Milano. Dal 4 al 9 giugno, sul palcoscenico del Teatro Strehler, Valter Malosti e Anna Della Rosa interpretano la tragedia di William Shakespeare, raccontando, tra il clangore delle armi e gli intrighi della politica, l’esplosione del vitalissimo amore tra Antonio e Cleopatra, straripanti protagonisti che eccedono oltre ogni misura per affermare la propria libertà. Lo spettacolo – diretto dallo stesso Malosti – è prodotto da Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale, Teatro di Napoli – Teatro Bellini, Teatro Stabile di Bolzano, Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale e LAC Arte e Cultura. “Antonio e Cleopatra” è un testo basato sulle opposizioni: maschile e femminile, dovere e desiderio, letto e campo di battaglia, giovinezza e vecchiaia, antica verità egiziana e realpolitik romana. Un’opera celebre e raramente rappresentata, che arriva al Piccolo nella versione diretta da Valter Malosti, anche traduttore e curatore dell’adattamento – al fianco di una studiosa come Nadia Fu – nonché interprete, insieme ad Anna Della Rosa. Le scene, firmate da Margherita Palli, incorniciano due protagonisti politicamente scorretti e pericolosamente vitali che, al ritmo misterioso e furente di un baccanale egiziano, superano la ragione e i giochi della politica, esplorando, senza alcuna regola, le inesauribili contraddizioni dell’amore. Racconta Valter Malosti: «Antonio e Cleopatra è un prisma ottico, come ci suggerisce Gilberto Sacerdoti: “Visto di fronte è la storia di amore e di politica narrata da Plutarco. Visto di sbieco ci spinge a decifrare “l’infinito libro di segreti della natura”. Di “Antonio e Cleopatra” la mia generazione ha impresso nella memoria soprattutto l’immagine, ai confini con il kitsch, della coppia hollywoodiana Richard Burton – Liz Taylor. Ma su quest’opera disincantata e misteriosa, che mescola tragico, comico, sacro e grottesco, su questo meraviglioso poema filosofico e mistico (e alchemico) che santifica l’eros, che gioca con l’alto e il basso, scritto in versi che sono tra i più alti ed evocativi di tutta l’opera shakespeariana, aleggia, per più di uno studioso, a dimostrarne la profonda complessità, l’ombra del nostro grande filosofo Giordano Bruno: un teatro della mente che esige un nuovo cielo e una nuova terra».