Sanremo. Sesto appuntamento con la nostra rubrica “Arti e Spettacolo incontra Sanremo”, una narrazione della kermesse nella prospettiva degli autori. Proseguiamo la rassegna dedicata all’edizione 2022 con Roberto Casalino, compositore de “L’essenziale” di Marco Mengoni, brano vincitore del Festival nel 2013. Quest’anno Roberto partecipa con “Tantissimo”, interpretato da Le Vibrazioni, brano nato dalla collaborazione con Niccolò Verrienti e con lo stesso Francesco Sarcina, frontman della band.
Roberto come descriveresti “Tantissimo”?
Si tratta di un brano molto energico. Con Le Vibrazioni abbiamo già partecipato al Festival l’anno scorso con “Dov’è” che però era una ballad. “Tantissimo” usa un linguaggio universale in cui, credo, tante persone possono riconoscersi e spero che questo brano farà ballare e cantare a squarciagola.
La canzone è fedele al sound de Le Vibrazioni: ci sono le chitarre, i synth e tutto quello che ci può essere nella forma della canzone. È un pezzo rock, genere che, peraltro, è stato riportato con successo l’anno scorso dai Maneskin.
Il brano è stato scritto di getto, ad aprile, ed è piaciuto ai manager di Francesco. Per quanto riguarda la parte letteraria, sono stato molto colpito dal modo di vivere la sofferenza descritto da Francesco nel suo libro (“Nel mezzo”, ndr). Pertanto, ho personalizzato il testo della canzone per realizzare una sorta di storytelling del libro. Poi, abbiamo lavorato nei dettagli anche a distanza e posso dire di essere orgoglioso del lavoro fatto.
Alla luce della tua esperienza, la possibilità di arrivare all’Ariston incide sulla composizione del brano?
In verità, non scrivo su commissione. Il brano in gara nasce senza un obiettivo; poi, “Tantissimo” è stato il pezzo che più di altri ci ha convinto a lavorare per provare a partecipare al Festival.
In fin dei conti, si tratta sempre di un lavoro di squadra che permette di ottimizzare l’opera e di far venire fuori una qualità che altrimenti non si sarebbe raggiunta. Ad esempio, anche lo sguardo del manager è importante: quest’anno sarebbe stato inutile proporre nuovamente una ballad.
Nel 2013 hai vinto il Festival con “L’essenziale” di Marco Mengoni. Cosa si prova a vincere come autore?
Naturalmente per me è stato bellissimo. Peraltro, l’edizione del 2013 prevedeva durante le prime due serate uno spareggio tra due brani interpretati dallo stesso artista per selezionare quello che avrebbe avuto accesso alla finale. In particolare, l’altro brano presentato da Marco Mengoni era di Gianni Nannini e di Pacifico ed ero chiaramente sfavorito. Già passare quella selezione fu un successo.
Ad ogni modo, al di là della classifica, secondo me la vittoria consiste nell’arrivare a più persone possibili. Per me è importante riuscire a trasmettere al pubblico quello che voglio esprimere. D’altronde, non tutte le canzoni che hanno successo sono belle e non tutte le canzoni belle hanno successo. A prescindere dai numeri, il vero successo si raggiunge quando il brano resta nel cuore delle persone. In effetti, il pubblico non ricorda il numero di dischi di platino che un artista ha vinto, bensì ricorda la canzone.
Partecipi a Sanremo da più di dieci anni: secondo te com’è cambiato il Festival nel tempo?
A mio avviso, il Festival si è evoluto insieme ai progetti musicali. Amadeus in questi anni ha rischiato molto selezionando artisti provenienti da mondi davvero eterogenei: in particolare, in questa edizione, ha coinvolto in modo trasversale differenti generazioni. Nel tempo si è recuperata la centralità della canzone: ad esempio, nel 2013 noi autori eravamo più in sordina, mentre oggi siamo più valorizzati anche dagli addetti ai lavori e dalla stessa stampa.
Poi, il Festival è diventato un trampolino di lancio per tanti progetti. Oggi quasi tutte le canzoni in gara vengono trasmesse in radio, mentre in passato solo una o due. Inoltre, quando più di dieci anni fa lanciammo “Non ti scordar mai di me”, sulla scena musicale italiana c’erano molti interpreti e pochi autori. Al contrario, adesso ci sono molti cantautori: si pensi, ad esempio, anche alle proposte della musica trap. In sostanza, ora l’autore deve riuscire a lavorare quasi in simbiosi con gli interpreti e posso dire che questo metodo porta un valore aggiunto ai progetti artistici.
Cosa significa essere autore oggi?
Significa avere molta pazienza e rimboccarsi le maniche ancora di più rispetto al passato. Il mercato moderno si basa sul consumo della musica ed i servizi streaming, non essendo ancora ben regolamentati, non offrono agli artisti il giusto riconoscimento economico.
Ho iniziato questo lavoro quando ancora si vendevano le copie fisiche dei cd: ricordo, ad esempio, che furono vendute 400.000 copie di un album di Giusy Ferreri a cui ho collaborato. Un tempo, per vivere di questo mestiere, ad un autore era sufficiente realizzare un solo pezzo di successo, oggi non è più così.
Personalmente, poi, suggerisco ai nuovi autori di essere attenti al mondo circostante, senza copiare ma mantenendo la propria personalità.
Oltre ad aver collaborato con moltissimi artisti, hai anche realizzato un album da cantautore: puoi parlarci de “Il fabbricante di ricordi”?
È il mio quarto lavoro da indipendente. In un certo senso, mi sono riappropriato del lavoro che negli anni ho fatto interpretare ad altri e ho chiesto agli stessi artisti con cui avevo collaborato, come ad esempio Fedez, Emma ed Alessandra Amoroso, di duettare con me. È stato un bel regalo per i miei dieci anni di carriera e spero di poter realizzare un secondo capitolo tra altri dieci anni.
Allora, per concludere, quali sono i progetti e i desideri per il futuro?
Innanzitutto, vorrei tornare a fare musica dal vivo. L’anno scorso stavamo organizzando dei live e poi ci siamo dovuti fermare nuovamente a causa della pandemia. Comunque, adesso sono fiducioso, infatti ho già comprato molti biglietti di alcuni concerti in programma nei prossimi mesi.
Purtroppo, il nostro settore è stato fermo a lungo: alcuni dischi sono stati pubblicati senza che ci sia stata la possibilità di promuoverli dal vivo. Il nostro mestiere è fatto di tanto lavoro dietro le quinte e c’è davvero uno studio approfondito per ogni singolo elemento di una produzione artistica, anche se forse dall’esterno non si percepisce. Infine, vorrei portare avanti il mio progetto da cantautore.
Il Festival continua a scorrere e ringraziamo Roberto Casalino per averci accompagnato con un racconto ricco ed interessante.