Arte urbana, contrade e gallerie archeologiche: la “stratificazione” dei Guerrilla Spam

Torino. A quattro anni esatti dalla nostra prima intervista ai Guerrilla Spam, li ritroviamo con nuovi progetti e tanta esperienza in più. Ci eravamo “lasciati” a Bologna, nel luglio 2020, al MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna, con l’esposizione/installazione “ULTRABANDIERE” e li ritroviamo ora, a Torino, in occasione dei 300 anni dei Musei Reali, Galleria Archeologica, con il progetto “Opere in dialogo con la Collezione di Antichità” per farci raccontare il percorso fatto fin qui e le novità in arrivo.

Ragazzi, vi va di raccontarci meglio?

Da un museo d’arte contemporanea a una galleria archeologica sembra un bel salto. In realtà ci piace relazionarci con luoghi diversi e provare ogni volta ad adattarci ad essi (e un po’ adattare loro a noi).
In questo caso dobbiamo ammettere che è stata una sorpresa poter inserire delle sculture all’interno di una collezione archeologica. Non ci siamo sentiti spaesati, perché abbiamo familiarità con l’antico, ma il lavoro di ricerca e studio c’è stato. Nella sala etrusca abbiamo inserito un’urna chiamata “Sarcofago degli amanti”, in relazione al Sarcofago degli Sposi di Cerveteri: le urne antiche ospitano sui loro coperchi donne e uomini distesi nella posizione del banchetto, spesso solitari alcune volte in coppia. Abbiamo poi immaginato un gruppo di sculture con “Due suonatori di tamburello e due oranti” nella sala Cipro, in dialogo con le statue di offerenti che vi si trovano alle spalle, in particolare una statuetta di suonatore di tamburo, unicum nel museo. Infine, nella stessa sala trova posto la statua di una “Dea assisa in trono” che dialoga con una statua omonima acefala con testa aggiunta in seguito. Oltre a guardare i reperti del museo abbiamo ripreso le composizioni dei musici di Picasso o delle figure di Costantino Nivola, ma anche la statuaria cicladica e cipriota. Insomma il risultato vuole essere alieno ma anche mimetico, formalmente semplice ma anche denso di rimandi.
Da piccoli si passa nelle sale dei musei archeologici con un po’ di noia e anche di timore, crescendo si può modificare lo sguardo e immaginare quegli oggetti fuori dalle teche, ricomposti e colorati come in origine, si può immaginare chi li ha creati e chi li ha usati, perché, in fin dei conti, sono passati di mano in mano a persone che come noi vivevano, si muovevano, parlavano, pensavano.

A proposito del progetto ai Musei Reali di Torino, come riuscite a conciliare l’essenza dell’arte urbana e la sua specificità con la sua “istituzionalizzazione” e, quindi, l’inclusione in siti quali musei o comunque spazi istituzionali?

Sono ormai molti anni che ci inseriamo in luoghi differenti tra loro. Lo spazio pubblico, la strada e i muri, rimangono una costante, una possibilità che continuiamo a sfruttare quando abbiamo necessità ma, al tempo stesso, stiamo a nostro agio in spazi anche diversi, come musei, fondazioni, edifici istituzionali. Quando siamo invitati a lavorare in luoghi del genere ci interroghiamo su cosa sia più adatto portare dentro e lavoriamo di conseguenza. Non spediamo mai prodotti confezionati e ogni creazione è pensata per un contesto specifico. In linea con ciò non troviamo interessante portare il graffito nel museo, così come una reliquia o come un copia-incolla di un autore, al contrario invece troviamo stimolante il confronto di un artista con spazi differenti e pubblici differenti perché questo mette in moto l’inventiva.

Ora facciamo qualche passo indietro, perché in questi quattro anni di progetti ne avete seguiti davvero molti, so che la domanda è difficile, ma volete raccontarcene più approfonditamente alcuni? Quale è stata la vostra evoluzione in questo periodo?

Abbiamo scritto, cancellato e riscritto questa risposta varie volte. Questo è un sintomo della vastità e complessità che la risposta dovrebbe avere e che non possiamo soddisfare qui. Riproviamo. Noi fondamentalmente facciamo ricerca e lo facciamo continuamente: fare ricerca significa leggere, studiare, conoscere le cose, ascoltare le persone e soprattutto viaggiare, vedere con i propri occhi i luoghi e le cose, camminare e fare incontri. Così facendo è avvenuta una nostra “evoluzione” che più che altro definiremmo “stratificazione” perché il risultato (nell’arte e in noi stessi) non è un miglioramento qualitativo, un perfezionamento, ma “un aggiungere”, appunto, uno stratificare conoscenze ed esperienze. In questi quattro anni abbiamo proseguito in tale percorso e forse ne abbiamo acquisito consapevolezza. Siamo stati affascinati da tante cose differenti, dalla pittura fiamminga all’Africa, dal Medioevo europeo agli Etruschi, dalla Mesopotamia alle incisioni rupestri dell’arco alpino o dalle grotte dipinte della Spagna, ma anche alle rocce analoghe dell’Australia. Non abbiamo dimenticato nulla, ma solo aggiunto cose alle cose per comporre un vocabolario sempre più folto dal quale ogni volta preleviamo qualcosa.

