della seconda metà dell’Ottocento, riuscendo a trasferire in esse gli umori postunitari vissuti in prima persona, da giornalista prima e da deputato del Regno d’Italia più tardi.
“Le miserie ‘d Monsù Travet” commedia in cinque atti in piemontese viene rappresentata per la prima volta il 4 aprile 1863 al Teatro Alfieri di Torino dalla compagnia Toselli. L’opera viene edita dallo stesso autore in italiano nel 1871 e nel 1876 con il titolo Le miserie del signor Travetti. Ignazio Travet, il protagonista, è un impiegato pubblico che ritiene di avere trovato “il posto sicuro” e soprattutto decoroso, ma in realtà non è altro che un umile impiegato che, per quanto laborioso sia, è sempre maltrattato.
In questa commedia Bersezio non solo attesta il dialetto piemontese come lingua per la scena, ma esalta i concetti di consapevole onestà, laboriosità e senso di disciplina con cui la borghesia subalpina si apprestava a servire il nuovo Stato unitario uscito dalle lotte risorgimentali. Elementi di originalità nella sua scrittura liberano il repertorio comico del periodo dalla strabordante presenza di autori francesi quali Scribe, Dumas, Sardou: «un’opera d’arte schietta, spontanea, piena di verità» la definirà Benedetto Croce.