Sorrento. Villa Fiorentino, autentico gioiello architettonico in stile neoclassico, si conferma luogo nevralgico dell’estate sorrentina grazie ad una personale interamente dedicata al maestro indiscusso della Pop Art: Andy Warhol.
La mostra dal titolo “Andy Warhol, Life, Pop & Art”, inaugurata lo scorso 10 giugno e visitabile fino al prossimo 15 ottobre, è nata dal lavoro sinergico della Fondazione Sorrento con Alfonso Iaccarino, amministratore delegato; Antonino Giammarino, direttore artistico, e Antonino Fiorentino, responsabile Relazioni Internazionali, e si avvale dei contributi esperti di Vincenzo Sanfo, curatore internazionale di mostre e professore presso la Shandong University; Gabriele Accornero, manager culturale e CEO Bridgeconsultingpro; Alessandra Mammi, storica dell’arte, già capo redattore cultura de L’Espresso e Giovanni Iovane, storico dell’arte e direttore dell’Accademia di Brera.
Nato a Pittsburg nel 1928 da una famiglia di immigrati slovacchi, Andrew Warhola Junior palesa già all’età di 8 anni l’estro vivace che lo accompagnerà per l’intera esistenza. Noto come il fondatore della Pop Art, Warhol intuisce la straordinaria potenza delle immagini nella comunicazione di massa: la serigrafia, una delle tecniche maggiormente amate dall’artista, si dimostra una scelta eccellente perché la riproduzione copiosa di un determinato soggetto lo trasforma in prodotto rendendolo pertanto fruibile da tutti.
Dopo la laurea in graphic design Andy si trasferisce a New York iniziando a lavorare come vetrinista affiancando a questa attività la realizzazione di biglietti di auguri ma la svolta sopraggiunge nel 1950 grazie ad una pubblicità per un marchio di calzature. Nel 1963 fonda “Factory”, una fabbrica artistica che favorirà l’incontro di personaggi famosi come Lou Reed e Bob Dylan ed in questo periodo Warhol inizierà a lavorare con vecchie lattine e cartone intraprendendo anche un progetto cinematografico basato sulla relatività del tempo. L’artista morirà nel 1987 per un arresto cardiaco dovuto alle complicanze di un intervento.
Come sottolineato da Vincenzo Sanfo, Andy Warhol ha inteso l’arte in un modo che non trova precedenti in quanto abbandona l’idea romantica dell’arte intesa come unicità per sposare la riproduzione seriale. Il suo modo di lavorare sottintende una latente inquietudine dovuta alle sue origini slovacche: in quanto figlio di immigrati, Andy faticherà il doppio per tutta la vita alla ricerca di un’accettazione da parte della società. Ed è per questo che sceglie di riprodurre in serie i prodotti di marchi famosi come le Campbell’s o il volto iconico di Marilyn Monroe perché intende appropriarsi a pieno titolo degli emblemi statunitensi di cui si sente figlio, dando vita ad un marchio agognato che lo renderà riconoscibile in brevissimo tempo.
Anche nel campo dell’editoria Warhol brilla: nel corso della sua esperienza con la rivista “Interview” riuscirà infatti a scoprire nuovi talenti raccontando i tempi che cambiano alla velocità della luce, dando spazio ai personaggi che contano nel jet set newyorkese in un delicato equilibrio tra immagini patinate e vizi inconfessabili della metropoli statunitense.
Warhol è quindi a tutti gli effetti un creatore di immagini ma anche un abile narratore delle evoluzioni del Novecento e si distingue dai contemporanei non solo per la sua creatività ma soprattutto per l’esaltazione di quel talento che riconosceva nel suo prossimo.
La mostra sorrentina ripercorre l’intera parabola artistica ed umana di Warhol focalizzando l’attenzione sulle diverse espressioni della sua creatività come la grafica, l’editoria, la musica ma anche la fotografia ed il cinema e lo fa con testimonianze concrete. Il percorso espositivo si sviluppa su tre piani e parte dalle cover per vinili realizzate dall’artista agli albori della sua attività, tra queste spiccano i lavori dedicati a Liza Minnelli e John Lennon, successivamente poi si passa alle serigrafie di icone dello star system come Marilyn Monroe e Liz Taylor senza dimenticare l’esaltazione di marchi come Pepsi Cola.
Una sezione è dedicata alle porcellane in oro zecchino realizzate dal celebre marchio Rosenthal dietro indicazione di Warhol: si tratta di opere di indiscutibile delicatezza e pertanto raramente esposte per preservarne l’integrità.
Ampio spazio è dato alle numerose Polaroid scattate dall’artista a personaggi famosi come Mick Jagger, Tony Curtis o Rudolph Nurejev che ci offrono uno spaccato singolare sui loro momenti lontani dai riflettori mentre della rivista “Interview” sono visibili copie autografate da Warhol e scatti preparati dal noto fotografo Francesco Scavullo.
Doveroso menzionare i video, anche amatoriali, realizzati da Andy e i tanti manifesti pubblicitari oltre al docufilm “Trash”. Infine, un omaggio a Lucio Amelio che ebbe il merito di intuire la grandiosità di Warhol contribuendo alla sua valorizzazione nel nostro Paese.
Come accade sempre nelle esposizioni curate da Villa Fiorentino, la mostra è accompagnata da frasi emblematiche degli artisti ospitati e Warhol non fa eccezione. Ne abbiamo scelta una in particolare che a nostro avviso racchiude l’essenza del maestro della Pop Art: “La cosa migliore di una fotografia è che non cambia mai anche quando le persone in essa lo fanno”. Forse l’essenza dell’arte è proprio questa, custodire l’attimo in eterno senza che quella scintilla venga intaccata dall’inesorabile scorrere del tempo.