Roma. Tra i più importanti attori, registi e autori teatrali del nuovo teatro di narrazione, Ascanio Celestini, dopo il successo di “Barzellette”, torna a “Romaeuropa Festival”, in prima assoluta e in corealizzazione con Musica per Roma, sul palco della Cavea dell’Auditorium Parco della Musica con Tonino Battista e il PMCE – Parco della Musica Contemporanea Ensemble, portando in scena “Pierino e il lupo” di Prokof’ev e “Pulcinella” di Stravinskij dando vita a un confronto tra tradizione musicale e popolare che permette di indagare con ironia gli archetipi sottesi ai personaggi che abitano le due composizioni.
Nell’interpretazione di “Pierino e il lupo” Celestini pone l’accento sul gioco, sullo sguardo di un ragazzino e degli animali, sulle paure ancestrali e sulla natura rappresentando i personaggi della storia attraverso fiati, archi, percussioni e timpani dell’Orchestra diretta dal Maestro Tonino Battista, tra i più versatili direttori della scena internazionale, concentrando maggiormente l’attenzione sulla dimensione musicale della fiaba che su quella metaforica. “Pierino e il lupo è una fiaba moderna – afferma Celestini. Parente delle fiabe di tradizione orale solo nella forma, ma in realtà con una finalità diversa: raccontare un mondo musicale, fare da ponte tra la grande musica e la sua fruizione da parte dei giovanissimi. Dunque, il testo è poco più di un appiglio per imbarcarsi in un viaggio sonoro”.
La fiaba sinfonica di Sergej Prokof’ev, composta nel 1936, ha in sé una semplicità nelle parole che consente di “giocare con il testo senza il bisogno di interpretare metafore complesse, immagini archetipiche. Altre fiabe hanno uno spessore antropologico diverso, hanno attraversato culture differenti e vanno a scavare in maniera metaforica nel vissuto. In “Pierino e il Lupo” invece il meccanismo è semplice, c’è la semplicità delle parole e quella leggerezza che comporta non avere simboli o sensi nascosti dietro i suoni”.
Se in “Pierino e il lupo” Celestini s’interroga su chi tra i due personaggi è lo sciocco e chi il furbo, in Pulcinella di Stravinskij (1919-1920), seconda parte dello spettacolo, gli interrogativi ruotano attorno all’identità del personaggio e la musica ancora una volta ha un ruolo preponderante. “La tradizione orale ci offre un incredibile repertorio di racconti dal quale attingere. E noi ne prendiamo un po’ qua e un po’ là. Pulcinella si potrebbe chiamare Giufà come lo chiamano i siciliani, ma anche Djuha, Djeha, Khoja, Hoca Jusuf, e pure Jugale e Ciuccianespole. Mia nonna di Anguillara Sabazia lo chiamava Zi’ Checco. E non si sa mai se viva sfalsato alla realtà comune perché stupido o perché vede molto più a fondo e lontano degli altri” – racconta Celestini. Tonino Battista, a proposito dell’assenza di un testo in Pulcinella di Stravinskij, afferma: “Stravinsky cominciò a pensare al soggetto Pulcinella su sollecitazione di Diaghilev andando a cercare l’ispirazione consultando un canovaccio del repertorio della Commedia dell’Arte napoletana depositato nella Biblioteca Nazionale di Napoli: “I Quattro Pulcinelli simili”. Per le musiche del balletto pensò di usare alcune musiche del ‘700 napoletano, in particolare attinse all’opera di Pergolesi. In realtà solo la metà dei pezzi del balletto sono attribuibili a Pergolesi, altri brani sono originariamente di Ulrich Wassenaer, Domenico Gallo e Fortunato Chelleri. Il balletto fu terminato nel 1920. La fortuna che riscosse suggerì al compositore di praticarne una riduzione per sola orchestra in forma di Suite. Così due anni dopo Stravinsky completò la scrittura di quello che conosciamo come Pulcinella Suite (revisionata poi nel 1949): una successione di 9 danze che rappresentano una sorta di summa del balletto Pulcinella e sono la cifra più significativa di quello che viene definito il periodo neoclassicista del compositore russo.
In questo prezioso lavoro, Stravinsky mantiene inalterate le linee melodiche e di basso delle partiture originali del ‘700, intervenendo su tutti gli altri parametri: frasi, accentuazioni simmetrie che si trasformano in asimmetrie, elisioni o aggiunte di tempi nelle battute, ricreando un insieme fonico finto-originale del concerto barocco”.