Modena. Da giovedì 21 a sabato 23 febbraio al Teatro Storchi di Modena va in scena “Donka, Una lettera a Čechov”, lo spettacolo culto della Compagnia Finzi Pasca, con oltre 298 rappresentazioni in dieci anni in più di 25 paesi.
Un teatro fatto di fragili equilibri, sovrapposizione di immagini, musica dal vivo, acrobazia e danza rende omaggio ad Anton Čechov e alla magia delle sue parole.
Lo spettacolo ha aperto le celebrazioni per il 150esimo anniversario della nascita di Anton Čechov a Mosca, nel gennaio 2010, all’interno del Chekhov International Theatre Festival. Daniele Finzi Pasca si è immerso nella vita dello scrittore, nei suoi testi e nei suoi diari, decifrando note e appunti, donando corpo e forma ai suoi enigmatici silenzi. “Donka”, in russo, è un piccolo sonaglio che si appende alla canna da pesca e che suona quando un pesce abbocca: Čechov adorava pescare, la pesca era per lui una forma di abbandono alla meditazione. Il regista, affascinato da quest’immagine, da sempre in cerca di “stati di leggerezza” nel suo lavoro di coreografo, dà vita a un poema visivo fatto di oggetti e corpi sospesi.
Un cast internazionale di abili interpreti, clown decadenti, musici, danzatori e acrobati, anima la scena, mentre le musiche composte da Maria Bonzanigo si stendono come un tappeto sonoro, richiamando le atmosfere della lontana Russia. Suonano fisarmoniche, valzer, vecchie romanze e cori tradizionali, mentre sfila una galleria di tipi cechoviani, fatta di dottori, eterni studenti, sognatori, scapoli e fanciulle in lutto per la vita. Si inseguono le istantanee di un mondo perduto, fra canti di uccelli, rumore di vento tra i rami, ombre cinesi ed esplosioni di colori.
“Ho deciso di scoprire Čechov – afferma Daniele Finzi Pasca – andando alla ricerca di particolari, di dettagli nella sua vita, nelle pagine dei suoi scritti e non solo. Ho pensato di dare forma ai silenzi contenuti nelle note dei suoi diari e di creare immagini partendo dalle sue annotazioni. Poi ho cercato vite parallele alla sua nel giardino di casa mia, perché è il solo modo che conosco per raccontare storie, scavando sotto le rose alla ricerca di un tesoro. Vengo da un teatro impregnato profondamente dal linguaggio dei clown, dei giocolieri, dal mondo delicato e magico dell’acrobazia. Così racconterò Čechov e per farlo mi circonderò dagli stessi complici di sempre, creatori con i quali da anni collaboro e con i quali condivido non solo un’estetica e un modo di pensare il teatro, ma pure l’appassionato modo di difendere il nostro mondo immaginario”.