Caserta. Dopo “Devil Kiss”, album d’esordio de I Signori delle Moske, continua la collaborazione con la Flex Recording Studio, Luigi Ciaramella alla batteria e Francesco Aiello alle chitarre e al basso.
“Anymore” è il nuovo brano prodotto, scritto e interpretato da Silvio Donadoni, artista poliedrico che negli anni difficili della sua vita ha trovato un nuovo senso attraverso l’arte.
“Seducente Follia” è il secondo album che si conferma in linea con la sua discografia precedente, con il suo cantautorato interiorizzato, con la sua poetica malinconica e romantica allo stesso tempo. La notte è la protagonista del nuovo brano, una notte che si staglia sullo sfondo come un teatro a fari spenti, le cui tavole martoriate vengono calpestate ad occhi chiusi come una danza, a tratti disperata, che si fa rito. Un rito di sopravvivenza nel quale emettere l’unico grido di resistenza possibile per restare ancorati alla vita. “Non ci sono vie per piangere ma molte vie per morire”, è l’essenza di significato che si scopre tra i riff vibranti di una chitarra elettrica.
Le ombre della notte sono sfinite come fratelli di una sventura chiamata vita, una vita bruciata in cui tutto giace dentro a un fuoco, “nelle tiepide vene in cui, un tempo, scorreva la vita”. Perché la strada non perdona, la strada è in grado di strappartela la vita, se non sei abbastanza forte; questi ed altri pensieri annoto sul mio taccuino mentre intervisto il mio amico Silvio che si lascia andare a confessioni quantomai lucide, pronunciate con la consapevolezza di chi ha sofferto e perduto, senza, tuttavia, perdersi per sempre.
“Se perdi le parole, – canta Donadoni – questa è una strada morta, una strada morta, una strada morta…”, il brano risuona di visioni e percezioni oscure come il canto oscuro delle sirene di una notte troppo spesso pericolosa, ladra di vite, assassina.
“No way to cry, more way to die anymore, anymore, anymore you can’t lie anymore”. Quando arrivi a un certo punto non puoi più mentire, mi dice Silvio citando i suoi versi in inglese, così mi vengono alla mente altri versi, scritti un centinaio d’anni fa da un poeta senza casa, Rainer Maria Rilke: “…Le parole grandi dei tempi in cui gli eventi erano ancora visibili non sono più per noi. Chi parla di vittoria? Resistere oggi è tutto”.