Milano. In un futuro abbastanza prossimo il professor Telmo Pievani, accompagnato da una robottina virtuale, viene in contatto con quattro archivisti-musicisti un poco strampalati sopravvissuti negli anni. Grazie agli strumenti scientifici e musicali a disposizione, tra sonorità immersive, realtà diminuite e badanti virtuali, il professore può viaggiare indifferentemente nel passato, nel presente e nel futuro dell’Italia alla scoperta di un patrimonio tra i più significativi in ambito europeo per il numero totale di specie animali e vegetali presenti. Si inizia così un viaggio in un’Italia che era e non è più: un territorio ricco in modo inverosimile con una biodiversità unica e diversificatissima. Il succo del discorso è che dobbiamo prenderci cura della nostra biodiversità senza troppi pensieri e discorsi inutili, perché non abbiamo alcun diritto di distruggerla e non ci conviene neppure farlo. Insomma, essere un poco più immersi al pari degli altri animali. In un format ormai sperimentato e sicuro (“Finalmente il finimondo, Il maschio inutile, AquaDueO”), che ha la genialità di unire scientificità e leggerezza d’animo, dove musica e discorsi scientifici si intersecano tra di loro in un tutt’uno drammaturgico, lo spettacolo si distende comunicando in modo semplice ma profondo a tutte le fasce di età. Del resto proprio Goethe sosteneva che il vero scienziato è l’artista, perché riesce a penetrare l’ordine intimo delle leggi naturali e a restituircelo non solo con lo spirito freddo e calcolatore del ricercatore ma unendo ad esso sentimenti, filosofia, estetica e, in questo caso, molta ironia. Noi umani infatti ci crediamo al centro del mondo, ma non siamo per niente indispensabili. Abbiamo cambiato il mondo per depredarlo e adesso facciamo fatica ad adattarci al mondo che noi stessi abbiamo stravolto. Ci siamo infilati in una trappola evolutiva, altro che sapiens! E allora noi diventeremo l’archeologia romantica dei Goethe del futuro, che si aggireranno estasiati e pensosi tra le nostre rovine. “Allegro Bestiale” non è un racconto apocalittico e catastrofista. Al contrario, è un invito a pensare alle interconnessioni tra noi e tutti gli altri esseri viventi, in particolare in Italia, dove la diversità biologica è altissima ma lo è anche quella culturale: dei cibi, dei dialetti, delle tradizioni. Anche la biodiversità delle piante e degli animali che noi addomestichiamo è importante, ci dà da vivere ogni giorno. Dentro la biodiversità si nascondono un sacco di suggerimenti su nuovi cibi, nuovi farmaci, nuovi bio-materiali sostenibili. Difendere la biodiversità è anche una questione di giustizia verso le generazioni future, alle quali rischiamo di consegnare un’Italia più povera, più instabile, più difficile da vivere.