Torino. Martedì 19 febbraio 2019, alle ore 19.30, debutta al Teatro Gobetti per la Stagione in abbonamento del Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale PUEBLO di e con Ascanio Celestini. Le musiche sono di Gianluca Casadei, la voce di Ettore Celestini, il suono di Andrea Pesce, le luci di Danilo Facco.
Pueblo, che resterà in scena al Gobetti fino a domenica 24 febbraio, è uno spettacolo prodotto da Fabbrica srl e distribuito da Mismaonda srl.
Maestro del teatro di narrazione, Ascanio Celestini torna nel paesaggio urbano e umano di Laika con il secondo capitolo della trilogia dei disperati. Personaggi che vivono ai margini, come in una riserva indiana, per un grande affresco della periferia metropolitana, dimenticata e sofferente.
Ai margini delle metropoli, ma anche ai margini dell’interesse del mondo, si muovono i disperati di Ascanio Celestini: barboni, zingari, ladri, alcolizzati, prostitute, immigrati, lavoratori invisibili, ragazzini abbandonati. Secondo capitolo della trilogia iniziata con Laika, Pueblo ci porta nella terra di nessuno di chi (soprav)vive al limite estremo della società, in una periferia che è la periferia di una città, ma anche di una nazione.
La periferia dell’informazione, la chiama Celestini, quella delle persone di cui i media si occupano solo quando la loro vita si trasforma in notizia da cronaca nera. Maestro del teatro di narrazione,
l’attore/regista/drammaturgo torna dunque nella desolazione delle periferie romane – nel suo Quadraro che ha fatto da set al suo film Viva la sposa – con un nuovo intreccio di storie di ultimi, affresco di una periferia metropolitana sofferente. Il paesaggio urbano e umano è disarmante: il supermercato, il magazzino, la sala giochi, le strade asfaltate, i palazzoni, i marciapiedi bagnati di pioggia. C’è la giovane donna chiusa in casa con la madre; la barbona che vive nel gabbiotto del custode del parcheggio; lo zingaro di otto anni che fuma le sigarette; il facchino africano malato di videopoker; la barista che guadagna con le slot machine. Sono gli scarti di un’umanità che procede veloce e indifferente. Sono gli indiani della riserva (Che fine hanno fatto gli indiani Pueblo? è il titolo dello studio dal quale ha preso forma lo spettacolo) dei cui destini non importa a nessuno. Ad accompagnare il racconto, la fisarmonica di Gianluca Casadei.