Venezia. Naturografie sono opere che l’artista contemporaneo Roberto Ghezzi realizza a quattro mani con la natura: una particolare iniziativa artistica in cui arte, uomo e ambiente entrano in consonante e originale connessione. La mostra “Ăquae Naturografie. Roberto Ghezzi solo exhibition” (a cura di START Cultura) – che è stata inaugurata venerdì 3 febbraio a Venezia, nella prestigiosa sede del Fondaco dei Tedeschi dove resterà visitabile fino al prossimo 1^ maggio – è l’approdo finale di una ricognizione che l’artista ha intrapreso ormai da qualche anno lungo l’arco costiero dell’alto Adriatico: dopo il litorale del Friuli Venezia Giulia, le coste di Slovenia e Croazia, il progetto è approdato nella Laguna di Venezia con la realizzazione delle opere protagoniste della mostra.
Si possono definire dei veri e propri autoritratti di Laguna, in cui artista e natura disegnano insieme affascinanti campiture materiche, vedute astratte e contemporanee, le opere che Ghezzi ha realizzato in questo progetto artistico – scientifico che conta circa un centinaio di opere in totale: una sorta di “sindoni” d’autore dove l’ambiente anfibio e la natura terracquea si raccontano in modo sorprendente. Per capire la filosofia creativa delle Naturografie dobbiamo partire da una affermazione dello stesso Roberto Ghezzi, che ribalta i canoni e i punti di vista: “le opere non rappresentano il paesaggio, sono il paesaggio”. Le opere nascono con la scelta da parte dell’artista del luogo dell’installazione e della tipologia di tessuto da utilizzare, che viene lasciato parzialmente immerso nell’acqua, demandando così al tempo e alla natura stessa il completamento dell’opera. La luce, il vento e la pioggia, le piante e gli organismi che vivono in quelle acque agiscono sulle tele per creare paesaggi vivi e sempre diversi: si generano così opere che non rappresentano semplicemente il paesaggio, ma lo sono.
Per la realizzazione delle opere in mostra a Venezia, Ghezzi ha applicato la sua particolare tecnica al largo delle acque della laguna veneta, tra l’Oasi naturale di Valle Averto fino alle aree più urbanizzate dell’Arsenale di Venezia e alle barene “rinaturalizzate”.
«L’esposizione raggruppa una serie di grandi tele che si sono generate dopo oltre sei mesi di immersione nei luoghi della laguna veneta individuati per il progetto – ha spiegato Roberto Ghezzi. Sono state montate negli spazi del Fondaco come fossero delle sindoni, delle “pelli” di laguna, issate con delle catene che, a loro volta, erano rimaste a lungo immerse nelle acque. La laguna ha fortemente agito sui tessuti di queste tele: le ha martoriate, scavate, mangiate. Il “dialogo” con le acque e la natura le ha profondamente infrante, un dialogo talvolta anche molto forte e sofferto. Su di esse troviamo sia i segni della bellezza della creazione – come i verdi delle alghe che hanno trovato alloggio e nuova dimora nei miei tessuti – che anche i segni dell’inquinamento e dell’effetto antropico delle maree. Sono sindoni che portano le tracce, le ferite, che raccontano i momenti belli e brutti che attraversano un ambiente incredibile quale quello della laguna. Abbiamo deciso di esporle innalzandole con catene e ganci in maniera molto rude, senza alcun tipo di edulcorazione che ne possa addolcirne le forme o la presentazione» – spiega ancora Ghezzi. «In contrasto con queste, alle pareti trova spazio una costellazione di opere più piccole, minuscoli ritagli sempre provenienti dagli stessi luoghi ma questa volta incorniciati con dei passpartout chiari che possano farli risaltare sul cielo scuro di ottone nel quale sono adagiati, quasi contrapponendosi alla drammaticità delle tele. Diventano, così, degli sguardi verso l’esterno, verso un futuro. Tanti spicchi di laguna, tante finestre, tante stelle che ci fanno rilassare lo sguardo e immaginare un futuro migliore, sia per quello che riguarda la laguna, ma, più in generale, per quello che riguarda il rapporto tra l’uomo e la natura».
Le naturografie sono anche inconsapevoli matrici di raccolta che fotografano l’ecosistema in cui vengono immerse, un prezioso strumento di mappatura e monitoraggio del territorio e della sua biodiversità: un aspetto che ben racconta dell’adesione al progetto del CNR-Consiglio Nazionale delle Ricerche (con CNR ISMAR di Venezia e CNR IOM Trieste). L’azione artistica unita al focus scientifico invitano a riflessioni su tematiche estremamente attuali quali la sostenibilità ambientale, la crisi climatica, il ruolo centrale della scienza nella preservazione e conservazione dell’ambiente, l’etica nella produzione e nei consumi.
Classe 1978, Roberto Ghezzi ha frequentato l’Accademia di Belle Arti di Firenze. Dagli anni Novanta espone con regolarità in personali e collettive, in Italia e all’estero. Attivo in premi e concorsi, ha ottenuto positivo e crescente riscontro di pubblico e critica, nonché di galleristi e collezionisti. Nel corso della sua ventennale carriera matura un disegno concettuale che, muovendo da riflessioni e sperimentazioni sulla natura, a partire dalla pittura, trova espressione in un corpus di lavori inediti, da lui stesso denominati, mediante un neologismo, naturografia©. Ha effettuato decine di residenze artistiche, ricerche sperimentali e installazioni ambientali, oltre che in Italia, anche in luoghi remoti del pianeta come Alaska, Islanda, Sudafrica, Norvegia, Tunisia e Patagonia. Si è da poco conclusa la residenza artistica in Groenlandia. (www.robertoghezzi.it).
Crediti foto: Matteo De Fina Venezia.