Nel 2023 avete realizzato, a Siena, per la Contrada di Valdimontone, l’opera “Meridiana”, com’è nata l’idea? E come avete vissuto l’esperienza di lavorare “in contrada”? È stata la prima volta?

In questi anni abbiamo avuto molte occasioni che agli “inizi” non avevamo. Dieci anni fa, quando attaccavamo manifesti e dipingevamo i primi muri in pochi ci invitavano (e pagavano) per collaborare, per fare residenze d’artista, per creare opere. Oggi tutto è diverso, spesso riceviamo inviti inaspettati che cogliamo per provare a fare nuove cose. È capitato così di realizzare un mosaico o una bussola ad acqua, sculture in argilla, ferro, legno, arazzi e bandiere, installazioni per musei e dipinti fatti con le dita. La meridiana citata si inserisce in questo gruppo di sperimentazioni. L’abbiamo realizzata, nel 2023, insieme all’artista Francesco Carone che ha ideato, fuso e assemblato lo gnomone, l’asticella che segna il passare del tempo con la sua ombra. A noi è stata, invece, affidata la realizzazione della base in travertino, una doppia spirale incisa su lastra con piccoli personaggi che gravitano sul suo solco. La meridiana segna ogni anno il giorno della festa della Contrada, il 26 aprile, alle ore 12.00, momento in cui l’ombra dello gnomone tocca la sfera dorata. Per ottenere ciò i lavori sono iniziati un anno prima, con le misurazioni delle ombre sul muro, e si sono conclusi con l’affissione della lastra, sperando che i nostri calcoli coincidessero (cosa che fortunatamente è accaduta).
Il lavoro con la Contrada è stato molto collaborativo e affiatato, anche sorprendente, perché Siena non è una città abituata al contemporaneo. Superando il Due-Trecento senese, Duccio, Simone Martini e Ambrogio Lorenzetti, il senese medio conosce gli artisti viventi solo se questi hanno dipinto un Palio e ogni incursione differente nella città è vista con sospetto, critica o indifferenza. Ovviamente il rapporto problematico di Siena con l’arte contemporanea è colpa anche dell’arte contemporanea stessa, spesso calata dall’alto e inserita in luoghi tipici solo per sfruttare la “location” da cartolina.
Il nostro approccio è stato opposto per lasciare un’opera in armonia con le persone, parlando con la Contrada e con il gruppo che ha immaginato la meridiana in ricordo della contradaiola Tiziana Barbetti e con il contesto, studiando i colori e i materiali della sede museale del Valdimontone progettata, nel 1974, da Giovanni Michelucci. Il risultato è stato accettato calorosamente e, a parere di molti, sembra che la meridiana sia sempre stata lì su quel muro, cosa che ci piace molto.

A cosa state lavorando adesso? Progetti per il futuro?

Questo momento dell’anno è il tempo dei viaggi. Normalmente da aprile a fine settembre siamo sempre impegnati a viaggiare in Italia e all’estero per realizzare opere pubbliche o residenze d’artista. L’autunno-inverno è invece il tempo per stare più fermi, fare ricerca e studiare, assimilare le esperienze e prepararsi a nuove mete. Quindi, attualmente, siamo di ritorno da alcune tappe e in partenza per altre. Tra queste ci sono alcuni siti di incisioni rupestri, dal Monte Bego in Francia alla Valle di Lozio e Valcamonica, dove siamo già stati. Da circa due anni stiamo cercando di visitare numerosi siti di incisioni rupestri, grotte con pitture e altre tipologie di pietre incise dal Paleolitico in su. Stiamo documentando tutto, scrivendo, e formulando nuovi pensieri. Queste escursioni, fatte in solitaria o con qualche amico, ci influenzano in vario modo, sicuramente anche a livello stilistico. Possiamo dire che c’è la certezza di un progetto su questi temi, ma adesso è ancora in divenire, nella fase più bella che è quella della scoperta.
Non tralasciamo un altro progetto importante: stiamo tornando a Riace per ridipingere il muro che, già dipinto nel 2018 con ragazzi italiani, africani e siriani, fu poi cancellato dalla giunta comunale post Mimmo Lucano. Adesso che Lucano è tornato sindaco siamo stati rinvitati a riportare alla luce quel dipinto che, metaforicamente, raffigura le porte dell’Africa, dell’Asia e dell’Europa aperte su Riace, luogo di sbarchi fin da quando i coloni greci arrivavano sulle coste calabre nel VIII secolo a.C.. Dopo sei anni, dopo l’assoluzione di Mimmo Lucano e il riconoscimento del suo modello di accoglienza, per noi tornare a Riace sarà un viaggio significativo.

Grazie davvero per questa nuova chiacchierata, è sempre bello “ritrovarvi”.

Prima di salutarci, però, vogliamo ricordare che “Opere in dialogo con la Collezione di Antichità”, progetto curato da Matteo Bidini e prodotto da Club Silencio, in collaborazione con Musei Reali Torino, sarà nuovamente visitabile dal pubblico dal 5 agosto al 5 settembre prossimi, quindi invitiamo tutti coloro che non lo avessero ancora fatto ad andare a Torino per visitarle.

Crediti foto: Nicolò Ricci, Club Silencio.

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