Napoli. Il 28, 29 e 31 ottobre al Teatro Acacia di Napoli va in scena “Alla fine arriva!”, regia di Annamaria Russo e Massimo De Matteo, testi di Maurizio De Giovanni, che, ancora una volta, ci parla di uno di quei sentimenti – la passione – che lui stesso ha definito in passato figlia dei sogni e che, sebbene sia spesso senza speranza, disperata, è una delle poche cose che danno senso alla vita.
Quella che racconta, in due monologhi della durata di circa 50 minuti ciascuno, ben interpretati da Paolo Cresta e Peppe Maiale accompagnato alla chitarra da Giacinto Piracci, è la passione per la squadra di calcio del Napoli, attraverso gli occhi di due tifosi che, seduti a un tavolino del bar, sono in attesa di andare allo stadio per assistere alla partita che consacrerà matematicamente la squadra partenopea Campione d’Italia, per la terza volta nella sua storia dopo 33 anni dalla vitto-ria dell’ultimo scudetto. Nella finzione scenica lo stadio descritto pare il San Paolo ora Diego Armando Maradona, nella realtà il Dacia Arena ora Bluenergy Stadium, dove il 04 maggio del 2023 il Napoli ha pareggiato con l’Udinese.
I due amici sono diversi per carattere e temperamento, differente risulta così il registro e il ritmo della narrazione, entrambi però condividono con il pubblico i ricordi della propria vita legati alla squadra del Napoli.
Il primo offre un’accorta radiocronaca della storica partita Juventus – Napoli del 9 novembre 1986 a Torino, che ha segnato l’inizio di quel campionato che ha portato a vincere il primo scudetto, e lui c’era allo stadio Comunale di Torino, insieme ai tre amici di sempre, stigmatizzati ironicamente nei loro caratteri e nel loro modo di affrontare la vita.
La letteratura intorno a quella Juventus-Napoli 1-3 è talmente vasta che il rischio sarebbe stato quello di ripetere banalmente parole e concetti triti e ritriti, Maurizio De Giovanni, invece, ci rega-la il punto di vista personalissimo di chi è sempre stato fedele a questa squadra ed è andato a Torino con la speranza di una vittoria, che con il passare dei minuti è diventata certezza grazie all’ultimo goal di Volpecina.
Il Napoli da quel 9 novembre non ha più lasciato il primo posto e il 10 maggio 1987, a Firenze, ha festeggiato il suo primo scudetto.
Il secondo monologo è più intimista e malinconico perché ripercorre il momento in cui il protagonista, giovane professore universitario napoletano, trasferitosi a New York, contattato dalla sorella con urgenza, ritorna a Napoli dopo dieci anni di assenza per fare visita al padre, che, consapevole di non avere molto tempo ancora da vivere, esprime il desiderio di andare allo stadio con il figlio per vedere rinnovarsi quella passione per la squadra del Napoli che li aveva uniti in passato.
Di sera, allora, dopo l’ultimo controllo dell’infermiera, il professore e il padre escono dalla clinica indisturbati e con un taxi raggiungono lo stadio San Paolo dove il Napoli non vincerà ma farà dimenticare al padre, almeno per un po’, la sua malattia e consentirà ai due di riavvicinarsi, tant’è che il professore, nonostante il padre di lì a qualche mese morirà, deciderà di rimanere nella sua città natale per seguire la squadra, non tanto per il calcio in sé ma perché rappresenta il suo forte legame con il genitore ormai scomparso.
La passione per il Napoli è allora storia di vita vissuta nei palazzi, tra i vicoli, che consente di dare un senso e accettare anche la morte.
Terminato anche il secondo monologo è arrivato davvero il momento per i due protagonisti di avviarsi allo stadio e festeggiare la squadra.